Regole sociali e relazioni
Siamo tutti nello “spettro”?
Da quando il DSM-5 ha sussunto il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e il disturbo disintegrativo dell’infanzia nella definizione di disturbo dello spettro autistico, la vecchia diagnosi categoriale è stata sostituita da una dimensionale, in cui i sintomi sono presenti lungo un continuum, che si muove in base alla gravità degli stessi e alla necessità di sostegno che la persona presenta.
I sintomi cardine di questo continuum sono due: deficit persistente della comunicazione sociale e nella interazione sociale in molteplici contesti (criterio A); pattern di comportamento, interessi o attività ristrettì e ripetitivi (criterio B).
La sussistenza contemporanea di deficit intellettivo e/o di linguaggio costituisce una ulteriore specificazione, fondamentale nella definizione della gravità della condizione, che il manuale suddivide in 4 fasce, in base alla necessità di sostegno che la persona presenta.
Tralasciando le varie considerazioni, e le critiche che sono state sollevate rispetto a questa nuova definizione “ombrello” fornita dal manuale, e dall’American Psychiatric Association che ne cura la pubblicazione, nella mia esperienza clinica ho potuto sperimentare che questa dimensione delle spettro potrebbe essere molto più estesa di quanto previsto.
Rileggendo “Le regole non scritte delle relazioni sociali”, di Temple Grandin e Sean Barron, ho ritrovato l’esperienza di molti pazienti. La Grandin e Barron sono entrambi affetti da disturbo dello spettro autistico, il che ha reso la loro affermazione lavorativa estremamente complessa, in particolare perché si sono trovati a doversi confrontare con un contesto sociale che non sapeva o capiva nulla di autismo e delle loro difficoltà. La Grandin è una professoressa della Colorado State University, nata e cresciuta nel Massachusetts, in un territorio dedito all’allevamento del bestiame. Proprio grazie alla sua diversa sensibilità, la Grandin si è interessata al vissuto degli animali destinati al macello e ha progettato una serie di procedure e macchinari per ridurre il loro disagio, e la loro percezione di pericolo, nel triste percorso che li conduce al mattatoio.
Celebre è il suo libro “La macchina degli abbracci”. In questa opera l’autrice condivide un’esperienza centrale nelle persone affette da disturbo dello spettro autistico, ovvero la difficoltà nel ricercare il contatto fisico per regolare le proprie emozioni, senza provare disagio per un eccesso di percezioni sensoriali. La sensorialità è un altro aspetto cardine delle difficoltà sperimentate dalle persone affette da questo disturbo. Un paziente me lo descrisse come “sentirsi senza pelle”, tutto può passare, ci colpisce in modo violento e disturbante, senza la possibilità di essere regolato efficacemente da una capacità di integrazione di tali stimoli. Per ovviare a questo la Grandin realizzò una macchina che poteva regolare in intensità, all’interno della quale essere contenuta. Questa geniale invenzione venne utilizzata anche con il bestiame per aumentarne il benessere.
Nell’opera “Le regole non scritte delle relazioni sociali”, gli autori delineano le dieci “regole d’oro” che rendono possibile per le persone affette da disturbo delle spettro autistico relazionarsi con la società e comprenderne il funzionamento. Ciò che per i “normotipici” è scontato, automatico e appreso inconsapevolmente fin dall’infanzia, per una persona nello spettro è difficile da decifrare. La sincerità è un valore morale, che spesso un genitore cerca di trasmettere a un figlio, ma dire alla propria insegnante che quello che sta spiegando a lezione è stupido e noioso non è “socialmente accettabile”. Le regole non sono assolute, esistono infinte eccezioni, e questo è molto frustrante. Essere educati è necessario in tutti i contesti, ma non tutte le persone gentili sono amiche. Tutti commettono errori, e non tutte le cose hanno la stessa importanza. Il comportamento in pubblico è diverso da quello nel privato, ed è fondamentale imparare quando stiamo infastidendo gli altri. Per integrarsi è necessario uniformarsi socialmente nel linguaggio e nei modi, spesso nel vestire e nel mangiare, e soprattutto siamo sempre responsabili delle nostre azioni.
Queste dieci regole non sono scontate neanche per i cosiddetti “normotipici”. Chi non si è trovato escluso da un contesto perché non riusciva ad integrarsi? Soprattutto in adolescenza. Quante persone conoscete che non riescono a fare eccezioni alle proprie regole morali, e se devono farlo ne soffrono; quante scambiano insensibilità verso l’interlocutore per sincerità? Quanti non si sentono in dovere di essere educati con il prossimo? Molti pazienti mi riportano proprio questo tipo di difficoltà: non riuscire a legare con i colleghi, non capire bene come ci si comporta in un contesto formale. Come tollerare l’incoerenza delle persone e come regolare l’intimità che hanno con gli altri.
Forse le regole ovvie del mondo dei normotipici non sono così ovvie, e forse lo spettro è davvero infinito e ci comprende tutti. Forse i normotipici dovrebbero imparare a riconoscere quanto incoerente sia il loro modo di tessere relazioni sociali e scrivere le loro dieci regole d’oro.
Forse sarebbe ancora più coerente clinicamente parlare di “funzionamento autistico”, per descrivere tutte quelle condizioni in cui anche persone non affette dal disturbo dello spettro autistico, hanno difficoltà nel relazionarsi socialmente, nel condividere le emozioni e nel muoversi in un mondo sensoriale sempre più intrusivo e difficile da regolare autonomamente.
Dott.ssa Valeria Colasanti
Psicologa Psicoterapeuta a Roma
Per Approfondire
- DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. APA, edizione italiana Raffaello Cortina Editore, 2013;
- Le regole non scritte delle relazioni sociali. Grandin e Barron, edizione italiana Uovovonero, 2014.