Autore: Diego Bonifazi

Camminando verso.. I cammini come riabilitazione ed integrazione sociale

Di ritorno da un Cammino, ancora sopraffatto ed inebriato da tutta la bellezza, la felicità e l’entusiasmo che un’esperienza del genere ti lascia, mi sono chiesto; ma tutta questa positività, tutti questi benefici, perchè non vengono utilizzati nel sociale? Perchè non si pensa a qualche progetto che preveda un Cammino per favorire la riabilitazione o l’integrazione sociale?

Questi pensieri hanno portato ad un ricerca, che fortunatamente ha riscontrato qualche piccolo risultato…

Continua a leggere

Il valore di una separazione. Se mi lasci…ti porto con me

Durante l’arco della vita siamo portati a confrontarci con diversi gradi di separazioni. Da quelle materiali, pensiamo al distacco che affrontano tutti i bambini quando devono interrompere l’utilizzo del ciuccio; alle separazioni relazionali, come la fine di un’amicizia o l’interruzione di un rapporto di coppia. Tutti gli allontanamenti, materiali e non, nel loro piccolo possono essere equiparati a dei lutti, e così come tali, possono essere elaborati positivamente.

Continua a leggere

Un ideale di vita. Lettera a Silvia Costanza Romano

Avevo intenzione di iniziare l’anno con un articolo leggero, cavalcando l’onda delle festività appena passate, ma tutte le dichiarazioni, gli articoli e i commenti che tutti abbiamo potuto ascoltare e leggere sul rapimento della cooperante italiana mi hanno spinto a scrivere un articolo diverso, diverso dal solito. Una lettera più che un articolo, senza citazioni, senza strofe di canzoni; una lettera a Silvia e a chi come lei decide di dedicare la sua vita al prossimo, vicino o lontano che sia.

Continua a leggere

Elogio della lentezza. Rallentare come atto rivoluzionario e benfico

Viviamo in una società che ci propina giochi televisivi dove anche cucinare un piatto diventa una lotta contro il tempo; una società che ci invita a mettere da parte i sentimenti, o perlomeno che non ci permette di dedicargli il giusto tempo; una società dove i “piu bravi” sono quelli che irrefrenabilmente producono.

E se invece tornassimo a godere della bellezza del preparare un piatto con il giusto tempo, se ci dedicassimo alle relazioni con la giusta intensità, se ci prendessimo il tempo che serve per pensare, per costruire, per progettare; se rallentassimo, verremmo considerati dei rivoluzionari?

Decidendo di raggiungere un determinato luogo a piedi, rinunciando alla comodità, alla velocità e all’immediatezza di uno spostamento con la macchina o con altri mezzi, quantomeno verremmo considerati “strani”. Ma quanto il nostro corpo e la nostra mente gioverebbero di questa scelta?

Avremmo molte più possibilità di sviluppare la nostra socialità, il nostro fisico riscoprirebbe un’attività ormai quasi andata perduta e i nostri pensieri sarebbero maggiormente liberi di fluire.

Avevo ormai percorso quasi 700 km ed ero a pochi giorni da Santiago; erano state tre settimane fantastiche, mi sentivo vivo come non mai. Pensai di continuare il mio cammino fino all’Oceano, ma sapevo che per farlo avrei dovuto rispettare determinati ritmi, in modo da essere di ritorno a Santiago in tempo per il volo che mi avrebbe riportato a casa. Arrivò una forte perturbazione metereologica che mi costrinse ad accorciare una tappa prima, e a dimezzarne una il giorno seguente a causa della grandine. Il senso di benessere che mi aveva accompagnato per tutti quei giorni era svanito,mi sentivo agitato e nervoso, non accettavo l’idea di dover rinunciare al programma che mi ero prefissato. Il giorno seguente, camminando, probabilmente con un passo più lento del solito, capii che tutto il giovamento di cui avevo goduto fino a quel momento era stato proprio dovuto al fatto che avevo vissuto ogni istante ed ogni cosa con il giusto tempo, senza forzature o imposizioni di ritmi frenetici. In quegli ultimi giorni rallentai, assaporai ancora meglio tutto quello che mi circondava; capii che quella mia voglia di accellerare e arrivare era soltanto voglia di scappare via il prima possibile dalla tristezza che la fine di quell’esperienza avrebbe inevitabilmente portato. Rallentai, imparai ad affrontare quel sentimento che tanto volevo evitare e di cui tanto avevo paura. Arrivai a Santiago felice, vivo nel senso più ampio del termine; mi tolsi le scarpe e capii che dovevo arrivare li in quel momento.

                                                                                                                                                  Un pellegrino della via francese per Santiago

A volte accettiamo gli attuali ritmi frenetici proprio per sfuggire a problemi o pensieri che ci perseguitano; preferiamo intasare le nostre agende piuttosto che rallentare ed affrontare le nostre vere preoccupazioni. Un po’ questi ritmi esagerati ci fanno comodo!

“In questo viaggio che è iniziato quando ho voluto avere un nome ho imparato tante cose. Ho imparato l’importanza della lentezza e, adesso, ho imparato che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi”.

                                                                                                                                                                                          Luis Sepulveda

Lo scrittore cileno Sepulveda, nella sua favola per adulti e bambini, “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”, ci invita a pensare quanto conformarsi automaticamente ai canoni e ai ritmi societari possa portare all’apatia, alla “morte cerebrale” e non solo.

Ogni cosa ha un suo tempo, un tempo stabilito che permette che questa stessa cosa riesca nel modo giusto. E questo vale per tutto, sia che si parli di produzione materiale, sia che si parli di costruire relazioni o di elaborazione di emozioni e pensieri.

Pensiamo a quante volte abbiamo gettato oggetti, anche solo con qualche leggera imperfezione, semplicemente perchè è più sbrigativo comprarne altri, piuttosto che spendere tempo per riparare quelli già utilizzati; oppure a quante volte abbiamo perso l’occasione di vivere una relazione perchè non avevamo abbastanza tempo da dedicare all’altro, eravamo troppo presi dal nostro correre.

Ogni cosa ha bisogno del suo tempo, e noi spesso non glielo concediamo, non ce lo concediamo.

Anche Piero Pelù, famoso cantautore fiorentino, cofondatore del gruppo rock “Litfiba” in passato ha dedicato una canzone alla lentezza.

E puoi volare, su questo mare

Su un guscio di noce, che è la tua fragilità

Lo puoi capire

Fallo senza fretta
E prenditi il tempo perché la tua lentezza
È l’equilibrio per restare in piedi

Lento
Tempo

 

In questa parte di testo mi ha colpito molto l’associazione tra la lentezza, intesa come proprio ritmo personale, e l’equilibrio.

In effetti, se utilizzassimo un andamento troppo veloce, potremmo ad un certo punto sentirci smarriti e disorientati; se invece il nostro andare seguisse un ritmo eccessivamente basso, ci sentiremmo frustrati e ansiosi probabilmente. Soltanto rispettando noi stessi e la “nostra lentezza” potremmo sentirci in equilibrio.

Analizzando l’argomento da un punto di vista più strettamente scientifico, scopriamo che l’andamento lento e la camminata hanno comprovati benefici fisico-sociali e proprio per questo alcune Asl, inizialmente del nord Italia, ma ora anche del centro-sud, hanno iniziato ad organizzare gruppi di cammino. Questi rappresentano un’importante opportunità di salute e di socializzazione proposta alla comunità. Il camminare oggi risulta uno strumento preventivo e ricreativo di benessere, sia dal punto di vista fisico che sociale.

I gruppi si incontrano in un determinato luogo, che può essere un parco, ma anche un qualsiasi angolo del quartiere e seguono il percorso proposto dal Team leader, che inizialmente è una persona selezionata dai Servizi, ma poi può essere tranquillamente sostituita da un membro del gruppo stesso.

Questi gruppi permettono di vivere un momento al di fuori del contesto frenetico della quotidianità, lasciando ai partecipanti la possibilità di conoscere meglio loro stessi e gli altri, tenendo in attività corpo e mente.

La lentezza è una variabile del tempo. La distanza di sei chilometri, coperta in un’ora da un buon passo non è lenta, è giusta. Oggi una lentezza di apprendimento è considerata un ritardo e la contemplazione un disturbo del comportamento. “Il tempo è denaro” scrisse in un saggio l’inglese Francis Bacon, nel 1597, inaugurando l’identità a scopi commerciali. Ma il tempo non si calcola in spiccioli e spesso rimborsa largamente chi lo sta perdendo

                                                                                                                                                                                          Erri De Luca

Lamberto Maffei, ex direttore dell’Istituto di neuroscienza del Cnr, nel suo “Elogio della lentezza” ci spiega che il cervello che regola i nostri comportamenti ci è stato donato proprio come una macchina lenta, che ha bisogno dei suoi tempi e di una sequenza nella sua azione. Noi invece facciamo il contrario, e viviamo nell’incubo della lentezza che associamo alla perdita di tempo, o peggio, a una menomazione fisica e mentale.

Maffei scrive che:«Il desiderio di emulare le macchine rapide create da noi stessi, a differenza del cervello che invece è una macchina lenta, diventa fonte di angoscia e di frustrazione» – «La netta prevalenza del pensiero rapido, a partire da quello che esprimiamo attraverso l’uso degli strumenti digitali, può comportare soluzioni sbagliate, danni all’educazione e perfino al vivere civile».
Da qui la rivalutazione della lentezza come terapia contro lo stress moderno, dove tutto viene comunicato in tempi rapidissimi attraverso social, e-mail o sms; la ricerca di una comunicazione diretta, sfruttando una fila in un supermercato o ad uno sportello pubblico per fare una nuova conoscienza o per ascoltare una storia, leggere un libro, senza cedere alla frustrazione per il tempo “perso”.
Solo questo ritmo, non sottoposto alla pressione di continui strappi, porta ad una buona socialità e ad una vera ricerca di conoscenza.
 

Spesso la lentezza viene associata alla staticità, con un’accezione prevalentemente negativa, ma non sempre un andamento adagio comporta una situazione di stallo, di immobilità. La lentezza può essere estremamente dinamica e generare ciò che spesso invece consideriamo impossibile.

Rallentare non è semplice, anzi, ma abbiamo il dovere di provarci. Ci permetterebbe di riacquisire una centratezza magari persa, di elaborare pensieri e nuove idee in maniera proficua; ci permetterebbe di vivere le relazioni, di qualunque genere, in modo pieno e appagante.

Dott. Diego Bonifazi

Assistente Sociale a Roma

(+39) 3296614580

diego.bonifazi@yahoo.it

Per Approfondire:

Lamberto Maffei – Elogio della lentezza Il Mulino Editore, 2014

Luis Sepulveda – Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza Guanda Editore, 2013

Carl Honore – …E vinse la tartaruga Rizzoli Editore, 2008

Piero Pelù – Lentezza

Società guardaroba. Partenze, accoglienze e mondo migrante

Ogni grande sbarco di migranti è seguito da una tempesta mediatica che si scatena puntualmente ogni volta, che dura qualche giorno, si affievolisce sempre più e poi si riacutizza allo sbarco successivo riattivando lo stesso processo circolare.

Ma cosa succede prima dello sbarco? Perchè si decide di intraprendere questo viaggio? Dopo che le televisioni ci informano sullo smistamento o meno dei migranti, che fine fanno queste persone?

Continua a leggere

Il potere della condivisione. I gruppi di Auto Mutuo Aiuto

“Ho chiamato te perchè ti sento vicina; perchè so che al mio posto proveresti le mie stesse emozioni, avresti i miei stessi dubbi. Ho chiamato te perchè puoi capire quello che provo e quello che dico.”

Questo è quello che dissi non troppo tempo fa ad una persona a me cara, quando la chiamai per condividere con lei pensieri e preoccupazioni su di un determinato argomento.

Continua a leggere

La quarta età. L’invecchiamento consapevole

Molte famiglie si ritrovano in situazioni di emergenza, o comunque di difficoltà nella gestione dei loro cari che stanno invecchiando. Ci si interroga su quale sia la situazione più opportuna per consentire ai “nostri nonni” di vivere la loro anzianità nel miglior modo possibile.

Spesso il dilemma maggiore riguarda il luogo dove gli anziani dovranno passare il loro tempo e chi se ne dovrà prendere cura; continueranno a vivere nella loro casa? Andranno nella casa dei figli? Oppure in una casa di riposo o di cura? Avranno bisogno di un/a badante?

Ovviamente ogni situazione è a sé stante ed incomparabile con un’altra, ma cercheremo, analizzando scenari generici, di dare qualche utile spunto di riflessione.

Prima considerazione, che per molti potrà sembrare scontata, ma purtroppo non sempre lo è, riguarda la volontà dell’anziano. Alcuni figli o parenti si sentono in diritto di sapere quale sia la cosa migliore per i propri cari, senza prendere in considerazione l’opinione degli stessi, senza comunicare con loro. A volte, gli anziani, per non creare problemi e per non sentirsi “un peso”, accettano malvolentieri situazioni che avrebbero rifiutato se fossero stati interpellati, se avessero avuto una possibilità di confronto.

Il dialogo in molte circostanze può essere la chiave per la giusta soluzione; capire cosa realmente un anziano si aspetta dal proprio futuro, analizzare congiuntamente le varie possibilità e non permettere che il carattere e le volontà dei nostri vecchi vadano spegnendosi.

“Lasciati guidare dal bambino che sei stato”

José Saramago

Josè Saramago ci lascia immaginare nonni che ritrovano la spensieratezza e l’ingenuità dei bambini, “qualità” che permettono loro di affrontare anni difficili con spirito e rinnovata curiosità; ma ci sono anche anziani che non accettano il passare dell’età e che vanno maggiormente supportati e coinvolti nelle decisioni che li riguardano, per far si che tramutino l’ansia e lo scontento in rilassatezza e godimento del tempo a disposizione.

La seconda considerazione vuole sottolineare che spesso le famiglie si comportano come se avessero davanti soltanto due alternative nette, come se esistessero soltanto il bianco o il nero.

Se un anziano si ritrova tutto il giorno in casa da solo, si pensa che l’unica alternativa sia uno spostamento in una casa di riposo, mentre invece, anche se poco pubblicizzati, da anni sono presenti in tutto il territorio nazionale centri diurni per anziani (centri con attività dal mattino al pomeriggio, con  organizzazione  funzionale al raggiungimento degli obiettivi di socializzazione e di aggregazione dell’anziano utente, che diventa egli stesso risorsa del territorio); che permettono all’anziano di trascorrere la giornata in compagnia dei coetanei, e alla famiglia di lavorare o comunque svolgere le proprie attività.

Qualora l’anziano in questione non volesse inserirsi in un centro diurno, un’ altra alternativa potrebbe essere quella dell’attivazione di un servizio di assistenza domiciliare, la quale fornirebbe all’anziano la presenza di un assistente nella propria casa per alcune ore della giornata e permetterebbe alla famiglia una migliore organizzazione.

Sia la partecipazione ad un centro diurno, sia l’attivazione dell’assistenza domiciliare possono, e a volte necessariamente devono, essere integrate con la presenza di un/a assistente o badante privato/a.

(Per l’attivazione dei servizi di cui si è parlato si può far riferimento al P.U.A, punto unico di accesso, del proprio territorio di residenza)

In questa terza ed ultima parte parleremo degli anziani affetti dal morbo di Alzheimer o da demenza senile.

Questo argomento mi ricorda un passo dell’”Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam, dove l’umanista olandese facendo parlare la follia, descrive la vecchiaia:

…finchè non sopraggiunge la gravosa vecchiaia, la molesta vecchiaia, odiosa non solo agli altri, ma anche a se stessa. Nessuno dei mortali riuscirebbe a sopportarla se, ancora una volta, impietosita da tanto soffrire non venissi in aiuto io…per quanto è possibile non riportassi all’infanzia quanti sono prossimi alla tomba, onde il volgo, non senza fondamento, usa chiamarli rimbambiti.

Ma delirano ormai, non ragionano più! Certo. E’ proprio questo che significa tornare fanciulli. Forse che tornare fanciulli non significhi delirare e non avere senno?e non è proprio questo, il non avere senno, ciò che più piace di quella età?

Così, per mio dono, il vecchio delira. E tuttavia questo mio vecchio delirante è libero dagli affanni che travagliano il saggio; quando si tratta di bere è un allegro compagno; non avverte il tedio della vita, che l’età più vigorosa sopporta a fatica.

Questo scritto mi ha sempre strappato un sorriso e aiutato a sdrammatizzare situazioni complicate.

Avere un anziano affetto da Alzheimer o da demenza senile in casa comporta un impegno immensamente gravoso per le famiglie che si occupano dell’accudimento, per questo spesso ci si rivolge alle R.S.A. (Residenze Sanitarie Assistenziali), che accolgono in degenza anche persone con queste patologie.

Il distacco totale dalla propria abitazione e dalla propria routine può essere particolarmente destabilizzante per questi anziani; avere vicino i propri cari nei momenti di lucidità può  rivelarsi invece un punto di forza. Per questo, laddove fosse possibile, sarebbe sempre opportuno preferire ad uno spostamento in una Residenza specializzata, l’attivazione dei servizi precedentemente descritti(Centri diurni e assistenza domiciliare), anche per questa categoria di nonni.

Questi inoltre hanno diritto al riconoscimento dell’invalidità e dello stato di handicap; quindi di poter usufruire insieme ai familiari delle forme di sostegno previste, come il permesso di sosta auto per invalidi, la riduzione dell’orario di lavoro, la pensione di invalidità civile, l’indennità di accompagnamento e l’esenzione dei ticket sanitari. 

Motta, cantautore e polistrumentista pisano, in un passaggio significativo del ritornello della sua “Del tempo che passa la felicità” scrive:

…Sarebbe bello finire così, lasciare tutto e godersi l’inganno, ogni volta, la magia della noia del tempo che passa la felicità…

In questa frase leggo quello che vorrei per i grandi anziani. Staccare dagli obblighi, dalle imposizioni della società e dalla freneticità della vita, accogliere la noia, godere di questa, lasciandosi i problemi alle spalle.

Continua a leggere

Il vero ruolo degli assistenti sociali. I mille volti del servizio sociale

Quando mi è stato proposto di scrivere questa rubrica, la prima cosa che ho pensato è stata: “finalmente potrò spiegare cosa fa veramente un assistente sociale!”. Molte persone hanno un’idea sbagliata sul ruolo dell’assistente sociale ed altre proprio non ne sono a conoscenza; questo per pregiudizi ormai radicati nel tempo e per un’ informazione spesso distorta da parte dei mass media. Dopo questo primo articolo introduttivo, nei prossimi appuntamenti, trattando argomenti che possano essere d’aiuto ai più, analizzeremo meglio i vari campi d’azione e le funzioni di questa figura polivalente.

Continua a leggere

Contattaci

Newsletter


Seguici


I contenuti presenti sul blog "ilsigarodifreud.com" dei quali sono autori i proprietari del sito non possono essere copiati,riprodotti,pubblicati o redistribuiti perché appartenenti agli autori stessi.  E’ vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.  E’ vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dagli autori.


Copyright © 2010 - 2022 ilsigarodifreud.it by Giulia Radi. All rights reserved - Privacy Policy - Design by Cali Agency