La terza età
Una carezza in casa di riposo
In questi due anni di pandemia il pensiero di tutti era rivolto ai deboli, ai bambini che non potevano giocare insieme, alle persone con disabilità, agli anziani ricoverati nelle case di cura che non potevano incontrare i propri parenti. Quando si pensa ad una casa di riposo si pensa alla tristezza, all’abbandono, alla morte. Ma è la verità o la società che ci porta a pensare questo?
Dietro quelle porte, così grandi per un nonno ormai piccolo e curvo dalla vecchiaia, si nascondono storie di vita, di guerra, di amori. Vi è un signore che di primo impatto dice di non voler raccontare la propria storia perché è stanco, non vuole ricordare il passato e la moglie che ormai non c’è più, ma poi di sua spontanea volontà racconta di quando a otto anni ha vissuto la guerra. Tra i corridoi freddi di prima mattina ci sono due compagni di stanza che si aiutano a vicenda, aggrappati sotto braccio, che fanno ritorno dal refettorio dopo aver consumato la colazione; quanto possiamo imparare da loro, che nonostante l’età avanzata, continuano ad aiutarsi.
Cosa provano gli anziani?
Non sempre è l’anziano a scegliere di ricoverarsi in una casa di cura; molte volte questa scelta viene presa dai familiari. La maggior parte degli anziani ricoverati presentano malattie del sistema nervoso (come Alzheimer, morbo di Parkinson, demenza), altri hanno problemi di natura fisica, come fratture agli arti, problemi cardiocircolatori o respiratori; la minoranza ha problemi di natura “sociale”, quei problemi che molti non vogliono affrontare per vergogna, paura, come la solitudine e la depressione. Visti i tanti motivi che spingono un anziano ad essere ricoverato in una casa di riposo, diverse possono essere le reazioni a questo cambiamento. Gli anziani, come i bambini, sono abitudinari, metodici, ogni cambiamento non sempre lo riescono ad affrontare al meglio. Per questo è fondamentale l’”equipe di accoglienza” nella struttura; ovvero del personale specializzato pronto ad accogliere il degente, a far visitare la struttura, a farlo ambientare nella sua stanza, a spiegargli come si svolgerà la vita nella sua “nuova casa”.
Cosa può aiutarli?
Una volta ambientato, l’anziano può lasciarsi andare, può lasciare che le sue sofferenze mentali e fisiche prendano il sopravvento. Cosa può aiutare gli anziani ricoverati in una casa di riposo a mantenersi “in allenamento”, sia a livello fisico che a livello mentale?
Studi prettamente sul campo hanno dimostrato l’efficacia dei giochi manuali, soprattutto dei giochi come le costruzioni per degenti con malattie come Alzheimer e demenza. Un intervento efficace è la Dolly Therapy, la terapia della bambola, il tornare a prendersi cura di qualcuno in una età in cui sono gli altri a prendersi cura di loro. Questa terapia può rallentare la progressività del morbo di Alzheimer, può risvegliare ricordi piacevoli nell’anziano. Giochi divertenti e stimolanti, possono essere anche la pallavolo e la tombola; ovviamente chi vince, ha un premio. Ed è proprio questo che li incita a giocare; il mettersi in gioco, a stimolare l’udito, la vista, la curiosità nel ricevere il premio e nel gioire con i parenti durante le visite del premio ricevuto. Si possono stabilire anche, perché no, dei premi di consolazione per coloro che non vincono. Insomma, tutti i giochi che farebbero bene alla crescita di un bambino, farebbero bene agli anziani per vivere la loro anzianità. Questi sono tutti esempi di giochi e attività per combattere la noia quotidiana, ma allo stesso tempo aiutano i degenti ad affrontare le loro difficoltà; ma spesso tutto ciò di cui hanno bisogno sono solo carezze, tempo e ascolto per combattere la solitudine, ascolto per raccontare il loro passato, per raccontare i dolori.
Molti aggettivi vengono dati agli anziani: vecchi, pesanti, moralisti… Ma effettivamente, quanti sono realmente ascoltati?
Dott.ssa Marianna Fiorentino – Assistente Sociale
vincitrice del contest We Want You per il mese di maggio 2022
mail. mariannafiorentino5@gmail.com
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