Popolarità a 5 stelle. Sono ciò che gradite di me
Nella prima puntata della terza stagione di Black Mirror “Nosedive”, la sorridente Lacie vive in un mondo in cui ogni interazione sociale è soggetta ad un’immediata e normale valutazione da parte del prossimo. Ad ogni individuo corrisponde una scala di valori che va da una a cinque stelle. La media delle valutazioni ricevute continuamente restituisce un valore che definisce ogni persona nella società, nelle sue possibilità economiche, nel suo accesso ai servizi essenziali (sanità, accesso a determinati quartieri, utilizzo dei trasporti pubblici, ma non solo). Dall’alto del suo rassicurante 4.2, Lacie coltiva in ogni secondo della giornata una certa definizione di sé rispetto al mondo che la circonda, aspirando a salire sempre più nel gradimento. Emerge chiara, all’interno di questo episodio, la totale mancanza di spontaneità dei personaggi, focalizzati totalmente nella costruzione di un Sé sociale, ossia una maschera che possa renderli popolari e desiderabili (si rimanda all’articolo L’autenticità – L’arte di essere liberamente sè). La ricerca spasmodica della popolarità, o dell’essere attraente da un punto di vista superficiale viene spesso confusa come la risposta rispetto alla ricerca di qualcuno che possa amarci incondizionatamente, che finalmente ci possa accogliere nelle proprie braccia, nonostante i nostri difetti, che sono stati ben nascosti da maschere di facciata, maschere di muscoli o di chirurgia plastica.
Ci rendiamo conto, dunque, che la realtà presentata nell’episodio “Nosedive” non è tanto distante dalla realtà, basti pensare al sistema di “rating sociale” utilizzato in Cina dal 2016: a seconda della propria attività sui social network, della cronologia di navigazione (quali siti si visitano, per esempio), della regolarità nei pagamenti delle bollette, dell’affitto, del mutuo, delle eventuali condanne e così via, si finisce in una sorta di classifica che dovrebbe distinguere i “buoni” dai “cattivi”, così da regolarne gli accessi a determinati servizi (“ Esattamente come in “Nosedive”). Ma la distinzione di classi sociali tramite un sistema di “gradimento sociale” è realmente qualcosa di nuovo per noi? O l’unica variabile è la modalità con cui il gradimento sociale viene espresso?
Se guardiamo al nostro passato e a quanto gli occhi del paese, o delle corti erano già puntati l’uno contro l’altro, pronti ad additare chi non rispettava le usuali norme sociali, arrivando, talvolta, a bruciarli vivi, poiché la loro diversità era tale da considerarli dei demoni, ci rendiamo conto che se pur con modalità diverse, l’indole dell’essere umano nel collettivo non cambia. Se in passato, però, lo scopo del restrittivo conformismo a regole sociali e religiose era dovuto ad una profonda condivisione dei valori collettivi, talmente radicati da mettere in difficoltà l’individuo nel far emergere i propri valori e desideri, ora si è creato uno scenario diametralmente opposto: lo sforzo spasmodico nel far emergere la propria “immagine”, ossia ciò che l’altro riesce a percepire di noi in maniera bidimensionale, sui social, collocando l’impatto emotivo relazionale in un mondo dimenticato. La ricerca di nuove relazioni viene attuato sfogliando una galleria di immagini ( si rimanda all’articolo @more 2.0 – Il purgatorio dei single ), la simpatia e l’interesse verso qualcun altro viene alimentata dai post o le immagini scritte (volontariamente) dall’utente social, creando un enorme divario tra ciò che l’altro crede che io sia e ciò che sono realmente.
Se dunque in passato avevamo a che fare con un sistema sociale “isterogeno”, dove le proprie pulsioni o desideri dovevano essere repressi a causa delle forte restrizioni sociali e delle severe punizioni, ora ci troviamo in un sistema sociale “istrionico”, dove vengono a mancare completamente i limiti ed i valori che ci guidano e ci collocano verso una reale definizione di Sé, ma piuttosto ci convincono della totale inesistenza dei limiti, e che tu puoi diventare chiunque tu voglia diventare (si rimanda agli articoli Disturbo Istrionico di Personalità – Una vita, un palcoscenico e La personalità Isterica – Ossessionati dall’apparire).
E, dunque, chi voglio essere?
Voglio essere famoso, attraente, una persona di successo…o in poche parole voglio essere Visto da una società che rassomiglia ad uno specchio fatto di occhi ciechi, affamati ed invidiosi.
Oggi più di allora, diviene dunque difficile comprendere qual è il proprio percorso, quali sono i propri obiettivi di vita che non sono macchiati dall’incessante bisogno di essere rassicurati rispetto al nostro Sé; diviene ancora più difficile accettare i propri fallimenti ed una visione della vita reale, composta da eventi estremamente positivi ma anche estremamente negativi.
Il divario tra ciò che sentiamo e ciò che mostriamo rischia di divenire sempre più grande, portando ad una profonda dissociazione del Sé, ed ad un ideale dell’Io completamente irrealistico, che ci porta a sentirci costantemente inadeguati se non raggiungiamo tot visualizzazioni. Probabilmente, dovremmo fare quella cosa che nel mondo social è visto come “patetico”, ossia mettere un like ai nostri interessi e a ciò che condividiamo, autorecensirsi e valutarsi, in altre parole, iniziare a vedersi dentro, a non cercare più le visualizzazioni altrui come giusta approvazione del percorso che si sta compiendo, ma piuttosto iniziare a compiere dei passi rispetto al percorso che si sente proprio, ma per poter iniziare a compiere i primi passi verso se stessi, occorre farsi una domanda essenziale, a da quella domanda, il percorso ci porterà ad avvicinarci sempre più ad una ipotetica risposta: “Chi sono io?”.
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Per approfondire:
Sotto la pelle. Psicoanalisi delle modificazioni corporee (Lemma A., 2011)
Facebook o faceboom? Una ricerca esplorativa. Ivan Formica, Amelia Rizzo, Francesco Conti
Spiweb ADOLESCENTI, RETE E SOCIAL NETWORK Irene Ruggiero