Il linguaggio del bambino
Siamo nati per parlare

Foto di tookapic da Pixabay

La nostra predisposizione per il linguaggio è evidente già in fase gestazionale. Durante la gravidanza, dopo la trentacinquesima settimana, il feto è in grado di riconoscere la voce della madre e rispondervi a livello motorio. Da quel momento in poi inizia il viaggio che porterà il bambino a fare proprio il linguaggio che condivide con gli adulti e nel quale è immerso.

A due giorni dal parto un bambino è in grado di discriminare la voce della madre dalle altre voci e anche di manifestare predilezione per quest’ultima. Riesce anche a distinguere diverse sillabe, ma soprattutto preferisce le voci umane rispetto ad altri suoni e rumori. Nasciamo letteralmente per parlare, e il periodo gestazionale risulta fondamentale a questo riguardo.

Dal quarto mese di vita l’apparato fonatorio del bambino inizia a differenziarsi da quello degli altri primati e a modificarsi: la laringe, allungandosi, permette l’allargamento della cavità orale e il bambino è in grado di produrre i primi suoni vocali e di modularli per intensità e altezza. La coordinazione fonatoria emerge dal sesto mese di vita e consente al bambino di produrre i primi suoni simili al linguaggio umano, con l’inizio della cosiddetta lallazione canonica, tra il sesto e l’ottavo mese di vita, la quale consiste nella ripetizione continua di sillabe; ad esempio, “mamama”, “bababab”. Viene ripetuta la stessa sillaba con una struttura formata da una consonante e una vocale. Nella lallazione variata si osserva la produzione di sillabe variate, ad esempio “manamanaman” o “papapam”. Le due tipologie di lallazione possono presentarsi anche contemporaneamente. Soltanto dagli 8, 10 mesi di vita la lallazione assume le caratteristiche della lingua a cui il bambino è esposto. Da questa età il bambino inizia a formare un repertorio di categorie sonore specifiche e riconosce i suoni che egli stesso emette.

Ma quali sono le regole che facilitano lo sviluppo del linguaggio nel bambino?

Secondo Skinner il babbling o la lallazione del bambino sono rinforzati dal genitore tramite grazie a segnali di approvazione che portano il bambino a ripetere le proprie vocalizzazioni. Il linguaggio vero e proprio si modellerebbe grazie ai feedback forniti dai genitori al bambino che per tentativi ed errori riesce ad avvicinarsi sempre di più al linguaggio dei caregiver. Si apprenderebbe a parlare quindi grazie ai rinforzi dell’ambiente. Per Bandura invece si parla di apprendimento osservativo: il bambino acquisisce parole, frasi e discorsi in modo diretto tramite l’osservazione prima e l’imitazione poi. Solo a quel punto il rinforzo solidifica questi apprendimenti.

Il linguista Noam Chomsky affermava che gli umani sono biologicamente predisposti ad apprendere un linguaggio durante una fase della vita che va dall’infanzia all’adolescenza grazie al LADD (language acquisition device). Il LADD “guida il bambino nell’elaborazione e nella verifica di ipotesi sulla forma che il linguaggio può assumere nella propria lingua madre, a partire da un numero limitato di principi contenuti nella grammatica universale.”  Grammatica universale: insieme di conoscenze innate circa i principi che regolano il funzionamento di tutte le lingue (impossibile da acquisire per apprendimento e/o imitazione). Non è innata la conoscenza della lingua, bensì la predisposizione ad apprendere qualsiasi lingua. Ma il linguaggio si può sviluppare solo se gli adulti che costituiscono l’ambiente del bambino lo riconoscono quale persona che comunica e viene coinvolto in interazioni comunicative.

Secondo Bruner il contesto socioculturale è determinante nella comprensione dello sviluppo linguistico del bambino. Egli afferma che caregiver ed educatori hanno un ruolo fondamentale nella costruzione del “sistema di supporto per l’acquisizione del linguaggio” (Language Acquisition Support System – LASS). Questo sistema di supporto è costituito innanzitutto dai genitori che fin da quando i bambini sono molto piccoli supportano lo sviluppo del loro linguaggio con diverse attività e strategie diverse. Appare evidente che lo sviluppo del linguaggio sia un processo a basi neurobiologiche, ma è anche dinamico e mediato da interazioni sociali e comunicative di routine. Senza un ambiente sociale che stimoli il bambino, la sua predisposizione innata all’acquisizione del linguaggio come strumento principe di interazione tra individui non potrà svilupparsi. Per questa ragione è fondamentale ripensare l’ambiente in cui i nostri bambini vengono cresciuti e porre attenzione a tutti quegli strumenti di intrattenimento che popolano le nostre vite, come televisoni, cellulari e tablet, ma con i quali non possiamo sviluppare conversazioni interattive. La passivizzazione che determinati dispositivi comportano può in qualche modo alterare questa predisposizione del bambino se l’utilizzo che ne facciamo è eccessivo e non regolato.

Dott.ssa Valeria Colasanti

psicologa e psicoterapeuta a Roma

Per approfondire:

  •  Leman P. et al., Psicologia dello sviluppo, MacGraw-Hill Education, Milano

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