La psicologia del viaggio
Partire è vivere
Siamo in procinto di partire e tra chi parte e chi ancora deve programmare respiriamo l’aria di vacanza. La vacanza può essere vista come una forma di benessere per sé per cui corpo e mente ristabiliscono un unione che sembrava dimenticata.
Secondo Riccardo Lombardi, psicoanalista che nel 2016 pubblica un interessante quanto complesso trattato sulla dissociazione mente-corpo, la mente ad oggi sta spesso da un’altra parte rispetto ai “luoghi” in cui viviamo. Lombardi ha l’intenzione di specificare come la quotidianità sia influenzata dalla tecnologia, i social network e che l’era moderna ci allontani da una possibilità di comunicazione tra il corpo e la nostra mente.
Questo significa che viviamo in assenza di una integrazione tra le parti del Sè dunque che sperimentiamo ogni giorno una falsa conoscenza di sé.
Il compito sarà quello di evitare la dissociazione, tornare ad integrare parti di sé allontanandosi da una quotidianità incastrante e che ci rende prigionieri.
Questo è possibile attraverso una mentalizzazione dei nostri stati interni ed una attenzione a ciò che il corpo ci vuole comunicare, che spesso la mente non può cogliere in quanto siamo troppo spesso presi da attività che ci permettono di stare più sul piano del “fare” che del “pensare” al fine di essere efficaci e performanti.
Il viaggio in questo senso può rappresentare un modo per uscire dalla routine e tornare a vedersi per quello che si è scegliendo una vacanza in linea con le nostre esigenze dove può essere possibile programmare attività alternative rispetto a quelle caratterizzate dalle classiche giornate.
La vacanza permette di contattare bisogni, passioni, interessi propri da condividere con gli altri oppure sperimentare in solitudine per creare legami altri sul luogo da scoprire.
Viaggiare è comunicare con sé stessi e con altri di cultura diversa tenendo a mente che per sfuggire da schemi mentali fissi a volte è necessario allontanarsi fisicamente dal luogo dove siamo soliti stare per andare altrove e mischiare il nostro modo di essere con quello degli altri al fine di scoprire nuovi modi di esistere, tenendo in considerazione il concetto di un Io molteplice che prende vita dalla possibilità dell’intercultura. Il concetto di Io molteplice si basa sull’idea di identità come fenomeno in continua evoluzione per adattarsi all’ambiente circostante e per far sì che le esperienze che accadono possano essere motivo di apprendimento e che possano legarsi alle parti più profonde dell’individuo che è in continuo cambiamento rimanendo sempre unico. Se siamo in grado di accettare tale evoluzione e tollerare l’incertezza dei cambiamenti sia esperienziali quindi di noi stessi, abbiamo le abilità sociali di entrare in contatto con le diverse parti di noi e le parti dell’altro diverse da noi. Abbiamo la possibilità non solo di creare una rete di comunicazione ma anche acquisire l’abilità di abbracciare culture diverse e saper dialogare con loro, accettando e apprezzando la diversità e le peculiarità insite in ognuna di esse.
È importante conoscersi per conoscere l’altro e potersi relazionare con l’altro diverso da noi.
L’identità stessa è multipla e multiculturale.
Così è possibile un pensiero aperto, flessibile e antidogmatico, non più statico rigido e autocentrato ma flessibile, mobile, aperto al cambiamento, complesso e migrante: capace di allontanarsi dalle proprie rappresentazioni mentali per andare oltre, ovvero verso l’altro per poi tornare arricchendo la persona grazie al dialogo e ai processi di interconnessione e connessione di pensieri di menti culturalmente differenti. La costruzione di tale pensiero è garantita dallo scambio e il confronto tra etnie diverse che si trovano a coabitare nello stesso territorio.
Dunque le parole chiave di un importante progetto che consiste nel “staccare la spina” è movimento, scoperta, conoscenza, sperimentazione e reciprocità.
Il pensiero assume un’identità complessa e flessibile, un modo di pensare che combatte contro staticità, uniformità, massificazione, omologazione, intolleranza.
Per alcuni è indispensabile programmare per non perdersi niente di ciò che vorrebbe visitare o scoprire, per altri è benefico interrompere lo schema del programmare le proprie giornate e concedersi il libertà di scoprire “last minute” il luogo da visitare per perdersi un po’ al fine di riscoprirsi dunque ritrovarsi.
L’importante è raggiungere il luogo stabilito attraverso il passaggio dal pensiero chiuso al pensiero migrante. Ciò significa accogliere nuove versioni di noi e l’altro diverso da noi nella sua unicità e identità. In questo senso due concetti importanti: identità e alterità sono correlati. Il primo concetto rimanda all’unicità dell’individuo che, vivendo con i simili della stessa specie, riconosce la sua personalità e irripetibilità, per approdare in luoghi dove scoprire nuove parti di noi integrandole con ciò che è conosciuto.
“Ho creato in me diverse personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno è immediatamente, al suo apparire, sognato, incarnato, in un’altra persona che passa a sognarlo, mentre io non lo faccio più”.
(F. Pessoa, 1982)
Per approfondire:
- Lombardi R. (2016) “Metà prigioniero, metà alato. La dissociazione corpo-mente in psicoanalisi”
- F. P. Minerva (2002). “L’intercultura”
Dott.ssa Ilaria Pellegrini
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