Un’idea di futuro
Il confederalismo democratico di Abdullah Öcalan

Credit foto: Global Project

Abdullah Öcalan nasce nel 1948 ad Ömerli, un villaggio nell’ Anatolia Sud-Orientale.

Nel 1977, fonda il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), partito che lotta per l’autonomia del Kurdistan, per l’ecologia, per l’emancipazione della donna e contro il sistema patriarcale e capitalista.

Il PKK è attualmente considerata un’organizzazione terroristica sebbene nel 2008 il Tribunale dell’Unione europea abbia deliberato in sfavore della scelta fatta in materia dall’Unione e nel 2018 la Corte Europea abbia sentenziato l’irregolarità di tale decisione fra 2014 e 2017.

Molti paesi europei, o perlomeno alcune frange di questi, sostenevano la legittimità della battaglia in favore del popolo curdo, ma, nel momento del bisogno, nessuno riuscì a strappare al proprio governo la concessione dell’asilo  politico per Öcalan.

Da Mosca Öcalan giunse a Roma il 12 novembre 1998 . Il leader del PKK si consegnò alla polizia italiana, sperando di ottenere asilo politico, ma il governo D’Alema, preoccupato dalle eventuali ripercussioni, non acconsentì.

Il governo italiano non potè estradare Öcalan in Turchia, paese in cui era ancora in vigore la pena di morte, né gli concesse l’asilo. Il 16 gennaio 1999, dopo 65 giorni, Öcalan fu convinto a partire per Nairobi. Il 15 febbraio 1999 venne catturato in Kenya dai servizi segreti turchi.

Da allora è detenuto nell’isola-prigione di Imrali, in condizione di totale isolamento.

Né la famiglia, né gli avvocati possono fargli visita. Su questo il Comitato europeo per la prevenzione delle torture ha presentato un rapporto nel 2020 chiedendo alla Turchia di rispettare le convenzioni sui diritti umani di cui è firmataria.

Öcalan teorizzò un nuovo modello socio-politico, il confederalismo democratico, che vede come obiettivo la costruzione di una società civile veramente democratica che possa portare ad una pace stabile nel Medio Oriente senza altre guerre o ridisegnamenti di confini geografici delle varie nazioni, rispettando le varie culture e religioni locali.

Il confederalismo democratico è un sistema “non statale” di comunità autonome confederate, in opposizione allo Stato-Nazione, riconsegnando ai popoli il diritto alla loro autodeterminazione.

Lo stesso Öcalan disse che:

“Questo tipo di autorità o di amministrazione può essere chiamata amministrazione politica non statale o democrazia senza stato. I processi di decisione democratica non devono essere confusi con i noti procedimenti della pubblica amministrazione. Gli Stati amministrano mentre i popoli governano. Gli Stati si fondano sul potere, le democrazie si basano sul consenso collettivo. Il mandato nello stato è determinato per decreto, ma può in parte essere legittimato attraverso le elezioni. Le democrazie usano le elezioni dirette. Lo Stato utilizza la coercizione come un mezzo legittimo. Le democrazie si basano sulla partecipazione volontaria.”

Il confederalismo democratico è aperto a tutti i gruppi e fazioni politiche; è flessibile e multiculturale. L’ecologia e il femminismo sono pilastri centrali.

Secondo Öcalan, un modello ecologico della società è essenzialmente un modello socialista. Secondo l’attivista, sarebbe un’illusione credere che la salvaguardia dell’ambiente sia compatibile con il sistema capitalista; sistema che contribuisce e alimenta la devastazione ambientale.

Rispetto al ruolo delle donne, invece, l’attivista e ricercatrice curda Dilar Dirik dichiarò in un’intervista che:

“Il movimento rivoluzionario delle donne curde ha una storia di sacrificio e coraggio di cui donne come Sakine sono state precursori e protagoniste (Sakine Cansiz, membro di primo piano del Pkk con la propria azione concreta ha mostrato alla gente del proprio villaggio prima, e poi alla società curda come il ruolo di una donna non si svolga all’interno delle mura domestiche. Combattendo contro uno stato come quello turco che usava tecniche sessiste per piegarne la resistenza, le donne curde non hanno svelato solo gli strumenti tipici del patriarcato assunti a mezzi di terrore e vessazione, ma soprattutto la stretta correlazione storica millenaria tra Stato e patriarcato). Il primo enorme nemico da affrontare era la società curda, estremamente tradizionale e patriarcale, dimostrando con la pratica quotidiana che le donne sono altro dal ruolo precostituito assegnatogli – madri, sorelle, mogli, sono essenzialmente individui indipendenti. Il nucleo fondante del Pkk vedeva la partecipazione delle donne, Sakine ne è stata la più importante, e la questione della liberazione femminile fu sin dagli inizi tematica centrale. Sakine era ferma su questo punto e Öcalan l’ha sempre sostenuta. L’azione di resistenza messa in atto nelle carceri turche dalle donne del Pkk è stata motivo di ispirazione e coraggio per molti detenuti del braccio maschile. Le prigioniere subivano torture e violenze più crude – prima tra tutte gli stupri, eppure erano loro a organizzare scioperi, proteste per richiedere condizioni migliori. Proprio nel carcere, scuola ideologico-politica per molti membri del partito, gli uomini hanno legittimato la lotta di liberazione di genere delle loro compagne. Oggi, in Rojava dove i rapporti di parità di genere sono una realtà portante della democrazia diffusa, le persone comuni sono divenute protagoniste del destino del proprio territorio nell’esatto momento in cui le donne hanno preso le armi facendo diventare la guerra di difesa che appariva lontana e non propria, una responsabilità storica di tutti.”

Negli ultimi anni il confederalismo democratico si è sviluppato prevalentemente in Rojava, per arrivare anche a Shengal, in Iraq, e in Turchia, infliggendo una sconfitta soprattutto ideologica ad un modello patriarcale e basato sulla schiavitù.

L’avanzata di un modello così diametralmente opposto allo status quo è diventata temibile in medio oriente, ma anche per l’occidente, che di fatto ha permesso l’invasione turca del Rojava. 

(Le truppe turche invasero il Rojava nell’ottobre 2019, in quello che fu un illegale sconfinamento di una potenza NATO in un territorio neutrale; con bombardamenti su campi profughi, siti archeologici, scuole ed ospedali, ma che invece venne definito dalla propaganda turca “Operazione Sorgente di Pace”, per creare una zona cuscinetto di 30 km tra il confine turco ed il Kurdistan siriano.)

Dott. Diego Bonifazi

Assistente Sociale a Roma

(+39) 329 6614580

diego.bonifazi@yahoo.it

Per Approfondire:

 uikionlus.org

ilmanifesto.it

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