La psicoterapia di gruppo viene praticata sia nelle istituzioni pubbliche che private in tutto il mondo per una crescente comprensione della sua rilevanza sia per la vita sociale in generale che per la terapia di comunità, oltre che per le procedure di selezione e di istruzione se vogliamo andare oltre l’ambito clinico.
“E come se stessi leggendo un libro… è un libro che amo con tutta me stessa, ma lo leggo lentamente ora, le parole sono distanti tra loro gli spazi tra le parole sono quasi infiniti. Riesco ancora a sentire te e le parole della nostra storia, ma è in questo spazio infinito tra le parole che sto trovando me stessa ora. È un posto che non appartiene al mondo fisico, dove ci sono cose che neanche sapevo esistessero. Ti amo tantissimo. Ma ora sono qui, e ora sono questa, e devi lasciarmi andare, per quanto io lo voglia, non posso più vivere nel tuo libro.”
Questo discorso è tratto dal film Her di Spike Jonze del 2013. A parlare è Samantha, intelligenza artificiale, di cui si innamora il protagonista Theodore. Nel film queste parole coincidono con un addio, ma non è questo l’aspetto, in fin dei conti non determinante, sul quale vorrei soffermarmi. La vera forza di queste parole sta nella consapevolezza che Samantha acquisisce di se stessa, lo scoprire un proprio nuovo modo di essere, di desiderare. Si riconosce come una “persona” nuova, con caratteristiche diverse emerse durante e grazie la relazione, non conosciute fin dall’inizio. Questo, inequivocabilmente, genera una crisi, una frattura, un’inevitabile frustrazione che per essere accolta, generando un cambiamento, ha bisogno di essere lasciata andare. Questo è il punto che più mi piace del discorso: lasciare andare la frustrazione.
Pubblicazione a promozione del progetto “Rondini. Centro di ascolto psicologico e assistenza legale” finanziato dalla Regione Lazio con risorse statali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, promosso dall’Associazione Semi di Pace Onlus in collaborazione con l’Associazione Il Sigaro di Freud come soggetto terzo – www.semidipace.it/progetto-rondini/
In una vignetta dell’artista Pat Carra di qualche anno fa due donne conversano sul divano: una dice “Si parla tanto di violenza sulle donne” e l’altra “così non si parla di violenza degli uomini”.
-Aspetta! -Che c’è? -Non lo so! -Che cosa vuoi?! -Aspetta! Aspetta! Voglio soltanto che aspetti ..un po’. -..Va bene. -Davvero? -Io non sono sono un’idea, Joel, ma una ragazza incasinata che cerca la sua pace mentale, non sono perfetta. -Non riesco a vedere niente che non mi piaccia in te, ora non ci riesco. -Ma lo vedrai, ma lo vedrai! certo col tempo lo vedrai, e io invece mi annoierò con te, mi sentirò in trappola perché è cosi che mi succede! -Okay. -Okay? …Okay? -Okay.
Lo avete riconosciuto? È il dialogo finale tra Joel e Clementine nel film Eternal Sunshine of the spotless mind (Se mi lasci ti cancello). I due, dopo essersi amati, provano a fermarsi per capire quale sia l’errore che continuano a commettere e se valga la pena provarci ancora.
“A lungo andare, è sembrata sul punto di cedere al sonno, ma con uno sforzo si è riscossa. Lo stesso è accaduto a più riprese, ogni volta con maggior fatica da parte sua e a intervalli via via brevi. Era chiaro che non voleva dormire, e ne ho approfittato per abbordare senz’altro l’argomento. “Non volete dormire?” “No, ho paura.” “Paura di dormire! E perché mai? Il sonno è un bene al quale tutti agognamo.” “Ah, non quando si è nella mia situazione, quando il sonno è foriero di orrori.” “Foriero di orrori! Ma che cosa state dicendo?” “Non lo so, non lo so! Ed è proprio questo lo spaventoso! Questa debolezza sopravviene durante il sonno, e al solo pensiero inorridisco.” […] E, pronunciata appena la parola, eccola far udire un gran sospiro di sollievo e sprofondare nel sonno. Tutta la notte sono rimasto a vegliare. Non si è mossa neppure un istante, ma ha continuato a dormire e a dormire di un sonno profondo, tranquillo, foriero di vita e di salute. Le labbra erano semiaperte, il seno si alzava e si abbassava con la regolarità di un pendolo. E un sorriso le aleggiava sul volto, rendendo manifesto che nessun brutto sogno era venuto a turbare la pace del suo spirito […]”
Klaus: «C’è una parola, in tedesco, Lebenslangerschicksalsschatz. E la traduzione più vicina è “Dono del destino di tutta una vita”.
E Victoria è wunderbar, ma non è la mia Lebenslangerschicksalsschatz. E’ la mia Beinaheleidenschaftsgegenstand, capisci? Vuol dire “la cosa che e’ quasi quella che vuoi… ma non esattamente”. Questa è Victoria per me.»
Ted: «Come fai a sapere che non è la Lebenslangerschicksalsschatz? Voglio dire, forse, col passare degli anni, diventera’ piu’ Lebenslangerschicksalsschatz-osa.»
Klaus: «Oh, nein, nein. Il Lebenslangerschicksalsschatz non è una cosa che si sviluppa con il passare del tempo. E’ una cosa che si crea all’istante. Ti passa attraverso come l’acqua di un fiume dopo una tempesta che ti riempie e ti svuota allo stesso tempo. Lo senti in tutto il corpo, nelle mani, nel cuore, nella pancia, sulla pelle e ovviamente anche nello Schlauchmachendejungen. Scusa il francesismo. Ti hanno mai fatto sentire in questo modo?»
Déjame vivir Libre como las palomas Que anidan en mi ventana Mi compañía cada vez que tú te vas cada vez que tú te vas
Déjame vivir Libre Libre como el aire Me enseñaste a volar Y ahora me cortas las alas
Y volver a ser yo mismo Y que tú vuelvas a ser tú Libre Libre como el aire
Déjame vivir Libre pero a mi manera Y volver a respirar De ese aire que me vuelve a la vida Pero a mi manera Pero a mi manera
Y volver a ser yo mismo Y que tú vuelvas a ser tú Libre Pero a tu manera
Y volver a ser yo mismo Y que tú vuelvas a ser tú Libre (libre) Libre como el aire
Lasciami vivere Libera Come le farfalle Che si appoggiano sulla mia finestra La mia compagnia Ogni volta che te ne vai Lasciami vivere Libero Libero come laria
Mi hai insegnato a volare E ora Mi tagli le ali E tornare ad essere me stesso Che tu torni a essere te stessa Libera Libera come laria Lasciami vivere Libera Ma a modo mio E respirare di nuovo Questaria Che mi faccia ritornare alla vita Ma a modo mio Ed essere di nuovo me stesso E tu sarai di nuovo te stessa Libera
Ma a modo tuo Ed essere di nuovo me stesso E tu sarai di nuovo te stessa Libera Libera come laria
Le carezze di un genitore hanno il potere di confortare un bambino, di sollevarlo da uno stato di angoscia o agitazione. Sebbene la funzione evolutiva fondamentale delle coccole sia intuibile, la conferma della loro importanza da un punto di vista scientifico è recente.
“Ho gli occhi di mio padre e il corpo di mia madre.” (F. Kahlo)
In questo articolo ho intenzione di porre l’accento sulla trasmissione intergenerazionale come questione antropologica nel senso di specificità umana ma soprattutto sulla trasmissione di natura psichica di generazione in generazione.
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”. -Arthur Schopenhauer-
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