L’essere umano:
da animale sociale ad animale comunitario

​La famiglia nelle sue molteplici declinazioni rappresenta l’elemento base della società, quest’ultima infatti risulta difficilmente pensabile senza un gruppo di persone con dei legami di parentela più o meno diretti o indiretti che si occupano di riprodurre nel loro piccolo una funzione culturale osservabile poi a dei livelli sempre più ampi, fino a comprendere l’intera specie umana.

Possiamo pensare alla famiglia come il posto in cui un bambino – e quindi ogni essere umano – trascorre i primi anni della propria vita. In questo senso la funzione culturale di questo congegno relazionale ottiene una rilevanza determinante tanto che risulta difficile tenere separate il benessere delle famiglie, inteso nelle sue diverse sfaccettature, e quello dell’intera società.

Non è su questo punto che vorrei però focalizzarmi in questo articolo ma, in linea con il precedente proposto e consultabile a questo link, vorrei invece evidenziare come la famiglia, nella sua funzione di matrice culturale, tende a significare alcune “parole” e concetti linguistici per connetterli con delle “cose”, ad esempio degli oggetti dalle forme ben specifiche.

Insomma, vorrei tornare alla differenziazione proposta da Freud tra rappresentazione di cosa e di parola presente fin dai suoi primi studi delle afasie (1891), per identificare alcuni importanti tratti.

Prendiamo un esempio specifico che forse semplifica questi concetti. Se parliamo di una racchetta da tennis all’interno della mia famiglia probabilmente l’immagine della “cosa” racchetta, a cui la “parola” fa riferimento apparirà con una forma più o meno condivisa tra i membri. Parlando di racchetta con mio fratello avremmo probabilmente in mente una immagine composta da colori simili, forme altrettanto paragonabili e si attiveranno delle memorie esperienziali condivise a qualche livello (esperienze realmente accadute o raccontate) altrettanto simili, nel senso che saranno facilitate dall’essere ricordate.

In questo senso possiamo dire che la parola “racchetta” non è solamente un oggetto fatto di metalli, plastiche e altri materiali ma bensì all’interno di una matrice culturale di attribuzione di significati essa appartiene ad un discorso più ampio che tende ad essere per l’appunto significante. Questo discorso familiare è strettamente connesso e definisce il linguaggio che ciascuno di noi apprende.

Da questo vertice di riflessione, non sorprende che una leggenda (con il suo carico di verità) riguardo a come il linguaggio si sia sviluppato negli esseri umani parta dalla musica, ipotizzando che in origine il linguaggio era composto da suoni che venivano scambiati in riferimento a degli oggetti.

Chiederei al lettore per comprendere meglio questa funzione di attribuzione di significati, di non soffermarsi sulla racchetta da tennis in quanto oggetto per sé, ma in quanto rappresentante di un oggetto generale, esso potrebbe essere similmente un bicchiere, una sedia, un cane, insomma degli oggetti, delle cose, a cui impariamo a riferirci in quanto forme connesse a delle parole.

Questo aspetto è importante per il fatto che questi oggetti a cui si fa riferimento per noi esseri umani possono anche essere degli oggetti psichici e non esistere “veramente”, nonostante abbiano un impatto significativo sulle relazioni e sulla nostra vita quotidiana e questo su diversi livelli.

Ad esempio, possiamo pensare in termini di motivazioni o intenzioni mentali e connetterci ad alcuni vissuti emotivi più o meno condivisi e significati dalla stessa matrice culturale che tende a significare la racchetta da tennis, solamente con qualche grado di complessità maggiore.

Altrimenti possiamo pensare nella vita di comunità a tutte le diverse istituzioni che esistono solamente per il fatto che vengono riconosciute dalla comunità stessa che in questo modo le condivide. Ad esempio, le religioni con le sue chiese, o altrimenti gli eserciti, gli stati, le banche ecc.

Questa matrice significante strettamente connessa con il linguaggio e il discorso familiare, che viene studiata dalla psicologia, caratterizza l’essere umano e lo differenzia per complessità da tutti gli altri animali sociali.

Per concludere vorrei ricordare una provocazione dello storico israeliano Yuval Noah Harari, che in un suo saggio (ripreso in un TED Talk che consiglio la visione) si domanda cosa abbia portato l’essere umano in settantamila anni a passare dall’essere un ominide insignificante che si faceva gli affari propri in un angolo dell’africa a dominatore del globo terrestre. Egli arriva a ipotizzare che sia proprio questa capacità significante che lui chiama immaginativa che appartiene alla comunità umana a differenziarci dagli scimpanzé.

La provocazione è la seguente: se doveste trovarvi soli su di un’isola deserta assieme ad uno scimpanzé e doveste lottare per la sopravvivenza su chi scommettereste su voi stessi o sullo scimpanzé?

Lo storico evidenzia che la differenza tra gli esseri umani e gli altri animali sociali non si riscontra in tutta la sua significatività e importanza a livello individuale ma bensì ad un livello comunitario in positivo e in negativo.

Immagine: Murales in Minneapolis creato da Redeemer Lutheran Church.

Per approfondire: https://www.ted.com/talks/yuval_noah_harari_what_explains_the_rise_of_humans/transcript?awesm=on.ted.com_8wvv&utm_campaign=johanna_blakley_social_media_and_the_end_of_gender&utm_content=ted.com-talkpage&utm_medium=on.ted.com-twitter&utm_source=direct-on.ted.com&language=it#t-26720

Dott. Leonardo Provini

Psicologo e Psicoterapeuta a Roma

e-mail: leonardoprovini@libero.it

Contatto telefonico: 3339560127

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