Covid e salute mentale
Le conseguenze della pandemia
Covid e salute mentale
“Da quel momento mi sento sempre stordito, come se fossi assente. Spesso mi ritrovo sul divano e senza rendermene conto passano ore. Dovrei lavorare dal pc, ma non riesco a concentrarmi. Mi sembra come se i pensieri non fossero a fuoco.”
La testimonianza di questo paziente riflette perfettamente i risultati delle più recenti ricerche riguardo le conseguenze dell’infezione da Sars Cov-2 nei cosidetti pazienti “long covid”, ovvero coloro che hanno contratto il Covid-19 con una sintomatologia grave e sono risultati positivi al virus per un periodo superiore alle tre settimane.
Nella mia esperienza clinica queste persone presentano un tono dell’umore più basso dei periodi precedenti all’infezione, e importanti difficoltà del sonno. Questo ambito di lavoro e di ricerca è di particolare importanza quando consideriamo le future esigenze a cui il Sistema Sanitario Nazionale e i professionisti privati dovranno essere in grado di rispondere nei prossimi mesi e anni. Una fetta importante di popolazione si troverà a fare i conti con le sequele cognitive e psicologiche dell’infezione da Covid.
Le conseguenze psicosociali
Si è parlato molto in ambiti accademici e non delle conseguenze psicologiche del Covid in termini di evento estremo con un potenziale traumatico sulla popolazione mondiale. La necessità dell’educazione a distanza ha avuto un impatto grave sullo sviluppo psicologico e sociale dei bambini, in particolare la fascia che va dai 4 ai 7 anni e gli adolescenti. Si tratta di due fasce di età differenti in termini evolutivi e cognitivi, che si trovano a fronteggiare momenti di crescita e sviluppo molto diversi.
Nel primo caso, il gruppo dei pari e gli insegnanti di riferimento nel contesto della scuola, sono fondamentali per sviluppare le skills sociali necessarie a integrarsi nel gruppo classe, e per confrontarsi con dinamiche esterne al gruppo familiare. Importanti esperienze sociali e formative, che necessariamente passano attraverso le esperienze sensoriali che il bambino può fare nella scuola materna ed elementare, che non possono essere adeguatamente sostituite dalla didattica a distanza. La scuola non rappresenta soltanto il contenitore nel quale avviene un passaggio di nozioni da un docente a un discente, ma un’agenzia di socializzazione fondamentale nella quale fare esperienza di sé come individuo competente e in relazione empatica e affettiva con i pari. La visione e l’udito non sono gli unici sensi attraverso i quali si incarna la nostra esperienza nel mondo.
Adolescenza e Covid – 19
Per gli adolescenti il Covid-19 e le misure che sono state adottate per contenerlo hanno rappresentato l’impossibilità di sperimentarsi nell’acquisizione di un ruolo adulto, attraverso l’identificazione e l’assunzione con modelli altri approcciati nel contesto della scuola. La privazione della socialità ha avuto effetti importanti in termini di isolamento, depressione, ansia e abbandono scolastico. L’adolescente vive il dramma di un corpo sessuato che non sente più rispondente all’ideale di Sé e all’immagine di Sé, in una fase nella quale i movimenti di rifiuto e abbandono nichilistico verso l’assunzione di un’identità adulta sono violenti, alternati a momenti di apertura e fioritura di nuovi aspetti della propria personalità. In tale contesto, se l’adolescente non può contare sul confronto con il gruppo dei pari, oltre che con gli adulti, e non può tessere una ricca narrativa di scambi e feedback reciproci sugli aspetti importanti della propria identità e fisicità, anche nell’ambito della maturazione sessuale, rischia di andare incontro ad un breakdown evolutivo.
Queste considerazioni riguardano l’ambito sociale, che non è l’unico da tenere in considerazione parlando di conseguenze del Covid. L’aspetto traumatico derivante dai lutti e dalle ospedalizzazioni, vissute o assistite da giovani e adulti ha un impatto fondamentale sulla psiche umana, e ha ed avrà conseguenze in termini di salute mentale sulla popolazione mondiale.
Aspetti neurologici e neurochimici. Cosa ci dice la ricerca.
Un altro ambito nel quale le ricerche stanno focalizzando la loro attenzione è quello delle conseguenze del contagio della malattia sulle persone che hanno contratto la malattia. Questo rappresenta un ambito pioneristico nel campo della psicologia e delle neuroscienze. Nello studio pubblicato sulla rivista Lancet “6-month neurological and psychiatric outcomes in 236 379 survivors of COVID-19: a retrospective cohort study using electronic health records” di (Taquet, M., Geddes, J. R., Husain, M., Luciano, S., & Harrison, P. J., 2021), vengono presi in esame quasi 240 mila sopravvissuti al Covid. Il risultato più importante ha evidenziato che ben un terzo delle persone contagiate da Covid-19 hanno sviluppato problemi neurologici o psichiatrici, nei successivi sei mesi dalla diagnosi. All’aumentare dei giorni di ricovero e della gravità dei sintomi respiratori, maggiore si è rivelata la presenza di sequele psicologiche.
Quali sono le conseguenze?
Non solo su cuore e polmoni. Gli esiti delle autopsie dei pazienti deceduti per l’infezione hanno riscontrato che l’infezione da SARS-CoV-2 è una “malattia sistemica-multiorgano”, che coinvolge oltre al sistema respiratorio quello cardio-circolatorio, tegumentario, emopoietico, gastrointestinale, renale e nervoso.
Nello studio è stata indagata la presenza di diversi eventi neuropsichiatrici, quali emorragia cerebrale; ictus ischemico; Parkinson; sindrome Guillain-Barré; disordini nervosi e del plesso, disordini neuromuscolari; encefalite; demenza; disordini psicotici; disturbi dell’umore; ansia; uso di sostanze stupefacenti e insonnia, nei 180 giorni successivi alla diagnosi. Il gruppo di controllo è stato scelto tra altrettanti pazienti affetti da influenza e altre infezioni respiratorie.
I risultati hanno mostrato che il 33.62 % dei pazienti ha ricevuto una diagnosi per una delle suddette patologie ad eccezione del Parkinson e la sindrome di Guillain-Barré che si sono rivelati presenti con la stessa frequenza nel caso del Covid-19 e dell’influenza. Tale percentuale sale al 38,73 per coloro che sono stati ricoverati in reparti ordinari. L’incidenza risulta più elevata nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. I disturbo più comune è risultato essere l’ansia (comparsa nel 17.39 per cento dei malati di Covid), seguita dai disturbi dell’umore (13.66 per cento). L’uso di sostanze è stato segnalato al 6.58 per cento. I disturbi psicotici hanno interessato l’1,4 percento dei pazienti del gruppo sperimentale.
Cosa può fare la comunità scientifica?
Considerando questi importanti risultati della studio di Taquet, M., Geddes, J. R., Husain, M., Luciano, S., & Harrison, P. J. (2021), è doveroso per la comunità scientifica e medica, psicologici e psichiatri in primis, ripensare i servizi per la salute mentale e progettare interventi mirati per la popolazione che è stata affetta dal virus SARS-CoV-2. È ragionevole ipotizzare un aumento del 30, 40 percento delle richieste di presa in carico per le sequele psicologiche dell’infezione da Covid 19, in particolare nelle fasce più vulnerabili; giovani adulti e anziani. Abbiamo la responsabilità clinica, professionale e morale di non farci trovare impreparati di fronte alle richieste di aiuto che seguiranno alla pandemia.
Psicologa – psicoterapeuta
alfastudiopsicologia@gmail.com
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Per Approfondire:
– Carlo Ferrarese (Dicembre 2020). “Covid-19, cosa accade al cervello. Le ripercussioni del virus sulle patologie neurologiche”; insalutenews.it 14-32
– Taquet, M., Geddes, J. R., Husain, M., Luciano, S., & Harrison, P. J. (2021). “6-month neurological and psychiatric outcomes in 236 379 survivors of COVID-19: a retrospective cohort study using electronic health records.” The Lancet Psychiatry