Le fiabe in psicoanalisi, I musicanti di Brema
I fratelli Grimm, tramite questa interessante fiaba aprono la possibilità di riflettere su vari temi che a mio avviso oggi sono modernissimi: a partire dal cercare di essere sé stessi, alla possibilità di realizzare i propri sogni e al coraggio di cambiare. (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo La funzione psicologica della fiaba – Il regno del proprio inconscio).
Il racconto vede come protagonisti un asino, un cane, un gatto e un gallo. L’asino ormai vecchio, capì le cattive intenzioni del suo padrone, che voleva macellarlo, e così pensò di scappare e di cominciare a fare il musicante. Sulla strada incontrò prima il cane, poi il gatto e infine il gallo, tutti nelle stesse condizioni. I quattro giunsero a sera nel bosco e lì videro una piccola casa dove c’erano dei briganti. L’asino dalla finestra vide la tavola imbandita.
Avevano fame e dunque architettarono un piano: l’asino poggiò le sue zampe anteriori sul davanzale, il cane salì su di lui, il gatto si arrampicò sul cane e il gatto si posò sulla testa del gatto. Al segnale ognuno di loro fece il proprio verso e spaventarono i briganti che scapparono subito nel bosco. I quattro entrarono in casa e si rifocillarono, spensero la luce e si coricarono. Al ritorno di uno dei briganti, il gatto lo graffiò, il cane lo azzannò, l’asino gli tirò un calcio e il gallo fece forte il suo verso. Il brigante fuggì e disse al suo compagno che la casa era infestata dai fantasmi. Così quella casa diventò la felice dimora dei musicanti di Brema.
Gli animali di questa fiaba sono animali sfruttati dai loro padroni fino a che non sono diventati inutili, troppo stanchi per sopperire alle loro necessità. Tale situazione rappresenta una condizione di vita comune a molti, che porta a sopravvivere piuttosto che a vivere davvero la propria vita. Spesso perdiamo di vista ciò di cui abbiamo bisogno, quella dimensione profonda che attiva la nostra parte creativa e che ci permette di accedere alla realizzazione di sé. Il punto di partenza è proprio l’accettazione di sé, delle proprie caratteristiche. Attraverso l’espressione della propria autenticità si possono raggiungere i propri obiettivi, si possono realizzare i propri sogni. Un aspetto interessante a tal proposito è il fatto che in realtà i musicanti di Brema non raggiungeranno mai la città come si erano proposti, ma non è questo l’importante, il raggiungimento dell’obiettivo si esplica nell’essere riusciti a riscattarsi e nell’aver ottenuto ciò che li gratifica profondamente. Avere l’obiettivo dentro di sé, percepire e contattare i propri sogni fa sì che si attivi l’energia necessaria per realizzarli.
Credo che questo sia un racconto dedicato a tutti coloro che hanno perso di vista i propri sogni, li hanno riposti in un cassetto troppo lontano e che vivono un momento, forse anche lungo della propria vita, nel quale la rassegnazione, la stanchezza prevalgono e prendono il sopravvento.
Nella società odierna spesso accettiamo situazioni che ci lasciano poco margine di scelta e diamo il passo ad una situazione psichica priva di intraprendenza, sicurezza ed autostima. Così facendo invecchiamo, come i nostri protagonisti, ma non parlo degli anni che passano, piuttosto del fatto che contattiamo la parte di noi relativa alla sfera dell’inutilità, della stanchezza emotiva, dell’inadeguatezza dimenticando la nostra parte più viva, quella della creatività che vuole emergere.
Allora potremmo iniziare a pensare che forse per salvarci dalla “morte emotiva” dovremmo entrare nel bosco, che nelle fiabe rappresenta la parte più profonda, inconscia di noi stessi.
Forse il racconto vuole dirci che per riappropriarci della casa in fondo al bosco, della parte più autentica di noi stessi, per riuscire a ricontattare i nostri sogni e depositare il germe affinché possano essere realizzati, non dobbiamo solamente attraversare il bosco, ma dobbiamo allontanare i briganti, ovvero tutte le situazioni che ci derubano della possibilità di far emergere la nostra personalità e che ci allontanano dal contattare le nostre parti più profonde. Per fare questo però c’è bisogno della collaborazione tra l’asino, il cane, il gatto e il gallo. Solo insieme riusciranno a spaventare e allontanare i briganti. Dunque il suggerimento di questa fiaba è quello di ricongiungere ed accettare vari aspetti di noi stessi: l’asino ci mette difronte alla dicotomia tra il sapere/saggezza e l’ignoranza; il cane rappresenta la fedeltà verso noi stessi, il gatto ci ricorda di non trascurare la nostra parte più istintiva e il gallo ci invita al risveglio, all’attività, alla rinascita.
Quando tutto ci sembra immutabile e siamo scoraggiati, rassegnati, abbiamo perso la voglia di combattere per i nostri sogni, dovremmo cercare di trasformare la rassegnazione in accettazione di sé stessi e dei propri limiti, ma anche di individuare e appellarsi alla dimensione creativa profonda che dà la possibilità di trovare la fiducia in sé stessi e il coraggio di riscattarsi.
Dott.ssa Emanuela Sonsini
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Per Approfondire:
Bettelheim B., “Il mondo incantato, uso, importanza e significati psicoanalitic delle fiabe”, Universale Economica Feltrinelli, 1975
Ferro A., “La tecnica nella psicoanalisi infantile – Il bambino e l’analista: dalla relazione al campo emotivo”, Raffaello Cortina Editore, 1992