L’inclusione sociale per le persone con disabilità

La disabilità è negli occhi di chi guarda

Cos’è l’Inclusione?

Il tema dell’inclusione è un tema multidisciplinare, fa riferimento alla sfera del lavoro sociale ma anche della pedagogia.


L’inclusione può essere definita anche un problema pedagogico in quanto lo sviluppo di una società inclusiva comporta l’aumento dei livelli di consapevolezza sociale, partecipazione, responsabilità. Fondamentale è l’operato e il lavoro degli educatori professionali, per rieducare la società, attraverso il lavoro con i marginati, disabili, disoccupati, ecc. Per questo il lavoro dell’educatore professionale è complicato e complesso, lavora in contesti di “fragilità” e cerca di “normalizzarli”, per combattere appunto l’esclusione sociale.

Gli emarginati

I soggetti emarginati, esclusi, sono vittime di pregiudizi, quindi false opinioni, che portano il soggetto ad essere escluso e a credere che quel pregiudizio sia vero. La società quindi deve educare al cambiamento, a cambiare visione e a portare i soggetti emarginati al miglioramento. Esempio è Stephen Hawking, nonostante la disabilità, impedimenti motori e linguistici è diventato uno scienziato, un grande uomo; non si è arenato e arreso.
Una categoria di persone fragili, emarginati, possono essere i malati psichiatrici, i così detti “folli”; coloro che venivano nascosti alla società, ci si vergognava di loro perché “diversi dalla maggioranza”.

Strutture di inclusione/esclusione

Se nel ‘700 sono nati gli ospedali di internamento, edifici per soggetti che disturbavano la società, la sicurezza pubblica, non collaboravano con il loro lavoro; e quindi i soggetti emarginati venivano abbandonati perché ritenuti inutili; successivamente si è passati alla nascita del manicomio, come luogo per malati psichici ma guaribili, come sostenne lo psichiatra Pinel; fino al 1900, secolo fondamentale per la psichiatria. In questo periodo si ha il contributo di Freud che parla finalmente di riabilitazione psichiatrica, di relazione medico-paziente come strumento di aiuto per i malati, non si parla più di malattia come situazione e condizione da nascondere; e contributo fondamentale si è avuto da Basaglia: il 13 maggio 1978 vengono chiusi definitivamente i manicomi. Si attua il progetto di recovery, vengono aperti i centri diurni, si ha un riassetto dell’area psichiatrica, nasce il progetto di salute mentale e l’apertura del CSM (centro di salute mentale) e ci si rende conto del ruolo fondamentale degli operatori sociali e professionali nel campo della disabilità, ovvero devono provvedere all’inclusione e inserimento sociale dei soggetti malati.
Questo scenario storico ci permette di rapportarci alla disabilità in due modi diversi: possiamo considerare il soggetto malato e, quindi, con menomazioni di tipo sensoriale, psichico o fisico oppure considerare il soggetto come un pari, con capacità e condizioni diverse dalle nostre.

Gli interventi

Il ruolo dell’assistente sociale e di educatori professionali è di mettere in atto politiche di inclusione.

Si sono fatti molti passi avanti a livello legislativo e sociale. Nel 1991 sono nate le cooperative sociali, che devono dare lavoro ai disabili, nascono le associazioni e gruppi di auto/mutuo aiuto per i familiari di soggetti con disabilità.
Un progetto di inclusione con soggetti disabili, potrebbe essere un laboratorio di artigianato e di pittura all’interno di una cooperativa sociale. Creando prodotti e oggetti i ragazzi si sentirebbero già produttori, si renderebbero conto di saper creare e produrre, poi vendendo i prodotti da loro creati e devolvendo il ricavato in beneficienza, si sentirebbero parte attiva e integrante della realtà in cui lavorano, si sentirebbero ancora più utili. Non si tratta di un semplice inserimento lavorativo, bensì di inclusione; i soggetti vengono considerati lavoratori e come tali producono, creano. Lo stesso principio è valido per l’orto solidale; affidando dei pezzi di terreno, di orto, ai ragazzi, rendendoli “giardinieri”, oltre ad imparare un lavoro, svilupperebbero nuove capacità, svilupperebbero il lavoro manuale, vedrebbero i risultati del loro lavoro.
Ci sono associazioni che propongono attività teatrali per disabili. Questo progetto favorisce lo sviluppo dell’empatia, il mettersi nei panni degli altri, la condivisione, il prendere consapevolezza delle proprie emozioni, ma anche esercitare la memoria, il linguaggio.
Vi sono anche laboratori artigianali della tradizione dolciaria territoriale, che promuovono l’inclusione lavorativa di persone diversamente abili ma anche immigrati, persone in difficoltà nel trovare un lavoro. All’interno del laboratorio, i ragazzi producono dolci e prodotti tipici, li producono, confezionano, e sono loro stessi alla vendita al pubblico all’interno del loro negozio e anche ai mercatini di Natale nel paese e nei paesi limitrofi.
Nel 2016 è stata approvata la legge “Dopo di Noi”, un progetto per i disabili al fine di favorire l’inclusione sociale e l’autonomia nel momento in cui si verifica la scomparsa dei genitori o dei familiari più prossimi.
Crescere e assistere parenti disabili non è facile, è un lavoro che comporta una stanchezza fisica e mentale, porta a mettersi in discussione (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo “Prendersi Cura – il familiare con demenza e il carico assistenziale“) ; per questo i gruppi di auto/mutuo aiuto – i gruppi AMA – possono risultare molto utili a far sentire i caregiver meno soli; questi gruppi permettono anche di chiedere aiuto, di condividere dolori, gioie ed esperienze.

Si sono fatti passi avanti nel corso della storia, da le “classi degli asini” e i manicomi, ora i disabili lavorano, sono autonomi nella quotidianità e anche a livello economico, sono produttori di beni utili; quindi sempre molto attuale è la citazione “la disabilità è solo negli occhi di chi guarda”.

Dott.ssa Marianna Fiorentino

Assistente Sociale – Vincitrice del Contest “We Want You” per il mese di Marzo 2022

Mail. mariannafiorentino5@gmail.com

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