Il meccanismo della proiezione
Istruzioni per l’uso

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Vi siete mai sentitit* dire “sei disordinat*” da una persona la cui casa sembra aver subito un saccheggio? Oppure “sei aggrissiv*” da qualcuno che ci ha appena urlato addosso? “Sei menefregista” “sei superficiale”, sono frasi apparentemente banali ma che quando si presentano in maniera immotivata, spesso sottendono significati ulteriori. Infatti, spesso, sono come il travaso di un vino la cui etichetta però non appartiene a noi ma si trova unicamente nel collo di chi ce lo sta rovesciando addosso.

Questo meccanismo si chiama PROIEZIONE, ed è considerato un meccanismo di DIFESA (per un approfondimento si rimanda all’articolo “I meccanismi di difesa – Quei garanti della sopravvivenza”). L’uso di questi processi, anche se considerato funzionale per alcuni individui, può avere un impatto significativo sugli scambi relazionali della vita quotidiana. In che modo? E’ possibile evitarli?

Partiamo innazzitutto da che cosa significa PROIEZIONE e come si inserisce all’interno dei MECCANISMI DI DIFESA.

Il termine meccanismo di Difesa ha una connotazione prettamente psicoanalitica; infatti fu un termine coniato da Feud verso la fine dell ‘Ottocento e poi ri-sistematizzato e diffuso in ambito della psicopatologia, della psicologia clinica e cognitiva. Ci sono state diverse sistematizzazioni e classificazioni dei meccanismi di difesa, tra cui la più celebre è quella effettuata da Anna Freud.

Con il termine meccanismo di difesa, ci riferiamo ad un’operazione mentale che avviene in maniera inconsapevole ed è funzionale all’individuo per proteggersi dall’eccessiva ansia causata da ciò che non conosce e non può controllare. I meccanismi di difesa si delineano in un continuum, dai più primitivi e quindi disfunzionali come per esempio la scissione, a quelli più evoluti come ad esempio l’umorismo.

Ma veniamo a noi: che cos’è la proiezione?

Se pensiamo al termine ci può sicuramente venire in mente la proiezione di un film in una sala cinematografica; immaginiamo, quindi, il proiettore come il soggetto da cui parte l’esternazione, e la parete o lo schermo dove viene proiettata la pellicola, la persona oggetto di tale meccanismo.

Con la proiezione vengono attribuiti al mondo esterno o ad altre persone, sentimenti, pensieri e impulsi propri avvertiti come angosciosi, minacciosi; questo consente di alleviare l’angoscia e di sentirsi “assolt*”. Secondo la classificazione tradizionale, la proiezione è considerata uno dei meccanismi più primitivi ed è alla base del pensiero paranoide. Tuttavia, al di là dello sconfinamento nei meandri di quadri più o meno psicopatologici, fare proiezioni sull’altr* avviene più spesso di quanto crediamo anche nella vita quotidiana. Questo, ovviamente, è fonte di impasse nella comunicazione e a volte alimenta relazioni disfunzionali.

Perché la proiezione?

Come l’uso di altri meccanismi di difesa, anche qui interviene il nostro background personale di relazioni e eventi passati; la proiezione ci protegge dal farci sentire in difetto, preserva il nostro ego e mantiene l’ideale di perfezione di noi stessi che ci siamo creati.

Cosa fare?

E’ indubbiamente difficile riuscire a comprendere quando questa viene messa in atto, sia da parte di chi la subisce sia da parte di chi la esercita.

Sicuramente per ambo le parti è necessario un lavoro sulla consapevolezza delle proprie caratteristiche personali, compresi i propri limiti e i propri punti di forza.

Per chi pensa di aver “subito” questo tipo di meccanismo, è necessario non rispondere “a caldo”, quanto piuttosto valutare la situazione “a freddo”; quindi, è fondamentale non accendersi subito ma provare a riconoscere quanto quella reazione può essere reattiva ad una situzione o ad un proprio compartamento. Oppure se si tratta solamente dei “panni sporchi” dell’altr*. A volte dunque si deve necessariamente lasciare correre e capire qual è il momento giusto per provare a far capire all’altro cosa sta avvenendo; il punto di partenza è indubbiamente una consistente consapevolezza rispetto quanto è avvenuto o sta avvenendo.

Per chi mette in atto questo meccanismo le cose si complicano; perché come abbiamo detto molto spesso questo avviene in maniera automatica e incosapevole. Dunque è diffcile saper riconoscere i meccanismi di difesa utilizzati; tuttavia, avvertire che c’è qualcosa di dissonanante rispetto all ambiente in cui si opera potrebbe essere un primo passo. Seguito ovviamente da un percorso di crescita personale come può essere un percorso di psicoterapia.

Il film può continuare a essere proiettato dunque; basta solo scegliere la parete giusta.

Riferimenti Bibliografici:
• Meccanismi di difesa: teoria, valutazione, clinica. Cortina Raffaello 2002.

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