Trovo sempre complesso parlare di emozioni, dare una forma concreta ad un “sentire”.
Mi piace definirlo “sentire” e non “provare”, perché le emozioni nascono dalla percezione di uno stimolo esterno ma vengono sentite dentro, prendendo vita in un corpo che ne sperimenta gli effetti. L’emozione è un’esperienza totalizzante, lunga perlopiù qualche attimo soltanto che, attraverso il “sentire” sul corpo, acquista una sua unicità.
È un sabato sera con amici; sei casual ed elegante perché la serata lo permette. Ti senti in gran forma, bevi, mangi, ridi, scherzi.. fin quando ti sbilanci un po’ troppo dalla sedia su cui ti stai dondolando in quel pub alla moda e così pieno di gente.. perdi l’ equilibrio e in un attimo ti ritrovi a terra con gli occhi dei tuoi amici e di tutto il locale puntati addosso e il brusio di qualche risatina.
Possiamo immaginare di trovarci in una simile situazione e percepire una pervadente sensazione di imbarazzo accompagnata dal desiderio di diventare invisibile.. “Come ho fatto ad essere così scemo? Cosa penseranno ora gli altri (di negativo) su di me? Come ne esco da questo imbarazzo?”, sono le possibili domande che prenderebbero forma in noi in tale situazione, in maniera consapevole o meno.
L’imbarazzo è un’esperienza comune e, come vedremo, anche molto positiva a livello sociale, ma può presentarsi come più o meno faticosa da gestire in base ai differenti tratti di personalità che ci caratterizzano.
“Destinazione Paradiso” è la lettera di un dolore struggente, il dolore della perdita improvvisa di una compagna e dei sogni condivisi insieme. Racconta dell’insostenibile sofferenza di chi rimane in vita, di un vuoto doloroso, dei pensieri ricchi di solitudine e della fatica di vivere, continuare a vivere in assenza dell’altro. Le parole, la musica e l’interpretazione permettono di entrare in risonanza con il comune senso di disorientamento e confusione conseguente la morte di una persona cara. C’è rabbia, disperazione, solitudine e senso di colpa nella progettazione di un viaggio oltre la vita per riconquistare un amore volato via troppo presto.
“Nel ciclo della natura, non esistono né vittoria né sconfitta: esiste solo il moto del cambiamento. L’inverno lotta per imporre il suo regno ma, alla fine, è costretto ad accettare la vittoria della primavera, che porta fiori e allegrezza. L’estate cerca di estendere il dominio dei suoi giorni caldi, giacché è convinta che il calore sia un elemento benefico per le genti. Ma finisce per piegarsi all’arrivo dell’autunno, che regala un meritato riposo alla terra.”
Natale: momento unico di celebrazione in cui coccolarsi con la vicinanza della famiglia e le grandi preparazioni culinarie. È tempo di affetto, di regali e trasgressioni alimentari.
Il cibo assume un ruolo centrale nella nostra tradizione tanto che, durante le feste, le nostre tavole vengono imbandite di prelibatezze anche molto caloriche alle quali è impossibile- oserei dire “per tradizione”- sottrarsi.
Cosa ci spinge a mangiare fin oltre la fame, il benessere del nostro intestino, bypassando quella fastidiosa sensazione di pienezza?
Episodi di binge eating (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo “Il disturbo da alimentazione incontrollata- Abbuffate di emotività”), ovvero di abbuffate alimentari, divengono una trasgressione giustificata da un fenomeno culturale che coinvolge dal nord al sud la nostra penisola e che è possibile osservare sui social, ad oggi pieni di foto di portate megalattiche di cibo e facce esauste associate a commenti come “sto rotolando”.
Vivere, o meglio, sopravvivere obbliga ognuno di noi ad affrontare numerosi lutti, importanti perdite e assenze durante il “percorso di viaggio”. Per cultura e per convenzione, tendiamo ad associare il termine “lutto” alla parola “morte” giacché rappresenta la principale condizione irreversibile di assenza. Ma è necessario sottolineare come ogni perdita rappresenti un lutto da affrontare.
“La vita è una condanna a morte.E proprio perché siamo condannati a morte bisogna attraversarla bene, riempirla, senza sprecare un passo, senza addormentarci un secondo, senza temer di sbagliare, di romperci, noi che siamo uomini, né angeli né bestie, ma uomini. ” Oriana Fallaci
La morte è una certezza che proviamo a nasconderci per tutta la vita. Nei pensieri e nelle azioni quotidiane allontaniamo l’idea di morte, rimuovendo dalla coscienza il nostro essere mortali per poter vivere. Pensiamo inconsapevolmente alla morte come l’esatto opposto della vita, quando (riflettendoci) il contrario di morire è semplicemente nascere e non vivere… vivere rappresenta tutto ciò che riusciamo a fare fra un inizio ed una fine, la modalità in cui riusciamo a riempire a nostro modo momenti di solitudine e di compagnia. È faticoso pensare razionalmente alla vita come un’opportunità di viaggio con data di arrivo sconosciuta. È spaventoso affrontare la vita con la consapevolezza di non averne abbastanza controllo. Siamo profondamente spaventati dall’essere impotenti, in fondo, che molto spesso non riusciamo neanche a pensarlo.
L’arte rappresenta un veicolo indispensabile alla nostra crescita personale. In ogni sua forma ci permette di entrare inconsapevolmente in contatto con la dimensione sconosciuta dell’altro, nella profondità di un sentimento, di un vissuto, anche di un malessere fino a quel momento estraneo a noi. L’arte non è un quadro di Van Gogh: l’arte è quella sensazione che ci pervade vedendo per la prima un quadro di Van Gogh. È il vissuto dell’artista; è il nostro.
Ogni forma d’arte ci dona la possibilità di costruire nostre, uniche percezioni sul mondo, immergendoci in realtà impossibili da percepire altrimenti senza essere l’altro. In sintesi, ci rende ricchi.
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