“Basta con la storia che io sono quella sbagliata, quella diversa, la pecora nera, siete voi che siete tutti uguali con lo stesso difetto.“
Lucrezia Beha
Essere accettati per chi siamo e/o per ciò che facciamo all’interno della famiglia non è sempre facile.
Molte volte si viene riconosciuti come “La pecora nera”, come una persona che si muove diversamente dal gruppo di appartenenza e che mette al primo posto il bisogno di sentirsi liberi e ribelli da tutto ciò che ci hanno da sempre insegnato.
Eravamo giovani, ingenui, arrabbiati, allegri e disperati Credevamo che i soldi fossero il male Odiavamo chi sventola le manette Chi ha sempre qualcuno da condannare Eravamo dalla parte di chi non ha niente Non importa l’appartenenza sociale, l’identità sessuale
Avevamo letto da qualche parte “Un uomo è ricco in proporzione al numero Di cose delle quali può fare a meno” Ma anche che il sistema schiaccia chi non ha denaro E si serve di chi è povero di pensiero Credevamo di poter parlare di tutto senza qualificarci E senza inginocchiarci davanti al progresso
“Le avventure accadono a chi le sa raccontare.” (J. S. Bruner)
Fin dalla preistoria le storie e i racconti hanno caratterizzato la trasmissione di pratiche, valori e insegnamenti all’interno delle tribù, e poi delle società propriamente dette, alle generazioni successive. Questa modalità di educazione e condivisione si è diffusa prima in maniera orale per poi codificarsi nella forma scritta come patrimonio tangibile di conoscenze.
Negli ultimi mesi la tragica situazione in Palestina, costantemente sotto l’attacco israeliano, ma ancora prima la guerra tra Russia ed Ucraina, ci hanno messo di fronte a dichiarazioni, provvedimenti ed interventi di diversi organi internazionali.
Donna con mani incrociate, vista di schiena- Egon Schiele
Egon Schiele, pittore austriaco vissuto agli inizi del Novecento, racconta la poetica sottesa alle proprie opere attraverso la rappresentazione del corpo; dipinto come torbido, caotico, espressione di desiderio e di caducità della vita. Attraverso forme scomposte e incerte descrive il movimento dinamico di un corpo, contenitore di un’interiorità tormentata, la cui unica pretesa risulta essere l’esistere. Un’ esistenza senza spazio e senza tempo, le ambientazioni sfumano, l’età dei soggetti appare secondaria. Il corpo in questo senso sembra essere il veicolo di qualcosa di inespresso, che trova difficilmente rivelazione mediante la parola. Ciò però non lo rende privo del significato più profondo che custodisce; nel coacervo di emozioni e sensazioni, che tali raffigurazioni suggestionano nello spettatore, domina il senso di ineffabilità circa un nucleo emotivo magmatico. La rappresentazione del corpo in tale paradigma artistico, può rimandare a quello che nel campo psicologico risulta essere un corpo trascurato all’interno delle relazioni primarie e che si fa, per questo, emblema di tutte le sue contraddizioni affettive.
“Nella mia mente sono rimaste una serie di immagini visive delle cose più strane e lontane dalla normalità terrestre. Ricordo il cielo nero come la pece, la desolazione della superficie lunare.”
A volte sono invisibili, altre volte sembrano invadenti e ansiosi e altre ancora sono rigorosi come genitori severi. Dietro una persona affetta da un patologia neurodegenerativa, c’ è quasi sempre un caregiver! Hanno molte sfaccettature, sono diversi l’uno dall’altro ma sono afflitti dallo stesso “alone”.
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