La performance Art di Marina Abramović
L’arte trasformativa del dolore

cc CC BY-SA 2.0
Marina Abramović, The Artist is Present, 2010

Marina Abramović nata a metà degli anni ’40, a Belgrado, durante il regime comunista di Tito, rappresenta ad oggi una delle figure artistiche di spicco nella storia dell’arte contemporanea. Le sue performance art hanno sempre dialogato con la sfera antropologica e psicologica del comportamento umano, facendo risuonare le esperienze sensoriali e psicologiche profonde.

Ciò che colpisce della vita di Marina Abramović è l’uso della dimensione artistica come puro mezzo terapeutico, elaborativo e comunicativo dei propri vissuti e scenari inconsci, come una sorta di psicodramma che viene continuamente riproposto nelle proprie performance. Elemento essenziale che ritorna spesso è la sfida continua con sé stessa nell’entrare in contatto con i propri limiti corporei e superarli per entrare in nuovi stati di coscienza e di percezioni. Tutto ciò è possibile attraverso ripetizioni continue di gestualità, frammentazioni di azioni e tensioni corporee. La ritualità è centrale nel lavoro artistico e psicologico della Abramovic, e rappresenta il suo medium artistico per eccellenza, per aprire le porte dell’inconscio, individuale e collettivo ( Per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Lasciar andare il trauma. Rituali e Psicomagia). Se dunque, inizialmente le sue performance possono rievocare il bisogno di ribellarsi al limite e alla profonda rigidità materna ma anche all’autorità della società borghese, col tempo nelle performance assieme all’artista Ulay mette in scena rappresentazioni relazionali, la fusionalità, il dolore, il rischio e la separazione.

Ad esempio, in Lips of Thomas porta il suo corpo oltre i limiti e propone una performance cruda ed estrema, in cui giunge a incidersi il ventre e a richiamare riti di purificazione. Il pubblico presente, scosso da quanto stava accadendo, la allontana per metterla in salvo da uno stato che sarebbe potuto sfociare nel congelamento.

Nella performance “Relation in Space” due corpi passano ripetutamente uno vicino all’altro, toccandosi, man mano che aumenta la velocità, si scontrano. Questo tipo di performance pone il pubblico a porsi un quesito essenziale: nella collisione c’è ostilità? Oppure amore, erotismo o pietà?

Un’altra performance carica di significato possiamo individuarla in Rest Energy, dove Marina regge un grosso arco e Ulay ne tende la corda, reggendo tra le dita la base di una freccia puntata contro il petto di lei. In un gioco di tensione costante, quest’opera mette in luce le dinamiche di fiducia e di potere presenti in qualsiasi relazione, dove il lasciarsi andare all’altro presuppone un estremo atto di fiducia, donando il potere di poterci ferire, talvolta uccidere.

Sono però due le opere contrapposta l’una dall’altra, che più di tutte mettono invece in luce il rapporto dell’essere umano nella relazione con l’altro: Rythm 0 (1974) e The Artist is present (2010).

Rythm 0 presentava le seguenti istruzioni: “Sul tavolo ci sono 72 oggetti che possono essere usati a piacimento su di me. Io sono l’oggetto. Durante questo intervallo di tempo mi assumo ogni responsabilità. Durata 6 ore “. Le prime ore passarono tranquille, il pubblico tendeva ad osservarla, qualcuno le fece una carezza, le dette la rosa, rapportandosi gentilmente con lei. Con il passare delle ore però iniziarono a percepire la sua accondiscendenza a tutto, il suo essersi realmente posta senza remore alla loro volontà, quindi la possibilità di violarla tagliandole via i vestiti divenne concreta. All’assenza di opposizione da parte dell’Abramović seguì un intensificarsi delle provocazioni, fu spinta e trasportata, ci fu chi le provocò dei tagli, le conficcò le spine di rosa nella pelle, le succhiò il sangue che fuoriusciva dalle ferite. Lei rimaneva immobile. Quando le fu messa la pistola carica in mano, con il dito posto sul grilletto, cercarono di evitare che la performance finisse nel peggiore dei modi. Il gallerista, infuriato, prese la pistola e la gettò fuori dalla finestra. Allo scadere delle sei ore, il gallerista dichiarò la performance conclusa. Fu allora che l’Abramović, tornata ad essere persona e non più oggetto, si diresse verso il pubblico. In quel momento la gente iniziò ad andarsene frettolosamente, incapace di reggere un confronto con lei come persona.

In questa performance l’artista mette in luce come l’oggettivizzazione e la deumanizzazione della persona stimoli l’altro a proiettare su di essa tutte le proprie pulsioni, aggressive e sessuali, eliminando il filtro empatico, morale e della colpa. Il processo di deumanizzazione è comune nei gruppi e nelle comunità di attacco-fuga o scisse, dove le proprie parti aggressive e istintuali non trovano spazio nella pensabilità del gruppo e dunque si necessita di un capro espiatorio che diviene oggetto delle proprie pulsioni aggressive.

Nella seconda opera, The Artist is Present, in uno spazio aperto in cui è collocato un tavolo e due sedie poste una di fronte all’altra, l’artista seduta guarda i visitatori invitati a sedersi. In quest’opera l’artista raggiunge la massima soggettivizzazione, in un profondo processo di rispecchiamento con l’altro, inducendolo ad un contatto profondo ed empatico con sé stesso e l’altro.  Il processo di rispecchiamento è un sistema per creare con il nostro interlocutore un “rapporto empatico”, basato sulla fiducia e la sintonia emotiva ed è alla base del rapporto figlio-caregiver, fondamentale per lo strutturarsi della mente e del Sé coeso.

Tutto ciò ci porta a riflettere su come l’arte diviene una sperimentazione dell’animo umano e dei processi sociali, mettendo in luce continuamente la natura ontologica dell’umanità.

Le performance Art di Marina Abramović hanno dei caratteri anticonformistici e profondi. Attraverso le sue performance, l’invito è a riflettere su sé stessi, sul ruolo che l’essere umano ha nel mondo e in che modo si relaziona con i suoi simili e con il proprio dolore e sulla profonda libertà insita nel fare esperienza di se stessi attraverso l’espressione di parti di sé non ancora conosciute.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti

(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per Approfondire:

Marina Abramović, James Kaplan – (2018) Attraversare i Muri – Bompiani

– Laura Grignoli. Fare e pensare l’arteterapia. Metodi di conduzione dei laboratori esperienziali; Franco Angeli Editore, 2014

– Laura Grignoli. Il corpo e le sue gest-azioni. L’arteterapia psicodinamica al tempo delle neuroscienze; Franco Angeli Editore, 2019

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