La toeria del cigno nero. E’ stato solo un caso?

In finanza si parla di cigno nero per indicare un evento raro, inatteso, improbabile, imprevedibile e dagli effetti dirompenti. 

Oggi questa espressione è di uso comune grazie al libro di Taleb Nassim “Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita”, ma l’origine si deve al poeta latino Giovenale che usava l’espressione “cigno nero” per indicare un evento impossibile.

“Rara avis in terris, nigroque simillima cygno” ovvero «uccello raro sulla terra, quasi come un cigno nero», alludendo alla fedeltà coniugale testimoniata secoli prima da Lucrezia, la nobile matrona romana, moglie di Collatino che, per non sopravvivere all’oltraggio fattole da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo, si tolse la vita; e a Penelope, moglie di Ulisse, che per vent’anni attese pazientemente il marito declinando le insistenti offerte di giovani pretendenti. 

Questa frase è stata vera per molti secoli, finché nei primi del novecento un gruppo di esploratori britannici ha scoperto il Chenopis Atrata, un pennuto della famiglia dei cigni, totalmente nero che vive nei fiumi australiani e neozelandesi. 

Chi afferma che tutti i cigni sono bianchi,lo fa per mezzo della propria e altrui esperienza. Non aver però mai visto un cigno nero non ne esclude l’esistenza. 

Secondo Taleb Nassim il cigno nero è un evento imprevisto dotato di tre caratteristiche: 

una probabilità molto bassa di verificarsi; 

un grandissimo impatto; 

un’intrinseca predisposizione ad essere spiegato a posteriori dagli esperti, quegli stessi esperti che fino  a un secondo prima dal suo verificarsi si dilettavano a pontificare su quanto fossero valide le loro assunzioni sul mondo, economia in primis. 

L’abbattimento delle Torri Gemelle e l’elezione di Donald Trump sono esempi lampanti di cosiddetti cigni neri: eventi ritenuti impossibili, ai limiti dell’assurdo, che si manifestano mettendo sottosopra l’equilibrio che si è venuto a creare, imponendoci una rilettura del fenomeno secondo fili rossi ancora mai considerati. 

Non è questa la sede in cui affrontare l’imprevedibilità o meno di fenomeni finanziari o politici (che poi, a pensarci bene, anche il neonato governo italiano potrebbe essere considerato un cigno nero). Questo è piuttosto un tentativo di riportare la teoria del cigno nero alle nostre vite: quando il caso ci sconvolge la vita, è davvero solo un caso?

Carl Gustav Jung sosteneva che la nostra missione di esseri umani è quella di rendere cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a governare le nostre vite e noi lo chiameremo destino (per un approfondimento, si rimanda all’articolo “La coazione a ripetere – Sempre i soliti errori”). 

La forza evocativa di quest’affermazione ci suggerisce come a volte un desiderio inconsapevole, che noi stessi possiamo ritenere folle, imbarazzante, sciocco, può avere una forza così prorompente, in genere direttamente proporzionale a quella con cui ci impegniamo a tenerlo silente o sotto controllo, da arrivare in superficie e, come un terremoto, scardinare l’equilibrio precedente che faticosamente eravamo riusciti a creare.

Poco tempo fa mi è capitato di ascoltare una Ted Talk in cui il relatore domandava alla platea “Siete proprio sicuri che la magia non esista? (…) Io credo questo: Quelli che non credono nella magia, non la incontreranno mai”, sollecitando qualcosa che nell’immaginario comune esiste già e suona come il motto di Walt Disney “Se puoi sognarlo, puoi farlo”.

In sostanza, stiamo parlato del potere creativo del pensiero, o meglio, del desiderio.

Come se ci venisse raccomandato di stare attenti a quello che desideriamo, perché potrebbe avverarsi. 

Tutto questo è possibile per il principio secondo cui il desiderio è mancanza (per un approfondimento sull’origine del desiderio, si rimanda all’articolo “Le logiche del cineforum – Una creazione di gruppo”). E mancanza è ricerca. E ricerca significa che si attiva un meccanismo dentro di noi in cui le energie libidiche si muovono e vanno a configurarsi in una direzione che ci predispone ad accogliere quello che ci manca, quello che desideriamo. E, va da sé: quello che desideriamo inconsciamente a volte fa paura anche e soprattutto alla nostra coscienza, alla nostra parte razionale.

La teoria del cigno nero, così come affrontata secondo la prospettiva patchwork di questo articolo, ci suggerirebbe che la semplice possibilità, seppur assurda, seppur remota, della pensabilità di un fenomeno, un evento, è la condizione stessa per la sua esistenza e manifestazione. Sia per quanto riguarda i macro-eventi, ma anche e soprattutto per quanto riguarda i micro-eventi, cioè la nostra vita.

Jung la chiamava sincronicità. In fondo, quando ci sentiamo pronti, anche le circostanze lo sono.

Dott.ssa Giulia Radi

Riceve su appuntamento a Perugia

(+39) 3495887485 

giulia.radi@hotmail.it

Per Approfondire

Jung Carl Gustav (1980) “La sincronicità”

Nassim Taleb (2007) “Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita”

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