Di generazione in generazione. La trasmissione umana
“Ho gli occhi di mio padre e il corpo di mia madre.” (F. Kahlo)
In questo articolo ho intenzione di porre l’accento sulla trasmissione intergenerazionale come questione antropologica nel senso di specificità umana ma soprattutto sulla trasmissione di natura psichica di generazione in generazione.
Gli essere umani necessitano di una lunga maturazione biologica di pari passo a quella psichica per ricrearsi anche loro, come i propri genitori e ancor prima nonni e bisnonni, un proprio nucleo familiare investito inevitabilmente di proiezioni e desideri antichi.
Lo sviluppo psichico ha luogo in contesto di cura in cui i caregivers (mamma e papà) si occupano della progenie. Il bambino apprende durante l’infanzia e le successive fasi della sua esistenza mediante i processi di simbolizzazione e la trasmissione del sapere che avvengono attraverso un linguaggio non verbale e verbale.
La trasmissione dell’eredità dei vissuti, lutti, traumi, desideri, modi di pensare, investimenti, ideali dell’Io, alleanza inconsce, Super-Io, regole investimenti, non rappresenta esclusivamente dunque un processo biologico che ha come obiettivo la sopravvivenza della specie e da qui l’importanza della formazione e coesione del gruppo per garantire la conservazione della specie, ma è altresì psichica. Ovvero è una funzione che ha a che vedere con il concetto di progettualità e di continuità di alcune fantasie intergenerazionali che impediscono la mortalità di quello specifico gruppo della specie umana.
Sono esigenze di tradizione che devono trovarsi in bilancio con le esigenze di innovazione da cui si forma la capacità dell’individuo di individualizzarsi e diversificarsi lasciano spazio alla creatività personale e alla soggettivazione da cui deriva una identificazione di genere definita e scelta in maniera sana, definita e non sofferta.
Così il singolo acquista la sua soggettività prendendo prima posto nell’insieme generazionale per poi ricrearsi un suo luogo sicuro ma allo stesso tempo incerto scorporandosi dalla famiglia originaria per andare verso il futuro dell’individualizzazione. Ma allo stesso tempoquell’insieme generazionale assicura la continuità non solo della specie ma anche dell’esistenza confinata del nuovo soggetto in divenire, che porta con sé dei segni di riconoscimento propri di quel gruppo di appartenenza. Quell’individuo diviene un soggetto che è stato generato e che può a sua volta generare.
Frida Kahlo dipinge un quadro intitolato “I miei nonni, i miei genitori e io” con l’intento di rappresentare il suo albero genealogico e la sua nascita.
Nel dipinto i personaggi della sua famiglia sono legati elegantemente da un nastro rosso che lei nuda e bambina mantiene. Frida fa un autoritratto di sé all’età di due anni spogliata e in piedi nel cortile della sua abitazione.
L’immagine può essere pittorica, fotografica ed onirica ma è sempre evocativa di un sogno ma al tempo stesso è un precipitato di realtà in quanto suscita emozioni reali e stimola la curiosità.
L’immagine, come quella del dipinto in questione, rappresenta una realtà ma è anche un insieme di simboli che possiamo interpretare accedendo alla nostra creatività.
Frida da bambina tiene in mano un nastro rosso che va a rappresentare i legami di sangue, come il colore scelto per tale oggetto che tende ad andare verso l’altro come se fosse un palloncino della cui aria viene respirata dai suoi familiari, grazie alla quale alcuni di loro sono ancora in vita in quanto vi è la trasmissione del ricordo.
I genitori sono situati dietro di lei e sono i personaggi di dimensioni più elevate rispetto agli altri e sé stessa. Frida li rappresenta di nuovo prendendo ispirazione da una foto del loro matrimonio, come possiamo evincere dagli abiti indossati.
Dietro di loro vi sono i nonni materni e paterni di Frida.
Nel quadro i genitori sembrano fare da ponte tra il passato e il presente. Lei rappresenta l’attualità e si pone al centro della famiglia in posizione eretta e osservatrice, con il petto verso il futuro ma lo sguardo che guarda anche al passato.
Sullo sfondo sono disegnate piante grasse e forti, probabilmente simbolo della sua personalità strutturata ma anche sofferente in un corpo traumatizzato e stanco tanto che uno spermatozoo, quindi la vita rimane vagante e in solitudine.
Interessante è la rappresentazione della figura materna in gestazione: la madre viene dipinta con un feto rosa dentro di lei. Frida evidenzia l’inquietudine di ogni donna che ha a che fare con l’identificazione con la figura materna. Dunque quel feto potrebbe essere lei ma anche il simbolo della sua gravidanza: di quei feti mai nati che hanno segnato la sua esistenza. Trauma che ha permesso l’identificazione di molte donne con il suo personaggio, nel tentativo di elaborare la maternità mancata. Forse il quadro ci sta comunicando le emozioni legate ad una sofferenza per un sogno infranto, un sogno spesso non proprio individuale ma dal sapore intergenerazionale.
Perché una donna vivrà spesso nell’inquietudine all’interno del processo identificativo con il materno, sia che senta il desiderio di o scopra il non desiderio di maternità.
Un bambino che nasce rimette in circolo il processo di trasmissione intergenerazionale, il ricordo ma anche il rimosso. Dunque è un compito difficile, durante tutta l’esistenza, comprendere quali modelli comportamentali vengono inconsciamente trasmessi e le trasformazioni nuove che la famiglia subisce grazie agli eventi della vita che mettono in discussione antichi miti e modalità di azione e di pensiero che devono essere ripensati e rivisitati per accogliere e accedere al cambiamento.
Infatti si trasmettono processi e legami tra oggetti ma anche un apparato per pensare i pensieri: i genitori accolgono il bambino, prima di lui il fantasma del bambino stesso in quanto quest’ultimo viene prima pensato, immaginato ed idealizzato. In seguito a questo processo il nascituro si appropria gradualmente dei propri desideri e della sua soggettività.
La psicopatologia nasce da una patologica trasmissione psichica che mette l’individuo in una situazione imposta che limita la sua libertà di espressione: i meccanismi di proiezione non subiscono alcun ritiro ma prevalgono sulla personalità dell’individuo il cui apparato psichico non può divenire soggettivo e non può accedere alla possibilità di pensare i pensieri.
Spesso è il caso in cui il bambino è destinato a catalizzare il male e farsi carico dei traumi non elaborati insiti nella storia familiare. I contenuti non elaborati vengono trasmessi violentemente di generazione in generazione tanto che non si può più parlare di processo, piuttosto di deposito sull’alto di oggetti non pensabili. In questo caso si parla di patologia psichica che aliena l’individuo il quale perde la capacità di sognare, innovare, creare cosicché va a disintegrarsi la sua abilità di divenire.
“Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.” (F. Kahlo)
Thomas H. Ogden, psicoanalista e scrittore di San Francisco, parla del sogno come atto creativo che si produce tra il preconscio e l’inconscio. Esso costituisce il nucleo di ciò che per un essere umano sigifica essere vivo. L’esperienza del sogno è gioco e creatività, fascino e intelligenza.
Un luogo disordinato dove sognare e comprendere i collegamenti tra la scena onirica permette alle emozioni di accedere alla coscienza e mettere un pò di ordine alla vita psichica.
Chissà se Frida, attraverso la rappresentazione della sua realtà familiare messa in scena utilizzando l’arte pittorica ma anche la scrittura, abbia tentato di mettere un pò in ordine quel caos di dolore e inquetudine della sua vita interiore, regalandoci così la sua arte ma anche i suoi sogni ai quali possiamo accedere attraverso la sua creatività e il suo simbolismo individuale ma anche transgenerazionale.
Riceve su appuntamento a Roma e
Email: ilariapellegrini85@gmail.com
Per approfondire:
“Generi e generazioni”. Centro Psicoanalitico di Roma, Società Psicoanalitica Italiana
“Relazioni d’amore”. O. Kernberg
“Frida. Una biografia di Frida Kahlo”. H. Herrera
“Conversazioni al confine del sogno”. T. Ogden