Mangiare per essere. L’esperienza emozionale e relazionale nella Bulimia Nervosa
Abbuffate e condotte compensatorie, 1 volta alla settimana negli ultimi tre mesi.
Per uno studente di psicologia che si approccia ad un esame di psicopatologia o di clinica psichiatrica potrebbero bastare queste banali e spoglie parole per configurare, almeno schematicamente, il quadro della Bulimia Nervosa (per un ulteriore approfondimento si rimanda all’articolo Bulimia Nervosa- una fame da Bue). In realtà la dimensione esperenziale e il vissuto delle persone che ne soffrono viaggiano su itinerari ben più complessi e tortuosi, non sempre agili da percorrere.
La Bulimia Nervosa è un disturbo psicopatologico inquadrato nello spettro dei cosiddetti Disturbi del Comportamento Alimentare, come avrete agilmente intuito; non è questa la sede di disquisizione sulle caratteristiche diagnostiche o squisitamente legate ad una psicopatologia descrittiva, ma piuttosto un piccolo spazio per riflettere sull’esperienza emotiva e relazionale del paziente affetto da questa psicopatologia, affare ben più delicato.
Chi legge i miei articoli da un po’, avrà intuito, che non amo generalizzare la manifestazione sintomatologica ma ricondurla all’esperienza del singolo; quindi la mia premessa, forse banale, è che ogni abbuffata è legata al vissuto della persona in quel preciso arco temporale in cui è posta in atto. Tuttavia, al di là delle singole esperienze in relazione al sintomo, il mio intento è quello di riflettere sul vissuto che è celato dietro la sintomatologia di questo disturbo.
Qual è la gamma emotiva propria della persona che si abbuffa? Che legame c’è tra emozioni, corporeità, e cibo? Come è visto l’altro? Lo so, sono domande di una certa portata e proverò in tutti i modi a non banalizzare l’ardua questione.
La premessa di fondo è che i pazienti affetti da DCA, sono focalizzati sull’ altro, in particolar modo se è un altro significativo, di riferimento. Se nell’Anoressia l’Altro è visto come una persona da cui demarcarsi e lo spettro sintomatologico è improntato su questo, la persona con Bulimia Nervosa guarda l’altro come una fonte di giudizio e di valutazione, è un l’altro che determina il proprio valore. E’ qui che entra in scena il corpo e la gamma emozionale; infatti, la svalutazione o comunque il giudizio, vengono riferite quasi automaticamente alle forme corporee. Detto in altri termini, l’emozione è troppo intensa ed è in qualche modo “scaricata” sul corpo che si fa portatore del disagio; la manipolazione corporea avviene appunto tramite le condotte cicliche di abbuffate e compensazione. Nel calderone emozionale di queste persone troviamo: tristezza, paura, stress, rabbia, disappunto, solitudine, vuoto e noia (a questo proposito si rimanda all’articolo (Obesità e Bulimia-possibili declinazioni del vuoto); che sono tutte sfaccettature emozionali che rimandano sempre ad un? alterità, al confronto con l’altro.
Ma torniamo al corpo. Questo è, infatti, il bersaglio finale del confronto con l’altro; ovvero una disconferma anche se avviene in un ambito completamente diverso ( mettiamo lavorativo), viene comunque riferita alle forme corporee che sono manipolate. Infatti, la sintonizzazione e la polarizzazione sul canale fisico tramite le abbuffate e le relative condotte di compenso, permette di generare un’attivazione viscerale intensa che ridimensiona l’attivazione emotiva, che così è in qualche misura controllata. Molte volte infatti, viene riferito, che durante l’abbuffata si ha sensazione di perdita di controllo, di perdita del focus attentivo; capite bene che in questo modo si viene distolti pure da quel livello emozionale troppo alto e dissonante.
La condotta bulimica viene usata come un telecomando per abbassare questo volume. Mangio per essere, ovvero con l’abbuffata e la relativa condotta compensatoria l’individuo tenta a risintonizzarsi su di sè, cercando di ristabilizzarsi su un range di equilibrio.
Questa è un po’ una ricostruzione, spero non banale, del caleidoscopico mondo emozionale della Bulimia Nervosa. Tuttavia anche questa volta non è finita qui. Perché tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare; ovvero l’unicità del vissuto di cui la persona è portatrice.
Psicologa e Psicoterapeuta in formazione a Perugia
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Per Approfondire
Arciero, Bondolfi; SE’, IDENTITA’ E STILI DI PERSONALITA’, 2012.