Essere onlife
Alla ricerca della propria realtà
Il termine onlife coniato dal professor Floridi, filosofo e docente all’Università di Oxford, descrive un fenomeno che più o meno ampiamente interessa la vita di ciascuno di noi. Questa espressione delinea il vivere in una dimensione tra la realtà virtuale e quella materiale, i cui confini stanno diventando ormai molto labili. Ma cosa succede se tali confini si dissolvono? Quando arriviamo in un posto nuovo o stiamo partecipando ad un momento di festa, spesso, tra i primi pensieri che sfiorano la nostra mente c’è il voler condividere sui social quanto stiamo vivendo.
Questo automatismo ci rende parte di una realtà che non ci fa sentire mai soli, in apparenza. Dove la distanza tra il mondo reale e quello virtuale si accorcia sempre di più. Dove quello che è mio può diventare tuo con un click. Idee, esperienze, conoscenze sono alla portata di tutti e questo potrebbe essere considerato il frutto del “potere della condivisione”, ma il rischio è che vivere online divenga essere onlife, facendo diventare ciò che condividiamo il centro delle nostre giornate, la motivazione a comportarsi in un certo modo o ad essere ” come tu mi vuoi”. L’impatto sulla vita reale diventa, quindi, significativo quanto più si è esposti all’uso di internet e nello specifico dei social network; un focus più attento può riguardare infatti la fascia adolescenziale, che per età, si trova sempre più spinta a confrontarsi attraverso tali piattaforme.
Complice di questo processo di investimento, da parte dei giovani, è stato l’avvento del Covid-19, che necessariamente li ha costretti ad un coinvolgimento sempre più consistente sui social, privandoli o lasciandoli sospesi nella socialità, ingrediente principale per la formazione dell’identità. Il processo di individuazione e separazione che rappresenta uno dei principali compiti evolutivi dell’adolescente, si è confrontato più che mai con con una dimensione “altra”; questa, da una parte ha significato un gancio socialmente importante in un momento di isolamento, a causa della situazione pandemica, ma dall’altra parte, rischia di rappresentare un espediente per eludere le situazioni di raffronto sociale. Il Covid-19 ha sicuramente esacerbato quanto era già predisposto dalla società odierna, che anche prima della pandemia aveva investito massicciamente sull’utilizzo dei social.
É importante tener conto che gli adolescenti d’oggi sono nati nell’epoca digitale e per questo dimostrano una certa agilitá nel muoversi sui social, spesso utilizzati come una sorta di diario della propria storia di vita. In questo senso, i social garantiscono una narrazione del Sè sospesa in una dimensione senza tempo e senza spazio e diventano depositari di tutte le insicurezze tipiche di un’età tanto delicata come quella adolescenziale. Per questo motivo possono diventare il luogo dove trasformare o mascherare tutti quegli aspetti identitari percepiti come fonte di vergogna o di inadeguatezza; dove ci si ripara dal crollo delle aspettative ideali di Sé e dove si attenuano le forti angosce generate dall’incontro con il mondo esterno. In questo modo, i social restituiscono all’adolescente un rispecchiamento ideale mancato, secondo cui lo sguardo dell’altro è intenzionalmente indirizzato agli aspetti grandiosi di Sè. Tale dimensione, se percepita come equivalente e sostitutiva a quella reale, rischia però di portare ad un totale diniego della realtá esterna che verrà percepita sempre più come soverchiante e difficile da gestire in termini relazionali.
Quanto più sarà appagante la dimensione costruita virtualmente, tanto più sarà frustrante l’incontro con la realtà effettiva. Questo è uno dei temi che interessa il fenomeno sempre più diffuso di ritiro sociale, che vede molteplici adolescenti confinarsi in casa, tagliando ogni tipo di contatto con la realtá esterna, perché sofferenti di fronte alla possibilità di scontrarsi con un eventuale fallimento. La socialità in questo caso è sacrificata in virtù della volontà di sfuggire alle esperienze che possono essere vissute come mortificanti.Scivolare nella dimensione online permette di arrestare il senso di sofferenze e impotenza che il confronto con l’altro può generare; l’illusione di essere immersi in una socialità estesa, di avere tanti amici quanti sono i followers, di avere delle capacità relazionali corroborate dal numero di chat in corso e di far corrispondere la propria identità all’immagine di Sé restituita dai filtri sui social, forniscono all’adolescente un bagaglio identitario bramato, idealizzato, ma invalidato dalla sua consistenza fragile, quasi onirica, basata sull’essere onlife.
Gli adolescenti, più di tutti, sono coinvolti in questo torpore sociale, ma soprattutto identitario, dal quale è difficile uscire illesi. In tale direzione questo vuole essere uno spunto riflessivo su un tema sociale che in qualche misura riguarda ciascuno di noi, motivo per cui siamo chiamati a interrogarci per cercare di privilegiare la dimensione reale, autentica in tutte le sue complessità, a quella virtuale.
Dott.ssa Valentina Merola
Psicologa e Psicoterapeuta in formazione a Roma
mail. vale.merola@hotmail.it
Per Approfondire
Lancini, M.,Cirillo,L.,Scodeggio,T,.Zanella,T. (2020) L’adolescente: psicopatologia e psicoterapia evolutiva. Milano:Raffaello Cortina.
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