L’Io pelle
Sento dunque sono

Foto dal film “Love” di Gaspar Noé

La pelle è un insieme complesso di organi di senso che ci permette di sentire gli oggetti esterni e di
sperimentare la nostra internità.
La prima sensazione dell’Io è epidermica e la prima esperienza è sensoriale.
Sono le primissime sensazioni cutanee che introducono, fin dalla nascita, i bambini appena nati in
un mondo di grande ricchezza e complessità che garantisce l’esistenza. Esse sono propedeutiche alla formazione di uno spazio psichico.


Pensiamo all’espressione “entrare in contatto” che nel linguaggio comune ha una funzione comunicativa e viene utilizzata per qualsiasi modalità interazionale e se vogliamo relazionale sia se il contatto è fisico che non (telefonicamente, via e-mail, attraverso lo sguardo, con un vero e proprio contatto fisico). Si utilizza tale espressione come rimando alle primissime fasi di vita del piccolo della specie umana quando necessita della vicinanza fisica della madre per sopravvivere tanto da aver bisogno di una simbiosi epidermica per cui la pelle del bambino unita a quella materna, permette la creazione di un corpo unico attraverso il quale i membri della diade possono interagire tra loro, mediante una comunicazione diretta da pelle a pelle.
Le più antiche tribù eschimesi, note per le grandi capacità di adattamento di fronte alle avversità e
per le importanti doti nell’accudimento e nell’educazione dei propri figli, possono regalarci un
esempio importante di esperienza primitiva tattile nell’interazione madre-bambino: il piccolo eschimese, alla nascita, viene posto nudo sulla schiena della madre affinché il suo ventre possa entrarvi in contatto e l’unico accessorio che viene poggiato su di lui è una sciarpa che ha la principale funzione di tenere i due corpi uniti. Il bambino piange raramente e la mamma sa quando ha fame perché riesce a captare tempestivamente tale bisogno a seconda della percezione che ella ha del movimento del piccolo. Riscaldare l’acqua spesso è troppo costoso così il corpicino viene pulito attraverso il leccare. Egli impara precocemente a vivere con serenità clima e situazioni ostiche così da sapersi separare dal corpo materno per poi muoversi ed esplorare autonomamente.
La pelle è quella parte del corpo attraverso la quale l’individuo impara a riconoscere l’ambiente (per
la sua funzione di intermediazione tra ambiente esterno ed interno), se stesso e l’altro. Grazie ad essa egli è capace di dare e ricevere affetto: la pelle incontra quella dell’altro così l’individuo riconosce l’alterità.
Sia il corpo che la mente sono meccanismi complessi che uniti concorrono alla costruzione del
sistema identitario attraverso un continuo scambio di feedback di natura doppia: sensoriale e cognitiva.
La prima relazione con se stessi avviene attraverso la pelle per poi riconoscere l’altro e creare un interscambio affettivo ed emotivo che porta alla nascita di una relazione indispensabile e vitale.
I bambini prematuri hanno bisogno di una più precoce e preventiva nonché prolungata stimolazione
tattile per poter recuperare il prima possibile le capacità funzionali in via di sviluppo.
La pelle, la parte più esterna dell’essere umano in realtà è collegata alla parte più profonda dello
stesso e rappresenta la prima forma di contatto con se stessi e con gli altri attraverso il toccarsi,
l’annusarsi, il guardarsi e l’ascoltarsi mediante l’incontro di voci. Grazie ad essa l’organismo diviene
un sistema sensibile in grado di provare diverse sensazioni che vengono tenute unite dall’epidermide
e allo stesso tempo distinte.
La pelle è fonte di piacere sia narcisistico, quando esso è esclusivamente riservato al proprio sé, che
sessuale, quando il piacere è altresì orientato ad un interscambio intimo e soddisfacente tra due
persone. Ma è anche fonte di dolore e ciò ci permette di salvaguardarci da un pericolo che incombe
sul nostro corpo, tranne nei casi in cui la sensazione spiacevole viene auto-indotta attraverso
mutilazioni della pelle reali o immaginarie come tentativi drammatici di ristabilire una connessione
con il proprio corpo dunque con il proprio Io frammentato e fragile quasi nel tentativo di restituire
ad esso un integrità. La pelle in questo senso permette all’individuo adolescente o adulto, deprivato
in principio di cure materne, di percepire in maniera aggressiva e immediata la propria identità
destrutturata per un illusorio contenimento di un’emotività intensa che la madre non è riuscita a
regolare per poi dare al figlio la possibilità di saperla un giorno sentirla dunque pensarla.
La psicoanalista inglese Esther Bick ipotizzò l’esistenza di una “seconda pelle” prodotta per colmare
la mancanza di un oggetto interno capace di sostenere e contenere parti del Sé attraverso un
ambiente di holding e handling adeguato (Winnicott, 1979); cioè di un ambiente dove le cure
materne fungono da supporto e da contenitore di un apparato psichico in formazione, dove la pelle
della madre può avvolgere l’esistenza del Sé.
Dunque, questa seconda pelle è come se fosse una protesi sostitutiva, una finta pelle che possa dare
la parvenza di corazza protettiva per la fragilità dell’Io.
Una delle funzioni principali della pelle, quindi, è quella di fornire alla mente le rappresentazioni
costitutive dell’Io e delle sue principali funzioni e “qualsiasi funzione psichica si sviluppa per
appoggio su una funzione corporea il cui funzionamento traspone sul piano mentale” (Anzieu,
1990).
Su questa concezione prende forma il concetto di Io-pelle di Didier Anzieu, psiconalista francese
che esalta il ruolo predominante della pelle nella costruzione dell’Io psichico e nella sopravvivenza
dello stesso assicurando la mente della sua costanza e solidità, grazie alla quale, inoltre, l’individuo
entra in relazione con sé e con l’altro non solo fisicamente ma anche psichicamente.
L’Io pelle è indispensabile per avere una rappresentazione di se stesso come Io che contiene i
contenuti psichici, a partire dalle primissime esperienze corporee.

“Si può vivere da ciechi o da sordi ma non si può vivere senza la pelle e la maggior parte della sua
integrità”
(Anzieu, 1990).

Approfondimenti bibliografici:

  • D. Anzieu (1985). “L’Io Pelle”
  • E. Bick (1968). “L’esperienza della pelle nelle prime relazioni oggettuali”
  • R. Lombardi (2016). “Metà prigioniero metà alato”

Approfondimenti cinematografici:

“La pelle che abito” (2011) di Pedro Almodòvar

Dott.ssa Ilaria Pellegrini

Riceve su appuntamento a Pomezia e Roma (zona Piramide)

(+39) 3897972535

ilariapellegrini85@gmail.com

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