Funzione riflessiva e Sviluppo del Sé

Heavenly Fruits
Hand with Reflecting Sphere – Escher

Percorrendo l’abituale tragitto di un’abituale mattina di diversi anni fa, mi imbattei in un’esperienza di per sé banale, ma che rese quel tragitto e quella mattina degni di essere ancora ricordati, di conservare un posto nella memoria. L’evento di per sé non ebbe nulla di particolare, ma mi permise di comprendere meglio qualcosa che avevo letto in qualche libro in uno dei tanti pomeriggi di studio. Attraverso un’esperienza inaspettata e casuale riuscii probabilmente a realizzare un’immagine interna di un concetto appreso e per questo a comprenderne non solo il significato, ma un senso più intimo e complesso. Precisamente mentre camminavo un po’ sovrappensiero e probabilmente con le cuffie nelle orecchie, mi passò davanti un autobus. Ero sul ciglio del marciapiede, aspettando il mio turno da pedone nella bolgia del traffico mattutino. L’autobus mi passò davanti esponendomi la sua lunga facciata laterale. Permettendomi quindi di vedere la mia immagine riflessa nei suoi ampi vetri. Questo provocò in me una reazione di sorpresa, non tanto per il normale evento di un’immagine riflessa in uno specchio, ma per l’alternanza tra due situazioni: autobus e immagine riflessa, niente autobus e niente immagine riflessa. 

In qualche modo l’autobus mi aveva dato l’occasione di vedermi. Aveva testimoniato ai miei stessi occhi la mia presenza, la mia esistenza. C’ero. Esistevo. Non che io avessi dubbi a riguardo per fortuna. Ma era come se un soggetto esterno, l’autobus, confermasse la mia esistenza. E ciò che aveva reso in me ancora più evidente la già evidente realtà della mia esistenza, era l’assenza di un’immagine riflessa nel momento in cui l’autobus, ormai passato, non si trovava più davanti ai miei occhi. La presenza dell’immagine riflessa confermava la mia esistenza tanto quanto la sua assenza non poteva invece fare. Di conseguenza: c’è l’autobus quindi io esisto, non c’è l’autobus quindi io non esisto. Ovviamente certo della mia esistenza, forte di ciò, potei continuare il mio ragionamento. Mi resi conto che l’autobus poteva rappresentare qualsiasi azione di un soggetto che, rivolgendosi a me, confermava la mia esistenza. E collegandomi ai concetti appresi qualche giorno prima ebbi come un’illuminazione. L’esperienza mi permise di recitare da attore quanto vissuto dal bambino, secondo quanto scritto nelle righe da poco lette al momento dei fatti. Mi riferisco agli scritti di Winnicott (1967) per il quale i bambini trovano se stessi nel riflesso del volto e del comportamento del caregiver, ovvero della persona che si prende cura di loro. I bambini possono trovare nel volto del proprio caregiver un dato che conferma la propria esistenza, in quanto essere dotati di stati mentali. Secondo Fonagy e Target (2000) il bambino può “trovare conferma” della propria esistenza grazie ad un caregiver che, esercitando la propria funzione riflessiva, comprende che il comportamento del bambino sottende degli stati mentali. Attribuisce al bambino degli stati mentali. Per questo i due autori propongono un’importante riformulazione dell’espressione cartesiana “Cogito ergo sum” in “Lui pensa che io penso, perciò io sono”. Riconoscendo al bambino degli stati mentali, il caregiver o più banalmente la madre, gli riconosce una mente. Una psiche e conseguentemente un’esistenza. Come se il bambino trovasse il proprio riflesso negli occhi della madre e in questo modo potesse avere conferma della propria esistenza. Gli occhi come uno specchio, gli occhi come il vetro dell’autobus. Gli occhi che vedono. Che vedono, percepiscono, intuiscono una realtà mentale, una psiche e quindi un’esistenza in quanto essere umano. In questo modo gli occhi hanno il potere di sostanziare, di oggettivare o meglio soggettivare, nel senso di rendere soggettivo. Forniscono una base essenziale al nascente senso di soggettività del bambino.

Dott. Roberto Zucchini

Per approfondire:

Winnicott, D.W. (1967). Mirror-role of Mother and Family in Child Development. In D.W. Winnicott (1971), Playing and Reality. London: Tavistock [La funzione specchio della madre e della famiglia nello sviluppo infantile. In Gioco e realtà (1974). Roma: Armando].

Fonagy, P., Target, M. (2000). Playing with reality III: The persistence of dual psychic reality in borderline patients. International Journal of Psycho-Analysis, 81, 853-873.

Fonagy, P., Target, M. (2001). Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Saramago, J. (2010). Cecità. Milano: Feltrinelli.

“I pugni in tasca” Film di Marco Bellocchio, 1965, Italia.

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