Allattamento e attaccamento
Viaggio nel mondo delle mamme moderne

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara: “Lo stato di salute e di nutrizione della mamma e del bambino sono intimamente legati, poiché essi formano una sola unità sociale e biologica. La promozione dell’allattamento al seno, riconosce nella corretta informazione in alcuni momenti prenatali e neonatali un’importanza fondamentale nell’offrire alla madre ed al neonato condizioni più favorevoli al successo-soddisfacimento dell’allattamento naturale. Pediatri e nutrizionisti sono d’accordo nel definire che il latte materno rappresenti il miglior alimento per i neonati, in quanto è in grado di fornire tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase della loro vita, come per esempio certi acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro assimilabile. Inoltre, contiene sostanze bioattive e immunologiche che non si trovano nei sostituti artificiali e che invece sono fondamentali sia per proteggere il bambino da eventuali infezioni batteriche e virali, sia per favorire lo sviluppo intestinale”. La fase dell’allattamento costituisce una delle fasi più importanti del trend di sviluppo del bambino ed è cruciale per la costruzione delle relazioni diadiche madre-bambino; durante l’allattamento, infatti, essi sono fusi in un’unione simbiotica all’interno di un stato di scambio di contenuti psichici (all’interno di un campo intersoggettivo). Il bambino, letteralmente, si attacca al seno materno tramite il riflesso della suzione (un riflesso neonatale, uno di quelli indicati come normalmente presenti sin dalla nascita) e grazie a questo contatto profondo e a un susseguirsi di innumerevoli scambi di sguardi con la madre scopre se stesso e l’Altro, che ne garantisce la sopravvivenza. ( per un maggior approfondimento si rimanda agli articoli “Nella mente del bambino – L’uso dell’oggetto: alla scoperta del mondo”). Secondo Freud, questa fase va dalla nascita ai primi 18 mesi di vita (fase orale) in cui la pulsione auto-conservativa (fame, sete, succhiare) si concentra nella bocca che diventa il mezzo tramite il quale il bambino conosce il mondo esterno – il mondo fuori da Sé.

Secondo Melanie Klein il bambino sin dai primi giorni di vita è fornito di un’attività mentale che gli fa percepire una relazione con oggetti distinti dall’Io; queste relazioni definite “oggettuali” sono determinate da sensazioni corporee che produrranno pensieri fantasmatici di oggetti buoni o cattivi a seconda se i bisogni vengono soddisfatti o meno (seno buono/seno cattivo). ( Per un maggior approfondimento si rimanda agli articoli “Legame di attaccamento – L’impotanza del legarsi“, “Funzione  riflessiva e importanza del sè – L’importanza di un banale riflesso“, “Lo sviluppo infantile – Le fondamenta della nostra mente“.

Il bambino, mangia e cresce… E la mamma? Forse non tutti sanno che quello che sembra un processo automatico, in realtà necessità di tempi e di spazi specifici che ne possano garantire le condizioni ideali, condizione sicure e serene per mamma e bambino. La mamma, che Winnicott definisce “sufficientemente buona” e che sa illudere e disilludere, sviluppa sin dalle settimane precedenti alla nascita la preoccupazione materna primaria ovvero una particolare sensibilità che le permette di fare la cosa giusta al momento giusto, di essere responsiva nei confronti delle esigenze del suo piccolo. Attraversa degli stati normalmente dissociativi per chiudersi nella relazione con il bambino. In un altro momento della vita questa potrebbe essere considerata come una condizione psicopatologica, ma per la neo-mamma si tratta di una situazione del tutto normale, da cui uscirà solo quando il bambino raggiungerà la fase dell’interdipendenza e non sarà più totalmente dipendente da lei. Una delle più importanti funzioni di una madre buona è quella di favorire, dunque, il processo di integrazione dell’Io del bambino e di proteggerlo dai pericoli contenendolo fisicamente ed emotivamente (holding). Una madre sufficientemente buona, inoltre ha anche un’altra specifica funzione: la manipolazione (handling), la madre tiene  il suo bambino in modo naturale in modo che tutte le parti del suo corpo siano protette nella continuità di uno schema corporeo integro.

In ogni caso la madre deve essere sempre disponibile, nel qui e ora delle richieste poste dal suo bimbo e quindi deve mettere a disposizione di questa relazione la quasi totalità delle sue energie fisiche e mentali esplicando le funzioni genitoriali in termini di coping emotivo-cognitivo, di scaffolding e di caregiving. Si trovano entrambi in uno stato di simbiosi funzionale a favorire e a garantire inoltre il legame di attaccamento su base sicura, come sostenuto da Bowlby, necessario alla sopravvivenza fisica e mentale del bambino. L’allattamento è caratterizzato da numerosi fattori di protezione sia per la mamma che per il bambino, ovvero: aiuta a prevenire il tumore al seno, aiuta a perdere i chili acquistati in gravidanza, il latte materno non richiede preparazione né sterilizzazione, aiuta lo sviluppo del legame diadico sicuro, protegge i bambini di madri depresse dall’impatto negativo  della  depressione  post-partum, favorisce nel bambino lo sviluppo della capacità di mentalizzazione e della funzione riflessiva (la capacità di attribuire stati mentali agli altri correlata allo sviluppo dell’empatia “Io so che tu pensi che io penso che tu pensi”). L’allattamento è caratterizzato, anche, da alcuni fattori di rischio: determina una forte dipendenza che sia la madre che il bambino hanno difficoltà a gestire, richiede tempi e spazi prestabiliti giorno per giorno impedendo alla mamma di compiere le attività lavorative e domestiche usuali programmate: una mamma che non può mettersi a dieta, non può mangiare determinati alimenti, non può uscire di casa senza il bambino a meno che non si sia precedentemente tirata il latte… 

Tutto ciò incrementa, inevitabilmente, nel caregiver livelli di stress e di ansia che favoriscono l’insorgenza di patologia depressiva post-partum (baby blues) e impedendo lo sviluppo di un positive parenting; inoltre, diventano sempre meno frequenti i momenti di condivisione con il papà del bambino (considerato solo marginalmente).

In base alla letteratura del campo, le ricerche sostengono che spesso anche dopo lo svezzamento, “attaccarsi alla tetta” diventa per il bambino l’unica modalità di consolazione in seguito a vissuti angosciosi e l’unico modo per tollerare la frustrazione; la mamma non riesce dire di “No” poiché pur rendendosi conto che il bambino può sopravvivere senza essere allattato, non riesce ad abbandonare questa modalità relazionale in cui investe numerosi parti di Sé che all’improvviso potrebbe perdere (sarebbe auspicabile l’aumento di servizi di supporto alla fine delle fase di allattamento)…Che stress mamme!

Le mamme sono forti e vogliono essere protette dagli Organi Istituzionali, poiché il momento dell’allattamento è funzionale e necessario alla crescita del bambino. Da oltre vent’anni la protezione, promozione e sostegno dell’allattamento rientrano nelle politiche nazionali. Il “Piano nazionale della prevenzione 2014-2018” suggerisce un programma di protezione, promozione e sostegno dell’allattamento che prosegue nella fase della prima infanzia (per approfondire consulta il documento “EU Project on Promotion of Breastfeeding in Europe. Protection, promotion and support of breastfeeding in Europe: a blueprint for action, 2008”). Molte madri lavoratrici, infatti, non sono messe nelle condizioni di poter scegliere se allattare a casa (ricorrendo alla riduzione delle ore lavorative o al lavoro da casa) o se portare il bambino sul posto di lavoro (usufruendo del nido o delle stanze per l’allattamento) senza rischiare di essere penalizzate dal punto di vista professionale (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “La condizione della donna – Una violenza quotidiana“. Ad oggi molto discussa, inoltre, è la questione dell’allattamento in pubblico; le politiche nazionali sembrano supportare questa questione anche se non sono necessarie leggi per renderlo possibile e non ci sono leggi che lo vietano! L’allattamento porta in sé, quindi, molteplici aspetti positivi e negativi; vorremmo mamme più agevolate e meno stressate, che abbiano la possibilità di esercitare un buon caregiving senza perdere l’opportunità di essere donne professioniste.

Vorremo istituzioni che sostengano l’allattamento e che capiscano che la promozione e il sostegno di una fase così piena di sfaccettature diverse può avere una doppia ricaduta: da una parte può aumentare il benessere interno dello stesso nucleo familiare, dall’altra, e di conseguenza, consente la possibilità di restituire alla società individui competenti e autoefficaci nel favorire il proprio percorso di sviluppo e di maturazione. Supportare e sostenere le mamme che allattano vuol dire quindi, incrementare l’empowerment della società in cui viviamo.

Dott.ssa Gabriella Papadia

gabriellapapadia@gmail.com

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Per Approfondire:

www.epicentro.iss.it – www.pianetamamma.it – www.salute.gov.it

Bolwby (1988), Douglas, Anderson, Elliott (2004), Freud (1905), Fonagy & Target ( 2001),

Kendall-Tackett & Sugarman (1995), Klein (1952), Perricone & Morales (2009),  Sanders (2002), Winnicott (1960)

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