La dismorfofobia. La fobia dei difetti
“A volte sento di avere le gambe così grasse che vorrei prenderle a pugni”; “i miei fianchi occupano tutto lo specchio, vorrei essere in grado di strapparli”; “stanno guardando la mia pancia deforme: e ora rideranno di me”.
Il disturbo di dismorfismo corporeo, o dismorfofobia, è collocato nel DSM V all’interno della sezione “Disturbo ossessivo-compulsivo”.
In genere, insorge durante l’adolescenza intorno ai 12-13 anni, quando il corpo inizia a cambiare.
Le persone che ne soffrono sono preoccupate per uno o più difetti o imperfezioni nel loro aspetto fisico, che ritengono essere brutto, non attraente, anormale o deforme.
Le imperfezioni percepite variano dall’apparire “non attraente” o “non giusto/a”, all’apparire “orribile” o “come un mostro”; esse in realtà non sono osservabili o comunque appaiono agli altri solo in modo lieve.
Si tratta di una forma di ossessione che concerne l’aspetto fisico, o meglio una parte anche piccolissima di esso.
La persona però descrive se stessa solo in base a quel difetto, che annulla anche le possibili caratteristiche positive di sé e che impedisce di piacere e di essere amata.
L’ossessione man mano occupa sempre più spazio nella mente e nella vita di chi ne soffre, creando angoscia ed impedendo il normale fluire della vita quotidiana.
Le preoccupazioni si focalizzano su una o più aree del corpo, in genere la pelle (es. rughe, acne, cicatrici, pallore), i capelli, i peli o il naso; ma anche le gambe, lo stomaco, i fianchi, il seno, l’asimmetria, la forma del viso…
Tali preoccupazioni sono pervasive ed intrusive, indesiderate, causano consumo di tempo, in quanto occupano il pensiero del soggetto anche per 8 ore al giorno ed è difficile controllarle.
In risposta alle preoccupazioni legate all’aspetto l’individuo mette in atto comportamenti ripetitivi o azioni mentali, che portano a consumare molto tempo ed aumentano ansia e disforia.
Ad esempio, confronta continuamente il proprio aspetto con quello degli altri, controlla spesso il difetto percepito guardandosi allo specchio o osservandosi in qualsiasi superficie riflettente (vetrine, specchietti delle auto…); esamina ossessivamente il difetto o si dedica in modo eccessivo alla cura di sé (truccarsi, pettinarsi, radersi), ricerca continue rassicurazioni esterne su come appaiono i difetti percepiti; si tocca l’area non gradita al fine di controllarla.
Il disturbo, per essere tale, deve creare disagio clinicamente significativo, quindi interferire con il normale funzionamento della persona affetta. Molti individui con dismorfofobia sviluppano idee o deliri di riferimento, credono cioè che altre persone notino i loro difetti e li deridano per il loro aspetto. Si possono presentare alti livelli di ansia, ansia sociale, perfezionismo, nevroticismo, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi del comportamento alimentare, bassa autostima e bassa estroversione. Il “vedersi brutti” diventa così pervasivo da interferire anche nelle relazioni sociali e portare all’isolamento. Vi è un frequente ricorso ad interventi di chirurgia estetica, ritenuti immancabilmente insoddisfacenti.
Ai fini di diagnosi bisogna poi specificare se è presente dismorfia muscolare e il grado di insight riguardo le convinzioni relative il disturbo.
La persona che soffre di dismorfofobia tende a proiettare sul corpo un difetto che in realtà concerne la psiche; non riesce ad entrare in contatto con sé stessa, a riconoscersi, a definire ed accettare la propria identità. Detesta e prova repulsione verso vissuti personali interiori come emozioni inascoltate, traumi, sofferenze mai elaborate, pulsioni represse; non riesce a riconoscerli e/o ad elaborarli così li sposta sull’immagine esteriore, illudendosi di avere un maggior controllo su di essa.
Cerca all’esterno una immagine di sé ideale, ispirandosi a personaggi famosi, di cui cerca di assumerne le caratteristiche fisiche e di interiorizzarne anche quelle psicologiche.
Nel disturbo si perde il contatto con la propria realtà psichica che porta a fissarsi su quella fisica.
L’individuo non può ammettere di avere qualcosa che non va a livello psicologico e tende ad attribuire la sua insoddisfazione a qualcosa di esterno: le smagliature, una ruga, i capelli bianchi, le gambe grosse o magre, i fianchi. È convinto che una volta eliminata questa imperfezione tutto sarà risolto.
Il difetto diventa però descrittivo dell’immagine di sé, e l’immagine influisce su sicurezza ed autostima.
Il disturbo di dismorfismo corporeo è una patologia da sempre molto diffusa, ma di cui si tende a parlare poco.
Negli ultimi anni la sua incidenza è aumentata anche a causa di social e pubblicità.
La frequenza con cui si accede quotidianamente ai social fa si che gli ideali estetici (resi immacolati dai filtri) vengano assorbiti ed interiorizzati velocemente ed inconsapevolmente; l’esposizione alle foto di persone con corpi, pelle e misure perfette spinge a sottoporsi ad un continuo confronto, nonché ad un esame critico e svilente del proprio corpo.
Altra fonte di distorsione e quindi di malessere sono i filtri, che rendono la pelle levigata, priva di pori, acne, rughe, il sorriso bianco smagliante, gli occhi grandi e profondi, il volto radioso…
Poi però bisogna fare i conti con l’immagine reale, quella allo specchio: pori, rughe, denti naturali ricompaiono…e provocano dissonanza e angoscia. L’immagine reale non è attraente come quella filtrata, non è perfetta…
Fortunatamente sono tanti gli account che hanno cominciato a muoversi in favore della Body Positivity promuovendo la bellezza e il potere della diversità. Mostrano come quelli che comunemente vengono definiti difetti o imperfezioni, da nascondere, siano in realtà peculiarità, elementi unici, esclusivi che distinguono una persona dall’altra.
Difetti perfetti e distintivi.
Da tenere a mente le parole di Franca Sozzani “la perfezione è noiosa, l’imperfezione è intrigante”.
Riceve online e su appuntamento a Milano
anastasia.giangrande@gmail.com
Per Approfondire:
American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014.