Autore: Roberto Zucchini

La Diagnosi
Come dare un nome alle cose

Una volta si chiamavano matti, direbbe un vecchio. Una volta si chiamavano vivaci e capricciosi, direbbe ancora un vecchio.

E a me verrebbe da rispondere che ora si potrebbe parlare di persone affette da schizofrenia e di bambini iperattivi.

Le parole cambiano il senso delle cose, producono delle conseguenze sulle opinioni (per un approfondimento si rimanda all’articolo “Stereotipi e pregiudizi – una rosa se non si chiamasse rosa” della rivista del mese di Giugno 2015). Forse anche la parola schizofrenico incute un senso di timore e incomprensibilità, ma è lontana dall’alone di giudizio e credenze popolari che circondano invece la parola matto.

Nel vocabolario online Treccani alla voce “matto” troviamo scritto “stupido, stolto, privo di discernimento”. Ma anche “persona bizzarra, stravagante o spensieratamente allegra”.

È una definizione abbastanza vaga, che potrebbe indicare in realtà diverse tipologie di persone.

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La comunicazione
Cosa diciamo, come lo diciamo e cosa determiniamo

Un ragazzo è seduto sul sedile del treno. È circondato da tante persone, alcune delle quali chiacchierano tra loro. Lui invece no, non parla. Ascolta la musica con le cuffie.

Gli altri comunicano, lui no, ma solo apparentemente. Infatti le cuffie le ha messe poco prima di sedersi, proprio quando ha notato che le persone a bordo del vagone erano intenzionate ad intrattenere una conversazione. Non avendone voglia ha fatto in modo che non lo disturbassero, occupando le proprie orecchie con l’ascolto della musica e rendendo così impossibile la recettività alle parole degli altri. Ha impedito loro di parlargli. Ma per fare ciò ha dovuto comunicare loro la sua intenzione. Senza parlare, mettendo le cuffie. “Ascolto la musica quindi non mi interpellate”. In questo modo senza fare niente ha raggiunto il suo scopo.

È riuscito a non comunicare. Ma per farlo ha dovuto comunicare.

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Il gruppo e le sue proprietà. Due più due fa sempre quattro?

Vi è mai capitato di notare che un vostro conoscente o amico si comporta in un certo modo in una relazione a due e in tutt’altro modo all’interno di un gruppo?

Gli adolescenti spesso lo dicono “quando siamo io e lui è un certo tipo di persona, ma poi quando ci sono altri ragazzi cambia del tutto, non lo riconosco proprio, anzi diventa antipatico”. Si arrabbiano per questo perché non capiscono il motivo che determina il cambiamento e si sentono traditi dall’amico che, quando si sta in compagnia di più persone cambia totalmente. Una cosa è certa: attraverso queste esperienze si rendono conto che il comportamento di un soggetto può essere dipendente dal contesto relazionale.

Kurt Lewin si espresse relativamente al rapporto tra il tutto e le parti affermando che il tutto è più della somma delle sue parti ovvero ha delle proprietà emergenti che risultano proprio dall’interazione delle parti che lo compongono (per un approfondimento si rimanda all’articolo L’immigrazione – a quale gruppo appartieni? nella rivista del mese di settembre).  Ma cosa dovrebbe farci con questo il nostro adolescente arrabbiato?

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L’anoressia
Dallo svezzamento al rifiuto del cibo

I disturbi del comportamento alimentare fanno parte di quei disturbi psichici con un evidente componente sintomatologica che si manifesta a livello comportamentale.

Non a caso si usa la dicitura “del comportamento alimentare”.

Tutti più o meno sanno cos’è l’anoressia e sono informati su ciò che caratterizza le persone anoressiche.

È facile e quasi immediato, quando si sente parlare di anoressia, pensare a ragazze che controllano costantemente il loro peso perché sono terrorizzate dall’idea di ingrassare. Ragazze che nonostante siano sottopeso o nella media si vedono grasse e perciò continuano a calcolare le calorie dei loro esigui e infrequenti pasti. È facile anche associare questo quadro alimentare ad un’intensa attività fisica o ad un profilo scolastico eccellente. Si sa che le anoressiche sono molto rigide.

Ho scritto le ragazze anoressiche perché è noto anche che questo disturbo riguarda prevalentemente la popolazione femminile.

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Il Disturbo Evitante di Personalità
Un semplice “asociale”?

Undici Gennaio. È da poco iniziato l’anno nuovo che, come i precedenti, con la festività dell’epifania ha posto fine al periodo delle vacanze natalizie. Chi è riuscito ad avere dei giorni di ferie ne avrà senz’altro approfittato per passare un po’ di tempo in famiglia e con gli amici. Nei normali giorni lavorativi può risultare difficile concedersi sane frequentazioni amichevoli e perciò in questo periodo molti ne approfittano per ritrovare un po’ di vita sociale. Giocate a carte, cinema, brindisi, amici, parenti.

Tanti stimoli che non tutti in realtà riescono a tollerare.

Mi riferisco alle persone che presentano un Disturbo Evitante di Personalità, per le quali le occasioni di contatto sociale rappresentano più un pericolo che una gioia.

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Lo psicologo a scuola. Una risorsa fondamentale per un intervento tempestivo in adolescenza

Cosa succede quando in una scuola arriva uno psicologo?

Come viene accolto? O forse prima bisogna chiedersi…viene accolto? La sua presenza sarà considerata come un possibile valore aggiunto? Oppure come un corpo estraneo infiltrato nel sistema scolastico da tenere a bada?

Non è più così raro che gli studenti, all’interno dell’ambiente scolastico, possano fare una “chiacchierata” con uno psicologo oppure che, invece di fare lezione, partecipino ad un incontro con degli specialisti per parlare delle problematiche tipiche della loro età.

Queste attività vengono organizzate e promosse dai C.I.C., Centri di Informazione e Consulenza, che all’interno delle scuole si occupano di promuovere il benessere psicologico dei ragazzi. Ma come?

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La famiglia. Vicinato scomodo del paziente o essa stessa paziente?

Una persona si reca dallo psicologo. Sono in uno studio per una consulenza che, se lo psicologo fosse anche psicoterapeuta, potrebbe diventare una psicoterapia. Fisicamente nello studio sono due. Giusto? Ma quanti sono in realtà? Quante persone porta con sé chi si reca dallo psicologo?

È noto, ed è forse diventato un luogo comune anche oggetto di battute bonarie nei confronti della nostra categoria, che la relazione con la madre fa spesso parte dei fattori scatenanti del disturbo di cui è affetto chi si reca dallo psicologo. Durante i primi anni di vita dei bambini le mamme vengono messe sotto la lente di ingrandimento. I loro comportamenti vengono analizzati accuratamente e spesso questo diventa anche un elemento ansiogeno se invece di esserci attenzione e interesse c’è del giudizio.

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Lo sviluppo infantile. Le fondamenta della nostra mente

È ormai fuori discussione l’importanza dei primi anni di vita per lo sviluppo sano o patologico dell’individuo. Ciò che avviene in questa delicatissima fase è come se venisse registrato, utilizzato come base, come fondamenta della propria personalità. Tutto ciò risulta molto chiaro quando ci troviamo di fronte a evidenti casi di maltrattamenti o trascuratezza. Penso che ognuno di noi, senza necessariamente possedere particolari conoscenze in psicologia, possa comprendere quanto può incidere negativamente sullo sviluppo, un abuso subito durante l’infanzia. La vulnerabilità fisica e psicologica del bambino, a differenza di un adulto, lo pongono in una situazione di impotenza che minerà la propria percezione di poter esercitare del controllo su sé stessi e sulla propria realtà. Ciò che risulta essere il problema principale è che, subire maltrattamenti o abusi in questa fase dello sviluppo, va ad interferire con quei normali processi relazionali all’interno dei quali il bambino si dovrebbe sperimentare e che dovrebbero funzionare da base per il suo sviluppo mentale.

Sigmund Freud individuò nelle esperienze traumatiche infantili, in particolare le seduzioni sessuali, i fattori di genesi dell’isteria (per un approfondimento si può consultare l’articolo L’isteria – Psicopatologia dei sessi nella rivista del mese di Aprile 2015). Evidenziò quindi l’importanza di quanto avviene di traumatico nelle prime fasi dello sviluppo.

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L’immigrazione. A che gruppo appartieni?

Forse solamente leggere la parola Immigrazione fa spaventare, irrigidire oppure provare un senso di nausea e mal sopportazione nei confronti del fenomeno che è ormai diventato il problema numero uno dell’Unione Europea. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensate. Se fate parte di chi la difende ad oltranza o di chi la osteggia in tutti i modi, di chi ritiene che vada sostenuta solamente se regolare o giustificata da asilo politico o di chi pensa che in ogni caso non siamo più in grado di accogliere nuovi flussi migratori.

La Germania ha aperto le porte ai profughi siriani e treni carichi di speranza hanno raggiunto la nazione governata dalla Merkel, la quale si è trovata costretta a bloccare momentaneamente gli ingressi per gestire la situazione. Gli altri Paesi Europei di solito maggiormente interessati da sbarchi ed arrivi, come Italia e Grecia, probabilmente hanno un po’ gioito per il fatto che questa volta sia stata la Germania a sperimentare le difficoltà dell’accoglienza e quindi a rendersene conto. Probabilmente adesso si sentiranno più forti nella battaglia politica ormai sempre aperta sull’argomento.

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Le possibili conseguenze di un abuso. Mi fido di te?

Roma – 29 giugno. Un uomo fingendosi un poliziotto si avvicina a tre ragazze ed intima ad una di queste di seguirlo con i propri documenti. Lei lo segue, d’altronde si tratta di un uomo delle forze dell’ordine. Percorrono una strada in fondo alla quale c’è una caserma dei carabinieri. Ma prima di giungere a questa, l’uomo tira per il braccio la ragazzina e la porta in uno spiazzo ben isolato e nascosto. Qui consuma lo stupro. Successivamente la riporta dalle amiche dicendole che avrebbe dovuto raccontare di aver ricevuto una multa e che non avrebbe dovuto riferire nient’altro dell’accaduto. La ragazzina non grida, non si ribella, non perché consenziente ma perché capisce che sarebbe stato l’unico modo per tornare dalle amiche e poter raccontare tutto. Per fortuna quando tornano da loro, ad aspettarli c’è anche la madre di una di queste. L’uomo la vede, si spaventa e inizia a correre, smascherandosi. É stato arrestato e sarà processato.

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