La narrazione Isekai. Mettersi nei panni di un Hikikomori
Le fiabe, i miti, le storie fantastiche, ed oggi, i film e le narrazioni animate permettono al lettore o allo spettatore di identificarsi con il protagonista, al fine di rimettere in scena i propri personaggi interni nella storia, rianimarli ed attivarne un dialogo interno. Talvolta, può, invece capitare che il processo identificatorio irrigidisca la proiezione in senso inverso: non è più il personaggio che rievoca delle mie rappresentazioni interne, ma sono io che mi identifico e mi ispiro al personaggio. In altre parole vivo attraverso il personaggio. Un esempio di narrazione seducente in tal senso è il genere isekai.
L’Isekai è un sottogenere di manga e anime solitamente di genere fantasy in cui una persona normale viene trasportata, evocata, reincarnata o intrappolata in un universo parallelo. Di solito tale universo esiste già nel mondo del protagonista come videogioco o opera letteraria, ma talvolta può essere anche sconosciuto. A volte il protagonista si ritrova in un mondo completamente nuovo mantenendo i ricordi della sua vita precedente oppure dimenticarsi completamente di quanto accadutogli fino al suo risveglio in quel mondo. In altri casi il nuovo universo può essere un mondo virtuale che si trasforma in reale.
Tratto dal manga “Solo Leveling”
Il protagonista di un’opera Isekai è spesso un NEET, un hikikomori (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Sindrome di Hikikomori – Al di qua della stanza )o un giocatore che spesso esprime il desiderio di abbandonare il mondo reale per viaggiare nel suo mondo fantasy preferito: nel nuovo mondo sono in grado di sfruttare la loro conoscenza dei videogiochi di ruolo, generalmente poco importante nella vita reale, o sfruttare le loro abilità di gioco attraverso un’interfaccia a cui può accedere solo lui. Il protagonista può disporre di terribili poteri. Solitamente il protagonista è una sorta di “eroe prescelto”, ma può capitare che diventi un personaggio più crudele e sadico degli stessi abitanti del nuovo mondo. In rari casi può essere che nel nuovo mondo il protagonista si reincarni in non umani o anche in oggetti.
Per Hikikomori si intende una particolare sindrome che colpisce persone di giovene età che “decidono” di isolarsi dalla società e, generalmente, si ritrovano ad investire la gran parte del proprio tempo in giochi MMORPG, ossia giochi di ruolo, nella quale mediante il soddisfacimento di missioni ed obiettivi, possono salire di livello, ottendendo una gratificazione “concreta e misurabile” che permette di compensare la pessima stima che hanno di se stessi nella realtà.
Nella lettura delle narrazioni Isekai è possibile comprendere e identificarsi con persone con sindrome di hikikomori. Generalmente sono persone con un odio profondo verso il mondo e verso se stessi, a causa di un profondo senso di fallimento interno e di inadeguatezza. Potremmo sostenere che sono persone che non riescono a individuare nella realtà, esperienze che possono ridonare un senso di sè appagante e sereno; piuttosto si ritrovano schiacciati da aspettative che entrano in contrasto con la propria natura interna: “Devi essere estroverso, brillante, simpatico, sicuro di te, ecc”.
La sindrome dell’hikikomori in realtà è figlia di una parte della società che pretende una sicurazza in se stessi mediante la negazione totale delle nostre vulnerabilità; esalta una falsificazione del sè piuttosto che agevolare la possibilità di dialogare e prendersi cura delle nostre fragilità del momento.
Nel genere Isekai emerge chiaramente come nel mondo fantasy, attraverso il “potere”, i protagonisti possano esauridere il loro desiderio di rivalsa, talvolta anche con chiare tendenze sadiche del personaggio. Si riflette chiaramente la realtà interna del protagonista suddiviso tra chi ha fallitto e chi ha il potere e mediante l’onnipotenza del pensiero della mente, la persona con sindrome di hikikomori trova appagamento nelle fantasie, veicolate anche mediante videogioco o mondi alternativi, ciò che nella realtà risulta impossibile.
La sindrome dell’hikikomori porta con sè tutta l’impreparazione alla vita della persona che ne soffre, l’impossibilità di entrare in contatto con le proprie vulnerabilità perchè esse stesse sono la causa della propria debolezza e un odio profondo verso una realtà incapace di comprenderlo. Questa sindrome ci comunica l’importanza di una realtà, in primis quella famigliare, basata sull’esaltazione e l’accettazione delle proprie vulnerabilità, intese come fonte vitale per evolversi. In altre parole, siamo vulnerabili quando entriamo in contatto con aspetti nuovi, ma anche antichi, e quindi sconosciuti di noi stessi: accoglierli ci permette di perseguire un percorso di crescita costante, attraverso un contatto interno e non con un indicatore di livelli.
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Per Approfondire:
Ricci C., Adolescenti in volontaria reclusione, Franco Angeli, Milano, 2008
Sagliocco G., (a cura di) Hikikomori e adolescenza. Fenomenologia dell’autoreclusione. Mimesis, Milano, 2011