L’arte del Kintsugi
Ovvero sulle ferite auree del trauma
Avete mai fatto caso a quanto a volte può essere magnetico un volto imperfetto, un vaso irregolare, un disegno in cui le tinte non sono perfettamente mescolate? O ancora un arcobaleno con i colori non proprio nitidi ma che prende forma su un paesaggio incantevole? Potremmo dire la bellezza delle imperfezioni, chiamiamola come vogliamo. Mi vengono in mente queste immagini quando per caso vengo a conoscenza dell’ arte giapponese del KINTSUGI.
Un’arte che in maniera metaforica può essere tranquillamente aprirsi come un ventaglio a numerose riflessioni in ambito psicologico. La metafora, difatti è abbastanza allettante e pertanto ho deciso di coglierla.
Addentriamoci nel sentiero di questa riflessione partendo però da cos’è il KINTSUGI e da dove nasce.
La parola “kintsugi” si scrive coi kanji 金継ぎ, che rispettivamente significano “oro” (金) e “aggiustare” (継ぎ). Letteralmente possiamo tradurlo con “aggiustare con l’oro” o anche “toppa dorata”. Certe volte, soprattutto in Occidente, si può incontrare anche il nome di Kintsukuroi, scritto coi kanji 金繕い e tradotto con “oro” e “riparatore” (繕い), quindi “riparatore che usa l’oro”.
Secondo la leggenda, lo Shogun (il più alto titolo militare possibile) Ashikaga Yoshimasa, dopo che la sua tazza da tè preferita si ruppe, commissionò a degli artigiani di ripararla in modo che fosse ancora utilizzabile e degna della sua carica. Per riuscire nell’impresa, gli artigiani utilizzarono della lacca naturale mescolata con polvere d’oro, ottenendo un risultato strepitoso dal punto di vista artistico e artigianale (nonché funzionale)
La tecnica iniziò a diffondersi moltissimo; al punto che molti oggetti venivano rotti appositamente per poter essere riparati. Questo aumentò il loro valore economico e artistico; se ci pensate, prima i vasi risultavano prodotti identici, prodotti magari a serie. Invece, dopo la rottura e la riparazione vengono fuori pezzi unici, frutto di assemblaggio di pezzi rotti mai identici a se stessi: il tutto unito da una magnetica tinta dorata che assemblava, risaltandoli, i segni della rottura.
Ma veniamo a noi. Siamo giunti al punto del sentiero in cui compaiono i risvolti, nonché gli spunti di riflessione in ambito psicologico che il Kintsugi ha elicitato, facendo vibrare, in particolare determinate corde della chitarra.
Infatti, ci rimanda all’importanza di non negare le ferite di un trauma, ma piuttosto lavorare sulla consapevolezza di quanto accaduto affinchè l’evento possa essere rielaborato in una chiave più ottimale possibile per l individuo (si veda articolo Guarire dal trauma, di fantasia e disciplina, Frida Kahlo, riflessioni sulla resilienza). Allo stesso modo nei vasi le crepe non sono nascoste ma addirittura esaltate dalla polvere dorata.
Il concetto, colto dall’albero della psicologia, che più si associa a quest’arte è quello di Resilienza (si vedano articoli Resilienza, i veri eroi sono quelli che resistono ; ovvero, la capacità di far fronte alle difficoltà, al dolore, ai periodi negativi, non solo resistendo ma agendo attivamente e quindi trasformando la criticità in un momento prezioso di crescita. Infatti, con quest’arte anche i pezzi di un vaso rotto, apparentemente senza valore ritornano a splendere; il nuovo assemblaggio con questo alone cangiante, anzi, gli conferisce un maggiore splendore.
Quello che colpisce è come venga dato valore al singolo pezzo; ovvero l’unicità che assume il vaso riassemblato dopo la rottura, in cui i pezzi rotti non saranno mai come erano prima. Questo rimanda all’unicità del singolo individuo, a come il suo repertorio comprensivo di sentimenti, storia personale sia fenomenologicamente diverso da quello di tutti gli altri abitanti del pianeta. Traslato in ambito clinico, ogni sintomatologia, per quanto possa essere riconducibile ad un quadro diagnostico sistematizzato, sarà sempre fatta propria dall’ unicità di quel paziente ( per approfondire si veda l’articolo Pateo ergo sum. L’essere oltre la diagnosi)
Ecco come le ferite, i traumi possono assumere altri significati e prendere la forma di un bagaglio prezioso, di una cicatrice cangiante che fa risplendere il volto di che se fa portatore.
Dott.ssa CHIARA MORIGLIA
Psicologa e psicoterapeuta in formazione (Perugia e Pesaro)
Email: morigliachiara@gmail.com