La Stressoressia
Quando lo stress toglie il “pane quotidiano”

​La stressoressia è un disturbo alimentare, di origine piuttosto recente, che ha ad oggetto un’errata gestione della nutrizione quotidiana causata da vissuti stressogeni e ansietà. La matrice patologica di questo disturbo è influenzata da un’incrementata dimensione di perfezionismo e ansia da prestazione che spinge a percepire il compimento del proprio dovere come una priorità da anteporre a qualsiasi altro bisogno, ivi compresi quelli fisiologici, come il nutrimento. Con conseguenze talvolta anche gravi.

Per i soggetti colpiti la volontà di portare a termine tutto e in breve tempo è tale da indurre a tralasciare qualsiasi attività potenzialmente distrattiva dall’adempimento dei propri doveri: siano essi familiari, lavorativi, sociali. Ciò che conta è lavorare e produrre il più possibile.

All’interno di questo vorticoso labirinto di impegni non si riesce a trovare spazio di tempo sufficiente alla consumazione di un pasto: lo stesso atto di mettersi a tavola viene dimenticato o finisce col diventare un’interruzione, inutile quanto dannosa, alla catena di produzione. Mangiare, insomma, è un lusso che non ci si può concedere.

All’inizio la soppressione del cibo è graduale. si può cominciare sostituendo il pasto con qualcosa di frugale da mangiucchiare in piedi: magari un panino consumato frettolosamente, davanti al computer dell’ufficio o mentre siamo al volante, con la promessa che non appena avremo completato la nostra interminabile catena di impegni ci concederemo un pasto come si deve. Promessa che non solo non viene mantenuta, ma che col tempo viene sempre più ignorata. Mangiare finisce col diventare un autentico ostacolo al compimento di un lavoro che una volta intrapreso non può essere interrotto.

Diagnosi differenziale

In certi casi si arriva ad una privazione del cibo analoga a quella riscontrata nell’anoressia, disturbo alimentare con il quale la diagnosi differenziale è tuttavia doverosa:

  • In primo luogo nel caso della stressoressia l’idea dominante non è quella di perdere peso, né si riscontra alcuna preoccupazione legata all’assunzione delle calorie;
  • La stressoressica non prova disgusto per il cibo, né è affetta dalla dismorfofobia che spinge l’anoressica a vedersi grassa malgrado una condizione di sottopeso estremo;
  • Nel quadro patologico tipico dell’anoressia il cibo riveste un ruolo prioritario, per quanto negativo, mentre nella stressoressia l’importanza conferita al fattore alimentare è secondaria. La conseguenza sintomatologica è che l’anoressica si trova a pensare continuamente al cibo pur nell’intento di evitarne l’assunzione, mentre la stressoressica non ci pensa affatto, impegnata com’è a dedicarsi al lavoro.

Tra i due disturbi è tuttavia possibile evidenziare una serie di punti di contatto, quali un mancato riconoscimento del Sé, una rimozione pulsionale e uno standard di perfezionismo intransigente e irrealistico che nell’anoressia va ad interessare anche la dimensione estetica, mentre nella stressoressia coinvolge l’ambito strettamente prestazionale.

Fattori di vulnerabilità

Una maggiore vulnerabilità al disturbo si presenta nelle giovani adulte, tra i 28 e i 40 anni, per le quali l’obiettivo di conquistare una buona posizione lavorativa si tramuta talvolta in un’idea dominante capace di sovrapporsi ad ogni altra esigenza. Ma spesso vengono ne coinvolte anche madri di famiglia o donne professionalmente già realizzate, per le quali il lavoro comincia a rappresentare un mezzo di affermazione e conferma del Sé, oltre che una meta nella quale evacuare una pulsionalità frustrata o aggressiva.

Di solito un alto quoziente intellettivo, un grado di istruzione elevato e un  livello sociale  medio-alto si mostrano fattori di vulnerabilità al disturbo. Ma anche tratti specifici della personalità, come il nevroticismo e l’introversione, possono facilitare la presenza di vissuti ansiogeni e minore tollerabilità allo stress. Ulteriori fattori predisponenti possono venir considerati un ambiente lavorativo nel quale la competizione è particolarmente pressante, un contesto culturale tendente ad esaltare l’individualismo e il successo personale, un’ autostima fragile cui fa da contraltare l’ipervalutazione del giudizio altrui, uno stile educativo autoritario in cui l’eccellenza viene rappresentata come l’unico risultato possibile.

Dunque si deve fare di più e sempre meglio. L’impegno non è mai sufficiente; l’errore è inammissibile. 

Sintomi e possibili terapie

Le conseguenze della stressoressia possono divenire gravi. In particolare l’incremento dell’adrenalina e del cortisolo provocati da una maggiore quantità di stress comportano una dispendio energetico più elevato e una maggior richiesta di calorie delle quali l’organismo, proprio a causa del deficit nutrizionale imposto dal disturbo, non dispone. Da qui l’insorgenza di spossatezza e astenia: la donna si sente stanca e priva di energia, e non riuscendo più a mobilitare le risorse necessarie all’attività produttiva- anche a causa della presenza di disturbi del sonno e deficit di concentrazione – vede calare i risultati professionali e il proprio benessere generale.

A volte la privazione alimentare si prolunga per così tanto tempo da provocare deficit nutrizionali e una massa corporea inferiore alla norma. È a questo punto che si inizia a capire di avere un problema e si cerca di correre ai ripari.

  • Il primo passo da fare è cercare di allentare la morsa degli impegni e dello stress giornaliero, in modo da diminuire la quantità di cortisolo,adrenalina e noradrenalina, che contribuiscono ad aumentare il livello di stress e ad abbassare il tono dell’umore (Cannon, 1929; Trombini e Baldoni, 1999) . Per stimolare il sistema neuromuscolare e incrementare gli stati di benessere emotivo sarà consigliabile riscoprire la bellezza e la preziosità della cura del Sé: praticare attività fisica, dedicarsi ad attività alternative agli impegni di lavoro, concedersi momenti di ricreazione e incrementare i legami relazionali potrà mostrarsi un buon inizio.
  • Sarà poi opportuno creare una serie di buone abitudini alimentari con le quali rieducare lo stile di vita, l’approccio al lavoro e la regolazione emotiva: iniziare al mattino con una buona colazione, anziché prendere un caffè di corsa e spesso neppure quello, è il miglior modo per incamerare la quantità di energie necessarie all’organismo per affrontare gli impegni quotidiani e garantire una produttività collegata al benessere psicofisico. A metà mattina una pausa sarà più che necessaria, ai fini di decomprimere le ansie accumulate e tornare operativi in vista del pranzo, che non dovrà rappresentare un’eccezione, né uno strappo alla regola da vivere con senso di colpa, ma un rito sacro e inviolabile da consumare a casa, a mensa, al bar o al ristorante, seguendo una tempistica che consenta non soltanto un’adeguata consumazione del cibo ma anche un’occasione di relax in vista della ripresa pomeridiana;
  • Infine, aspetti come il perfezionismo, l’ansia da prestazione, l’urgenza competitiva dovranno essere necessariamente depotenziati in favore dello sviluppo di un pensiero più flessibile e assertivo, nel quale gli impegni lavorativi non costituiscano il solo aspetto da tutelare, e in cui le esigenze fisiologiche tornino a ricoprire un ruolo prioritario e imprescindibile dalla sopravvivenza.

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La Stressoressia come disagio sociale

Il focus patologico sotteso alla stressoressia è un profondo misconoscimento del Sé, da cui derivano distorsioni cognitive in grado di condizionare anche il funzionamento comportamentale ed emotivo. Non si può avere cura di se stessi: il desiderio di adempiere il proprio dovere diventa così saliente da saturare ogni possibile altro bisogno, e la graduale soppressione del pasto diviene il correlato di questa neutralizzazione pulsionale.

La radice patologica del disturbo è forse da rinvenire in un inadeguato rapporto con i ruoli e gli standard di prestazione eteroimposti. In un contesto sociale teso al perfezionismo l’unico risultato ammesso è l’eccellenza, e uno sbaglio, anche minimo, equivale ad un fallimento. Da qui l’intolleranza dell’errore -interpretato come un autentico attentato alla sopravvivenza- e l’insorgenza di un’ansia di prestazione che crea una pericolosa inversione di priorità. Il maggior carico prestazionale richiesto alla donna e la molteplicità dei ruoli che la stessa chiamata a ricoprire a lavoro e in famiglia, sembra in grado di spiegare la più frequente vulnerabilità femminile a vissuti ansiogeni e una più frequente risposta disadattiva allo stress.

La stressoressia non trova una collocazione tra le nuove sindromi alimentari del DSM-V, né può avvalersi di un vero e proprio riconoscimento clinico-diagnostico. Per questo è facile sottovalutarne la presenza e gli effetti. Spesso può nascere in sordina, o essere giustificato come un mero episodio destinato a scomparire nel momento in cui la mole di impegni sarà scemata.

Partendo dal presupposto che saltare i pasti non serve ad accrescere produttività ed efficienza ma è il modo per ottenere l’esatto contrario, in presenza di certi sintomi non è il caso di sottovalutare. Disturbi come la stressoressia quanto sia pericolosamente “facile” trasformare una cattiva abitudine in un’autentica patologia.

Dott.ssa M. Rebecca Farsi

Vincitrice del Contest “We Want You” per il mese di Giugno 2021

e-mail: celeste.psico@libero.it 

Per Approfondire:

  • Cannon, W. B. (1929). Organization for physiological homeostasis. Physiological Review, IX(3), 399-431.
  • Folkman, S., & Lazarus, R. S. (1984). Stress, Appraisal and Coping;  New York, Springer;
  • Freud, A. (1936), l’IO e i meccanismi di difesa, Giunti, Firenze;
  • Trombini, G., & Baldoni, F. (1999). Psicosomatica: l’equilibrio tra mente e corpo, Il Mulino, Bologna

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