Survivors
La classificazione dei traumi psicologici e il loro impatto sul sistema mente-corpo

Il disegno è di Gianluca Ambrosini

Oggi con le guerre in atto nel mondo noi terapeuti ci interroghiamo sull’impatto psico-fisico degli eventi terrorizzanti quali i bombardamenti improvvisi, la morte violenta di persone care, le continue esperienze di separazione, la generale perdita del senso di sicurezza. In termini psicologici la guerra rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e ha un impatto devastante a lungo termine sul corpo, sul cervello, sul sistema nervoso e sulle relazioni. Come scrive l’associazione di psicotraumatologia – EMDR Italia: “per tutti loro, scampare alla morte è il primo passo. Il secondo, ritornare alla vita”.

Se si riesce a sopravvivere, infatti, c’è molto da dover gestire per ritornare alla vita e si parla di problematiche psicologiche concrete che hanno un impatto sulla salute. In seguito a eventi traumatici di portata enorme come la guerra, spesso gli individui mettono in atto meccanismi psichici di scissione per riprendere in mano la vita tenendo fuori dal quotidiano la parte traumatizzata ed esiliarla. Questo ha una funzione rispettabilissima, ma purtroppo nel tempo l’omeostasi ricostruita tenendo fuori una parte di sé risulta essere un equilibrio precario. Molti eventi della vita quotidiana possono sollecitarci emotivamente facendo sì che la parte traumatizzata si “riattivi” a un livello subliminale innescando nella persona allerta nel corpo, stati emotivi particolarmente negativi, quali il pericolo, la paura, la rabbia, la diffidenza o il senso di fallimento senza capirne i motivi. Come se inconsciamente la minaccia del trauma passato fosse di nuovo attuale con la messa in atto di conseguenti comportamenti difensivi e impulsivi.Tale condizione comporta una grande confusione insieme a sensazioni di perdita di controllo, di vulnerabilità e lo sviluppo di idee di difettosità e di pericolo del Sé (es.: sono sbagliato; sono minacciato).

La ricerca ha evidenziato che il trauma può produrre cambiamenti psicologici quantificabili come danni al sistema di allarme del cervello e incremento dell’attività degli ormoni dello stress. Un tipico problema con cui si confrontano i pazienti ripetutamente traumatizzi è quello di una gestione alterata dello stress. Spesso vi è una difficoltà nel riuscire a discriminare le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti e quindi ad avere reazioni emotive intense e poco calibrate in base al livello di gravità di ciò che accade.

Ma i traumi riguardano solo le persone che vivono guerre o in generale eventi catastrofici?

Esistono diversi tipi di trauma e viverlo non equivale per forza a sviluppare dei disturbi post-traumatici o delle psicopatologie stabili. Le risposte che seguono questi eventi nel tempo possono essere moltissime in base, per esempio, all’età in cui si vive il trauma, alle risorse e alle criticità presenti nell’ambiente relazionale, a quelle interne legate alle rappresentazioni di attaccamento, all’intensità della percezione di pericolo e di intrusività dell’evento, alla ripetitività dell’evento nel tempo. Inoltre, le reazioni al trauma possono variare dal completo recupero effettivo, fino alle reazioni più forti, che impediscono alla persona di continuare a vivere la propria vita come prima dell’evento traumatico o che la costringono a convivere con sintomi fastidiosi (es.: insonnia; problemi relazionali; sintomi dissociativi; comportamenti impulsivi; strategie di evitamento disfunzionali).
Per fare una prima distinzione semplice immaginiamo due grandi categorie di traumi:

-I cosiddetti “Traumi con la T maiuscola” includono tutti quegli eventi che possono comportare la morte o il rischio di morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone a noi vicine. A questo gruppo sono incluse ad esempio le guerre, i disastri naturali, gli abusi, gli incidenti, alcune malattie da noi vissute o da persone care, la morte di persone vicine.

-I cosiddetti “piccoli traumi con la t minuscola“, ovvero quelle esperienze disturbanti in modo soggettivo che sono caratterizzate da una percezione di intrusività, ma non da una paura di morte. SI possono includere in questa categoria eventi come l’essere denigrati o il vivere delle interazioni brusche con i genitori o con delle figure a noi vicine.

Se per i Traumi con T maiuscola le persone sono facilitate nell’individuare l’evento cruciale del passato che ancora oggi provoca instabilità emotiva, le persone che hanno vissuto traumi di minore entità possono avere maggiore difficoltà nel rintracciare gli eventi e quindi i ricordi che contribuiscono al loro malessere attuale. Infatti, sorprendentemente i Traumi con la T maiuscola hanno una prognosi migliore nel trattamento rispetto a quelli con la t minuscola.

Una attenzione particolare va data alle esperienze traumatiche vissute in età infantile – con T maiuscola o t minuscola – in quanto il cervello è un organo plastico che viene modellato in base alle esperienze dei primi anni di vita. In particolare, risultano avere un impatto significativo gli eventi dei primi 12 anni di vita, e ancor più quelli che avvengono in corrispondenza dei cosiddetti periodi critici dello sviluppo della mente (es.: intorno ai 5 anni avviene la cosiddetta esplosione dendritica del cervello). Le avversità vissute durante l’infanzia sono i fattori di rischio maggiormente documentati nei disturbi psichiatrici. Sono state evidenziate quelle esperienze avverse infantili (ACE, dall’inglese Adverse Childhood Experiences) che richiedono una maggiore attenzione da parte del clinico durante la valutazione psicologica. Di seguito alcune esperienze vissute all’interno del contesto familiare prima dei 18 anni che sono ritenute traumatiche e potenziali fattori di rischio per lo sviluppo successivo di quadri clinici:

Abuso fisico e psicologico ricorrente; abuso sessuale; presenza di una persona dipendente da alcol o da sostanze all’interno del nucleo familiare; presenza di un genitore incriminato per un grave reato; un membro della famiglia gravemente sofferente o con disturbi mentali conclamati o suicidario; presenza di conflittualità fuori controllo e/o violenza nella coppia genitoriale; trascuratezza fisica e/o emotiva. In generale, situazioni croniche di maltrattamento nell’infanzia possono comportare gravi conseguenze sulla salute come la sviluppo di modificazioni metaboliche, neuroendocrine e autonomiche. Inoltre, sono stati identificati gruppi vulnerabili che possono includere: i membri di famiglie che vivono in povertà, le persone con malattie croniche, i neonati e i bambini esposti a maltrattamenti e trascuratezza, gli adolescenti esposti all’uso di sostanze, i gruppi di minoranza, le persone che vivono la discriminazione e le violazioni dei diritti umani, le persone esposte a conflitti, disastri naturali o altre emergenze umanitarie. Alcuni tipici disturbi clinici causati da sviluppi trumatici possono essere: deficit nell’autostima, ansia, depressione, disturbi dissociativi, disturbi del comportamento alimentare, disturbi di personalità, disturbi da uso di sostanze, disturbi della regolazione degli impulsi e delle emozioni…

In che modo le persone possono avere un controllo sui postumi di un trauma passato e ritornare a essere padroni della loro vita? 

Quasi tutti abbiamo vissuto piccoli traumi… alcuni di noi hanno vissuto grandi Traumi… altri ancora hanno vissuto un grande Trauma nell’età infantile o traumi ripetuti nell’età infantile.

In qualunque caso, è importante sapere che si sono sviluppati nuovi trattamenti efficaci basati sulle evidenze scientifiche per tutti i disturbi di maggiore o minore entità legati al trauma. Questi percorsi non si limitano alle classiche terapie della parola, ma aggiungono un approccio che parte “dal basso” dove il corpo è integrato in modo attivo fornendo un intervento corpo-mente più unificato necessario per trattare le tracce somatiche del trauma. Alcuni di questi trattamenti all’avanguardia includono la combinazione di diverse tecniche e approcci, quali ad esempio: la Psicoterapia Senso-Motoria; l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR); l’Internal Family System Model (IFS); la Trauma Informed Stabilization Treatment (TIST); il Modello Polivagale del Felt Sense. Oggi, dobbiamo interrogarci su come rendere più fruibili questi interventi sia attraverso una maggiore diffusione della conoscenza degli effetti del trauma e del maltrattamento sul nostro stato di salute, sia attraverso una maggiore accessibilità ai trattamenti psicologici in una ottica di cura della persona. In questo ambito è importante considerare anche la trasmissibilità di alcuni aspetti del trauma all’interno delle relazioni, soprattutto di quelle genitore-figlio/a e della possibilità di bloccare questo tipo di passaggio intergenerazionale con una terapia mirata.

All’improvviso, guardando gli occhi di una persona e senza parlare vedo apparire uno sguardo diverso e un mare da scoprire: è la presenza della parte traumatica esiliata che si manifesta. Quando incontriamo questa parte in terapia possiamo dirle: “se sei sopravvissuta a eventi traumatici insopportabili vuol dire che oggi, con i dovuti strumenti clinici, puoi sopravvivere alla guarigione di quelle ferite dell’anima”.

Dott.ssa Clarissa Cavallina

PhD e Psicoterapeuta a Roma

clarissa.cavallina@gmail.com

Per approfondire:

Van der Kolk, B. (2020). Corpo accusa il colpo: Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Raffaello Cortina Editore.

www.emdr.it

Fisher, J. (2017). Guarire la frammentazione del sé. Come integrare le parti di sé dissociate dal trauma. Raffaello Cortina Editore.

Twombly, J. H., & Schwartz, R. C. (2014). L’integrazione del modello dei sistemi familiari interni con l’EMDR. EMDR e EGO STATE THERAPY: Il trattamento del trauma e della dissociazione, 373.

Dana, Deb, La teoria polivagale nella terapia. Prendere parte al ritmo della regolazione, Roma, Giovanni Fioriti, 2019.

psicologia, psicoterapia, trauma

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