Le emozioni sono processi costanti e vigili di risposta immediata, percepibili tramite il sentire e riconoscibili in espressioni e comportamenti. Sono la conseguenza di meccanismi a dotazione biologica, ciclici e molto rapidi che si attivano quando un individuo entra in contatto con una situazione rilevante. Dalla prima risposta sensoriale, si susseguono un insieme di rapidi processi emotivi il cui risultato consiste in modificazioni a livello fisiologico, dell’esperienza soggettiva e del comportamento.
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”. -Arthur Schopenhauer-
Nel corso degli ultimi mesi, ho collaborato con l’associazione Semi di Pace Onlus, dal 1980 impegnata nel sociale, presso il Centro Rondini: un centro di ascolto psicologico e assistenza legale contro la violenza sulle donne, il bullismo e la dipendenza da gioco d’azzardo, presente nella città di Tarquinia (VT).
“L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo.
L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in sé stesso.
Allora non sarà trascinato, ma trascinerà.”
(Hermann Hesse)
Si definisce stalking l’insieme di comportamenti aggressivi e ripetuti ai danni di un’altra persona che si concretizzano in tentativi di interazioni non volute, avvicinamento fisico e pedinamenti tali da ingenerare nella vittima sensazioni di pericolo per la propria sicurezza.
Esercitare la professione di psicologo e di psicoterapeuta in un’era digitalizzata, pone obbligatoriamente di fronte a grandi interrogati sulla funzione di internet e dei nuovi strumenti tecnologici nei percorsi di cura.
Sappiamo come internet sia un ottimo veicolo per comunicare: ci permette di sentirci vicini anche a distanza, presenti nelle relazioni anche in assenza di presenza fisica. È uno strumento che non possiamo fare a meno di impiegare quotidianamente nelle nostre relazioni significative. È dunque necessario interrogarsi sui significati che assume il suo utilizzo nella pratica clinica e che effetti determina nella relazione terapeutica.
Con il termine cancro si definisce un insieme di malattie con eziopatogenesi multifattoriale, caratteristiche cliniche e prognosi diverse, che hanno in comune un’alterazione del normale processo di riproduzione cellulare. Ci si ammala quando una “mutazione maligna” altera il regolare meccanismo di morte cellulare programmata (apoptosi) per cui i gruppi di queste “cellule impazzite” iniziano a moltiplicarsi in maniera incontrollata.
La malattia oncologica viene vissuta, inconsciamente, nella nostra cultura, come una “condanna a morte” poiché nel nostro immaginario collettivo la parola “cancro” è associata automaticamente all’idea di morte (cancro=morte è una classica equazione simbolica).
Il Ghosting è una strategia indiretta, immatura e aggressiva per porre fine ad una relazione.
Vuol dire letteralmente “rendersi un fantasma per l’altro”, sparire, dissolversi, diventare nebbia improvvisamente…
Maggiormente frequente nei rapporti di coppia, il Ghosting è un fenomeno che coinvolge relazioni di qualsivoglia natura (amorose, amicali, terapeutiche, di lavoro…); una pratica indiretta, immatura e aggressiva in quanto implica una scelta unilaterale e il rifiuto di comunicare con l’altro.
Sparire è una strategia da sempre utilizzata per chiudere le relazioni, soprattutto d’amore. Negli ultimi anni se ne registra un notevole incremento tanto che, ad oggi, si stima che circa un 80% delle relazioni vengano interrotte con un’azione di Ghosting.
Più o meno tutti noi , dunque, ne siamo stati vittime o carnefici.
Un verbo semplice che ha il potere di riportarci alla mente ricordi d’infanzia. Quei giochi bramati, attesi, pretesi come momenti di svago, come opportunità di crescita.
Nel gioco ogni bambino ha l’occasione di trasportarsi in un mondo alternativo e divertente fatto di regole e di fantasia. Attraverso le regole ha l’opportunità di sperimentare i propri limiti e riconoscersi e, attraverso la fantasia, di cedere ai desideri onnipotenti e infantili di sovraumanità, potendo controllare la realtà alternativa nell’illusione di controllare il reale (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo “Il ruolo del gioco nello sviluppo- da 0 a 99 anni”). “Esiste TUTTO nella fantasia”, ripeteva mia madre quando ero piccola.
Il gioco è un bisogno primordiale che non appartiene solo ai bambini: è un’occasione desiderata e ricercata nell’intero arco di vita perché crea una rottura all’abitudine, sollecita pensieri nuovi, gratifica e sa di libertà. Dona l’opportunità – anche agli adulti – di rientrare in contatto con quei pensieri onnipotenti infantili che nella realtà-reale rimangono (nei più) sopiti, scontrandosi con troppi fattori incontrollabili.
L’avvento di internet e dei social media ha portato diversi cambiamenti nella nostra società.
Negli ultimi venti anni sono notevolmente aumentate la diffusione, la condivisione di conoscenze e le occasioni per noi di sperimentare il nostro diritto alla libertà di espressione. I social network, in particolar modo, rappresentano una grande opportunità di comunicazione ad ampio raggio: permettono di esprimere opinioni, sperimentare nuovi comportamenti, mostrare parti di sé, passioni e pensieri velocemente e a molte persone contemporaneamente.
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