Sul pensiero di Bion
Il sogno come esperienza del Sè

Lo studio di Bion è stato, per me, tanto complesso quanto entusiasmante. Per poter realmente comprendere il suo pensiero, ho dovuto metterlo in pratica nel momento stesso in cui scorrevo la lettura dei suoi libri.

È stato sorprendente quando ho compreso che dovevo mettere da parte la mia vorace voglia di una conclusione satura, per poter accedere realmente all’ignoto e al dubbio come elementi essenziali per una reale conoscenza (K) ed una trasformazione di essa in esperienza (O). Ho quindi provato sulla mia pelle (quella psichica) la sgradevole sensazione di un’angoscia nata dalla scomposizione dei mie costrutti, per crearne di nuovi e più maturi: trovare, nel suo pensiero, delle risposte a dei problemi che paradossalmente erano sorti dal suo studio.

Inoltre, proprio quando, preso dal mio entusiasmo, decisi di divenire “bioniano”, ecco che lui prontamente in “Seminari Tavistock” (2007) incentiva chi verrà dopo di lui a confutare le sue teorie o a far evolvere, verso un’O infinito, il suo pensiero, tale da crearne uno proprio.

Non a caso tutte le sue teorie e i suoi costrutti sono elementi insaturi: crea e individua nuovi termini senza darne definizioni certe che potessero saturarli, ma piuttosto li dona alle generazioni future, affinché potessero utilizzarli come la chiave della città in grado di aprire tutte le porte.

È proprio attraverso l’insaturità che elementi come il mito possono muoversi transgenerazionalmente. Se così non fosse, il mito diverrebbe un segreto o un tabù, immobilizzando il filone scientifico transgenerazionale, come è successo per lungo tempo alla psicoanalisi freudiana.

L’insaturità, quindi, è l’espressione massima che potrebbe contenere tutti gli elementi del suo pensiero: in essa la funzione alfa (ossia la capacità di pensare i pensieri) è libera di trasformare elementi beta (ossia gli elementi grezzi della realtà circostante, come gli stimoli estero e propriocettivi) in elementi alfa (elementi sensitivi, ossia carichi di attributi emotivi) e le sequenze di elementi alfa possono subire numerose trasformazioni attraverso un continuo passaggio da PS ( destrutturazione)  ↔ D ( integrazione), permettendo un’evoluzione in O.

A differenza di Freud, che si preoccupò di analizzare il pensiero e le varie istanze disposte in uno spazio mentale, Bion concentra la sua attenzione sull’apparato per pensare i pensieri e, di seguito, anche quella per sognare i sogni.

Egli nominò tale apparato con il termine di funzione alfa. Essa viene introiettata dal neonato, attraverso la buona rêverie della madre: mediante l’identificazione proiettiva il neonato assimila la funzione alfa della madre, dopo averle per lungo tempo proiettato, nel contenitore materno, elementi beta e ricevuto elementi alfa. La sua principale funzione è, appunto, quella di elaborare gli elementi beta, trasformandoli in elementi alfa. La proprietà di quest’ultimi è quella di potersi legare, interagire, dissociare e creare nuove connessioni più evolute tra loro, a differenza degli elementi beta che risultano indigeribili e inutili per l’evoluzione del pensiero ( gli elementi beta sono intesi come fatti della realtà incontrovertibili, mentre gli elementi alfa sono intesi come esperienze psichiche ed emotive della realtà vissuta).

Gli elementi alfa, mediante la loro sequenza che costituisce la barriera di contatto, andranno a formare la struttura dell’apparato psichico, permettendo un fluido interscambio e una continua reversibilità e transazionalità tra conscio e inconscio e non una rigida suddivisione, come teorizzato da Freud.

Questa continua trasformazione di esperienza emotiva in elementi alfa avviene sia nella veglia che nel sonno dell’individuo. Quindi, poiché la funzione alfa elabora tutti i dati sensoriali, il sonno e la veglia non differiscono più qualitativamente, comprendendo come gli elementi alfa possano costituire i tasselli essenziali per la creazione del sogno e del mito.

Anche durante il sonno, l’esperienze emotive percepite devono essere elaborate e mutate in pensieri onirici per dar vita al sogno. Pertanto la funzione alfa, disponendo in sequenza i pensieri onirici (ossia gli elementi alfa, prettamente di tipo visivo), crea la sequenza di un racconto che si manifesterà attraverso il sogno. Da ciò comprendiamo come i pensieri onirici siano attivi durante lo stato di veglia, permettendo all’individuo di poter “sognare” un’esperienza anche da sveglio (Bion, 1962).

Il sogno, essendo il prodotto della continua condensazione degli elementi alfa, costituisce la barriera di contatto tra inconscio e conscio. Quest’ultimi sono in continuo processo di formazione, poiché la funzione alfa elabora costantemente elementi beta in elementi alfa e pensieri onirici, costituendo e modificando continuamente la barriera di contatto.

Il sogno, quindi, non viene più inteso come travestimento di contenuto inconscio, ma come strumento conoscitivo per poter accedere alla barriera di contatto. Successivamente, Bion si concentra su coloro che “non sono in grado di sognare”. L’incapacità di sognare può dipendere da un improvviso blocco della funzione alfa, dipeso da un trauma, o dalla sua mancata introiezione.

Nel primo caso, molto comune nei pazienti psicosomatici e carattereopatici, non vi è più la trasformazione degli elementi indigeribili. Essi vengono evacuati sul corpo o attraverso acting out, poiché si è impossibilitati a sognare, e quindi digerire, tali elementi.

Nel secondo caso, quello degli psicotici, vi è stata una mancata introiezione della funzione alfa (dovuto alla mancanza di una buona rêverie che accogliesse l’invidia e gli elementi distruttivi del neonato), che ha portato l’individuo ad utilizzare meccanismi primitivi, come la scissione e la proiezione, per evacuare mediante allucinazioni o deliri gli elementi beta incistati nella sua mente. Di conseguenza si crea uno schermo beta che tende a sostituire la barriera di contatto (il sogno).

Lo schermo beta è composto da “cose inanimate”, impedendo un contatto tra la realtà e le proprie impressioni, tra conscio e inconscio.

Il sogno, quindi, non viene più considerato come il prodotto del lavoro inconscio della censura, ma come prodotto e, al tempo stesso, funzione digerente di esperienze emotive in elementi pensabili e, soprattutto, rappresentabili in un pensiero onirico.

L’analisi permette al paziente di introiettare la funzione alfa dell’analista, laddove non era stato in grado di farlo dai propri caregiver.

Per permettere un evoluzione (in O) del paziente, l’analista deve cercare di rendere inconscio ciò che, durante la seduta, è conscia: interiorizzare ad un livello più profondo elementi alfa trasformati dall’analista per permettere, col tempo al paziente di introiettare la capacità di pensare i propri pensieri.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti

(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per Approfondire:

Bion, W., 1962, Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma, 1972​

Bion W. R., 1970, Attenzione e interpretazione. Una prospettiva scientifica sulla psicoanalisi e sui gruppi, Armando, Roma, 1973

Bion, W., 2007, Seminari Tavistock, Borla, Roma.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Contattaci

Newsletter


Seguici


I contenuti presenti sul blog "ilsigarodifreud.com" dei quali sono autori i proprietari del sito non possono essere copiati,riprodotti,pubblicati o redistribuiti perché appartenenti agli autori stessi.  E’ vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.  E’ vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dagli autori.


Copyright © 2010 - 2022 ilsigarodifreud.it by Giulia Radi. All rights reserved - Privacy Policy - Design by Cali Agency