@amore 2.0. Il purgatorio dei single

E se potessimo conoscere fin dall’inizio l’esatta durata di ogni relazione intima che intraprendiamo? Se potessimo davvero sapere quanto tempo abbiamo a disposizione prima che pensieri aspettative e stili di vita risultino incompatibili e ci allontanino dal partner? Se potessimo evitare il momento del conflitto, che nella maggior parte dei casi ci porta a dover sfoderare le armi per ferire o a leccarci le ferite subite?

Il visionario Charlie Brooker, produttore della chiacchieratissima serie televisiva Black Mirror, ha provato a immaginarsi un mondo così e ce lo ha mostrato in un episodio della quarta stagione dal titolo “Hang the Dj”.Cercando di evitare grossolani spoiler, l’episodio dipinge un mondo in cui i single si affidano a un algoritmo che attraverso un sistema di appuntamenti per “prove ed errori”, gradualmente stila un profilo di personalità della persona-nella-relazione in grado di identificare infine un partner compatibile al 99,8%: in sostanza un sistema in grado di trovare l’anima gemella. Al 99,8%.

I mondi immaginati di Black Mirror non sono altro che un’estremizzazione della direzione in cui il nostro mondo iper-tecnologizzato e tecnologia-dipendente sta andando.

Basti pensare che se all’interno di un qualsiasi ufficio saltasse il sistema di alimentazione dei computer e dei modem di internet, molto probabilmente il lavoro si interromperebbe per l’impossibilità di accedere a qualsivoglia database. Ma quello che stiamo dicendo in questa sede è che questo mondo 2.0 non si limita più solo alla digitalizzazione dei dati. Quello che l’episodio in questione estremizza, è il fenomeno della digitalizzazione delle relazioni.

Tutti noi abbiamo sentito parlare di Tinder (ma non provate a chiedere in giro, quasi sicuramente nessun vostro amico ammetterà di averlo usato!), una popolarissima app per incontri (o dating, utilizzando il seducente gergo anglosassone), disponibile in 24 lingue e che vanta oltre dieci milioni di utenti attivi al giorno. 

Il funzionamento di Tinder è molto semplice: una volta iscritta, sullo schermo del mio smartphone comparirà la foto di una persona (femmina e/o maschio in base alla preferenza di genere da me espressa in precedenza), la sua età (all’inizio posso specificare un range di età di mio interesse), informazioni sulla sua professione (sono medico), hobby (suono la chitarra), motivazioni (amo i cani), distanza espressa in chilometri rispetto a dove mi trovo (grazie alla geolocalizzazione del mio telefono), e quanti e quali amici ho in comune con quella persona su Facebook. 

A questo punto io posso scegliere se quella persona mi interessa (scorro il dito verso destra) o non mi interessa (scorro il dito verso sinistra). Se mi interessa molto posso addirittura mettere un “super-like” al suo profilo. In sostanza un metodo dicotomico: tu sì, tu no. Se il profilo della persona “sì” ha detto “sì” al mio profilo, mi arriverà una notifica di compatibilità e sarà quindi possibile iniziare a chattare con questa. 

Tinder è certamente un metodo molto comodo di connetterci al mondo che ci circonda, che sia per una potenziale relazione d’amore o un’amicizia, che sia un modo per distrarsi dopo una delusione o di iniziare a creare una rete in una nuova città. Il tutto, comodamente, dal divano di casa propria. In un mondo del lavoro rapido e richiestivo come quello in cui viviamo, non c’è quasi più il tempo di uscire e incrociare lo sguardo di uno sconosciuto, di conoscere l’interessante amico/a di amici… è quindi estremamente confortevole trovarsi in un “mercato” virtuale nel quale l’altro tendenzialmente cerca quello che cerco io, evitando fraintendimenti, potendo “studiare” preventivamente l’altro prima di conoscerlo faccia a faccia. In sostanza, una delle funzioni delle app di dating è quella ansiolitica, letteralmente “scioglitrice di ansia”.

Se l’app di incontri ci libera dall’ansia, quello che rappresenta la causa dell’ansia è proprio la relazione. La nostra società esercita una forte pressione sociale nel regolare le nostre relazioni: è come se dovessimo essere in coppia a tutti i costi. Questo è uno scenario ben dipinto dal film “The lobster”, dove le coppie sono le uniche entità socialmente accettate, hanno il dominio delle città. I single quindi rappresentano un’anomalia del sistema, vanno “rieducati” alla vita a due (proprio come avviene nel film di Lanthimos). A questa pressione sociale si aggiunge la paura di essere soli, di essere mancanti di una parte, dell’altro pezzo del puzzle, proprio come gli ermafroditi del “Simposio” di Platone. Questo sentire è alla base del meccanismo della dipendenza relazionale (per un approfondimento si rimanda agli articoli “La dipendenza – Vuoti di vita da colmare” e “La dipendenza affettiva – Né con te né senza di te”).

È trail polo dell’adattamento sociale e quello dell’evitamento della solitudine che si inserisce e si spiega il successo delle app di incontri, che sembrano una panacea contro la malattia dell’essere single, contro quella condizione (l’essere single) che è stata definita da alcuni come “purgatorio”.

È in linea con questa dinamica che una cara amica mi ha confessato candidamente e sarcasticamente che sta rivalutando la pratica dei matrimoni combinati: i genitori che ti conoscono, ti vogliono bene e vogliono il tuo bene identificano un candidato con tutte le caratteristiche per essere un buon compagno di vita e te lo sottopongono, “e a te rimane solo il compito di adattarti”. Un po’ come nella puntata di Black Mirror sopracitata, dove un genitore (l’algoritmo) stabilisce una serie di incontri che conducono a “quello giusto”.

Insomma, in un mondo dove abbiamo quotidianamente infinite possibilità di “trovare l’amore”, il significato pregnante che viene attribuito alla relazione ci spaventa e ci blocca o ci fa scappare. Ci porta a nasconderci dietro uno schermo dal quale studiare la situazione a distanza, oppure a mettere la nostra vita relazionale nelle mani di qualcuno che faccia il lavoro sporco al posto nostro.

Paradossalmente, in una società social non sappiamo più come socializzare.

Dott.ssa Giulia Radi

Riceve su appuntamento aPerugia

(+39) 3495887485

giulia.radi@hotmail.it

Per approfondire:

Carli L., Cavanna D., Zavattini G.C. (2009) Psicologia delle relazioni di coppia. Il Mulino Editore


Aquilar F. (2017) Psicologia e psicoterapia cognitiva delle relazioni intime. Franco Angeli Editore

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