Dipendenze da Social Network
Forgiare il proprio Sè nella rete
Facebook è tra i social network più utilizzati, ma con essi anche Twitter, MySpace, Instagram, Google+, LinkedIn. Ad oggi risulta che WhatsApp sia il più utilizzato dai giovani italiani, e da alcune ricerche risulta essere reputato “indispensabile” dai giovani. Le reti multimediali permettono a tutti noi di collegarci l’un l’altro, in qualsiasi parte del mondo offrendoci la possibilità di condividere le nostre passioni, le nostre foto e il nostro umore, magari con persone nuove che hanno i nostri stessi interessi. È una grande occasione per ognuno di noi perché più le reti sono ampie e più stimolano il pensiero, allargano i punti di vista e aprono nuove prospettive favorendo l’innovazione.
D’altro canto però, come tutti sappiamo, possiamo rimanere “intrappolati nella rete”. Il grande rischio è quello di non saper gestire e controllare l’utilizzo che se ne fa.
Almeno 5 mila ragazzi in Italia sono considerati a rischio di dipendenza dai social network, in quanto trascorrono da 2 a 3 ore al giorno sui vari profili creati su internet. Una recente ricerca vede 8 adolescenti italiani su 10 connessi ad un social network e impegnati in continui aggiornamenti del profilo. Accanto a caratteristiche positive, come la condivisione, il recupero di vecchie amicizie e nascita di nuove, ce ne sono anche di negative. Basti pensare che se sommassimo il tempo trascorso ogni giorno con il computer, internet, cellulari, sempre a portata di mano e tv, arriviamo ad una media di 8-9 ore al giorno passate con uno schermo. Rimane poco tempo per dedicarci ad attività rilassanti e curare le relazioni personali.
E così sentiamo sempre più spesso parlare di patologie come internet addiction, cyberbullismo ed ora anche hikikomori e il rischio di ammalarsi è concreto (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Sindrome di Hikikomori – Al di qua della stanza e Internet Addiction – Un’arma a doppio taglio).
Una ricerca italiana che aveva come obiettivo quello di investigare gli usi di Facebook, mette in evidenza che l’uso dei social sarebbe indirizzato principalmente ad aumentare il capitale sociale, condividere foto, umore, musica e articoli divertenti, mantenere relazioni con persone che sono lontane, conoscerne di nuove. Ma è preponderante anche l’uso “investigativo” per osservare virtualmente persone, i loro interessi, fino ad arrivare a perseguitarle. Un altro degli utilizzi maggiormente riscontrati è quello relativo alla creazione e partecipazione ai gruppi. Questi permettono di organizzare facilmente eventi, parlare di un argomento di interesse comune e scambiarsi informazioni. L’uso dei gruppi su Whatsapp però, spesso, tra i più giovani, ha l’obiettivo di prendere in giro qualcuno (un compagno, un professore) oppure di condividere foto che dovrebbero rimanere nell’area della, ormai dimenticata, privacy. Ciò può sfociare in quello che viene definito cyberbullismo. L’adolescente è probabilmente uno dei soggetti più a rischio, in quanto vive un momento di fragilità che riguarda la costruzione di una personalità più solida. Con l’adolescenza ha inizio un periodo dinamico e significativo che allontana il soggetto dall’infanzia e lo avvicina all’età adulta. Le trasformazioni che lo riguardano coinvolgono la sfera psichica e quella somatica. (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Quel fantastico peggior anno della mia vita” – L’adolescenza: un duello epico tra la vita e la morte psichica) Credo però che per comprendere meglio ciò che succede in adolescenza e ciò che potrebbe essere molto collegato alla dipendenza da internet è necessario dare un’occhiata a ciò che succede durante l’infanzia ed in particolare ad una funzione materna molto importante di cui Winnicott parla molto bene. Mi riferisco alla funzione di rispecchiamento materno: “quando guardo sono visto, dunque esisto”. (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Funzione riflessiva e Sviluppo del sé – L’importanza di un banale riflesso). Ciò significa che quando il bambino guarda la madre, che contemporaneamente guarda lui cercando di comprendere i suoi bisogni, si vede riflesso negli occhi della stessa e si sente pensato, contenuto. Questo processo permette al bambino di comprendere che esiste, e pone le basi per la costruzione del senso di sé, alla base dello sviluppo dell’autostima e della fiducia in se stessi. Tutto ciò costituirà il bagaglio narcisistico su cui l’adolescente potrà contare per rapportarsi con l’esterno.
Quando tale processo non è sufficientemente buono, il bambino, invece di poter “essere”, grazie alla protezione di un ambiente che si adatta ai suoi bisogni e lo rispecchia, imparerà a reagire all’ambiente, adattandosi all’umore e ai bisogni dell’altro, piuttosto che essere centrato su se stesso. Ciò porterà il bambino, dapprima ad aggrapparsi alla madre, poi a persone o oggetti esterni che diventeranno imprescindibili proprio in quanto sostituti di qualche cosa che non si è costituito nel mondo interno. E’ così che si strutturano le dipendenze patologiche (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo La dipendenza – Vuoti di vita da colmare).
L’adolescenza è il momento evolutivo che ha la funzione di completare il processo di separazione ovvero quel processo in cui avviene un distacco all’interno di una relazione in cui ciascuno riconosce l’esistenza dell’altro. Per l’adolescente separarsi significa rendersi autonomo, ma ciò lo rimanda al binomio dipendenza/indipendenza. In una situazione di simmetria tutti possono ricevere e offrire sostegno e l’amico del cuore diventa colui a cui si può esprimere tutta una serie di emozioni molto forti che non possono essere mostrate agli adulti. Il gruppo consente inoltre di condividere e quindi alleviare quei sensi di colpa connessi alle separazioni dalle dipendenze infantili.
Nel difficile compito di integrare e dare un senso soggettivo alle trasformazioni in atto, la condivisione con il gruppo dei pari costituisce un sostegno formidabile e la rete uno strumento eccezionale. Tuttavia non è priva di rischi.
Ciò che spinge ad un uso eccessivo dei social network in particolare, è la ricerca continua della propria esistenza, nell’essere visti dagli altri; dunque essere in rete vuol dire esistere. La rete dunque diventa il sostituto degli occhi della madre nella primissima infanzia. È come se il ragazzo possa, attraverso le reazioni altrui, sentirsi reale e costruire un’immagine della propria identità.
Utilizzando i social network inoltre, si evitano o si limitano le relazioni in carne ed ossa. Gli “amici” su facebook sono tantissimi e maggiore è il numero e più il proprio narcisismo viene soddisfatto. L’incontro, il contatto e l’intimità che favorirebbero il processo di differenziazione, nei casi più implicati, viene presto sostituito dalla più grande voglia di “mostrarsi” nella rete. Si crea un impoverimento nelle relazioni, dove non ci si ricorda più della storia di un amico, del suo compleanno, perché tanto è lì alla portata di tutti e in un click. Evitare il contatto diretto con l’altro potrebbe sottendere la paura del ragazzo di incorrere in disconferme sul suo narcisismo che potrebbero ledere un sé troppo fragile. Si creano, dunque, gruppi al fine di insultare un compagno “più debole” mettendo se stessi al riparo da attacchi al proprio narcisismo.
E così vediamo troppo spesso gli occhi dei ragazzi rivolti ad uno schermo e non ad altri occhi. Ma senza il confronto reale si perde anche la possibilità di riconoscere se stessi negli occhi dell’altro, riscoprire aspetti di sé e avviare dunque processi maturativi.
Se da un lato, dunque i social network e internet rappresentano grandi strumenti che possono favorire lo sviluppo del pensiero, la conoscenza interculturale e lo scambio di idee, emozioni e che possano renderci tutti più vicini e utili come cittadini dello stesso mondo, dall’altro un uso massiccio di tali strumenti, utilizzati ad uso difensivo, possano provocare disequilibri tra il tempo passato davanti ad uno schermo e quello passato con se stessi o con gli altri, generando un disagio interiore che può essere captato ed affrontato. Mai come nei tempi moderni caratterizzati dalla moda dell’apparire e l’apparente sicurezza generata dalla proclamazione popolare, il lavoro di conoscenza e scoperta di sé separato dal giudizio esterno risulta essere arduo e, talvolta, apparentemente inconcepibile.
Dott.ssa Emanuela Sonsini
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Per Approfondire:
Winnicott Gioco e realtà;
Lucchini A., (2014) “Droghe, Comportamenti, Dipendenze.” Milano: Franco Angeli Ed.
Meluzzi A. (2014) “Bullismo e Cyberbullismo” Reggio Emilia: Imprimatur Ed.
Facebook o faceboom? Una ricerca esplorativa. Ivan Formica, Amelia Rizzo, Francesco Conti
Spiweb ADOLESCENTI, RETE E SOCIAL NETWORK Irene Ruggiero