La demenza di Alzheimer. Silenzi e fili di memoria perduti
“Guardami, mamma, mi riconosci?”, pregava Luca, osservando i vuoti occhi della madre, “ sono io..tuo figlio”. La donna si voltò dall’altro lato, osservando la luce entrare dall’unica finestra del reparto.
Luca ricordava tutto, ricordava anche per lei:
“Driin…driiin” – “Pronto?! Si mamma, dimmi! Come?! Ti sei persa? Ma dove sei? Non lo sai?!… ma…Mamma…sei sotto cosa..ti vedo gironzolare qui sotto…”.
Stanchezza. Così disse la madre per giustificare l’incresciosa svista.
A distanza di mesi, Luca avrebbe saputo da un neuropsicologo la verità:
“Un disturbo molto frequente nella demenza d’Alzheimer è il disorientamento topografico, che inizialmente si manifesta nell’apprendimento di nuovi percorsi, per poi interessare percorsi conosciuti, fino addirittura a manifestarsi in ambito domestico.”
“Che ignorante!”, si rimproverava Luca, “come ho fatto ad essere così cieco” e tentando di spronare la madre a riconoscerlo, continuava a ricordare.
“Stack!” – “ Mamma…cosa è successo? Hanno staccato la luce?!.. ma com’è possibile?!.. mamma..ma… hai pagato la bolletta? Come sarebbe a dire “Certo che l’ho pagata?!”, ma se sta ancora qui … te ne sei dimenticata!!”
La zia di Luca lo rincuorava; gli disse che forse, con la morte del padre, la madre stava passando un brutto periodo.
“Come ho fatto ad essere così cieco?!”
“Nei malati d’Alzheimer, come nel caso di sua madre, è presente un deficit della memoria prospettica, cioè un’incapacità di ricordarsi, al momento giusto e senza sollecitazioni, di fare qualcosa”.
… e così, giorno dopo giorno, mesi dopo mesi, Luca ritrovava per la casa della madre, fili di memoria perduti, cercando di negare a se stesso ciò che la madre, da sola, non era in grado di ammettere.
“In genere una persona con esordi di Alzheimer è condotto alla visita per i disturbi della memoria. Il disturbo è essenzialmente episodico ed anterogrado, nel senso che sua madre è incapace di apprendere nuove informazioni. Col tempo anche la memoria autobiografica andrà incontro ad una compromissione, sino ad arrivare al mancato riconoscimento dei famigliari”.
Luca prese la mano della madre e la strinse a se “ mamma..sono io.. ti ricordi?”; la madre indugiò il suo sguardo altrove, senza concedere il minimo dubbio di lucidità. Luca era terrorizzato, sentiva di perdere se stesso e la propria vita e identità, risucchiati da quei due vortici d’oblio presenti sul suo viso.
“Mamma” disse Luca per l’ennesima volta, “Ti voglio bene”. Si alzò in piedi e la baciò sulla fronte. La madre, lentamente, si voltò verso di lui, nell’unico attimo in cui la luce esterna si rifletté nei suoi occhi: “Luca…”.
“Allo smarrimento della malattia fa seguito il lutto dei familiari, lo stress del
caregiver; la sensazione d’impotenza dell’operatore: scenari esclusivi di perdita e di
morte. Eppure dietro quella morte nell’intreccio tra sofferenza, dedizione e stanchezza,
vi è un sussurro vitale, un richiamo collettivo alla risorgenza…. come se l’uomo
ritornato bambino potesse rinascere e i suoi cari giocare con lui.
Suoni gesti, e parole di vita.
Più spesso prevalgono i silenzi….
I segni della patologia individuale, i segni della patologia sociale. Sono i silenzi
della malattia e i silenzi delle istituzioni….” (Perri C. 2003 )
Dott. Dario Maggipinto
Riceve su appuntamento a Chieti
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Per approfondire:
(a cura di) G. Vilari, C. Papagno – Manuale di Neuropsicologia, Il Mulino Editore, 2011;
(a cura di) Gruetzner H.,Spinnler H. – Alzheimer: una malattia da vivere Tecniche Nuove, Milano 1991