Pollicino: un percorso di crescita.
Avere fiducia di potercela fare anche nelle situazioni più complesse
“Non è forte colui che non cade mai, ma colui che cadendo si rialza”.
J. Wolfgang von Goethe
Le fiabe sono una traccia educativa che aiutano i bambini ad avviarsi sulla strada della vita, insegnando loro le grandi trame dell’esistenza, sulle quali comincia a disegnarsi l’anima. Pongono questioni semplici ma fondanti, che lavorano sull’inconscio di ognuno, creando identità morali e modelli di comportamento. Le fiabe sono importanti perché offrono una risposta non esplicita ma simbolica al senso della vita, e questo linguaggio mediato è proprio ciò che permette il collegamento tra l’aspetto emozionale e razionalità: attraverso le fiabe i bambini hanno una prima consapevolezza del loro mondo emotivo, perché essere personificano e danno voce a sentimenti e conflitti interiori non facilmente esprimibili. Secondo Jung le fiabe sono “l’espressione più pura dei processi psichici dell’inconscio collettivo e rappresentano gli archetipi in forma semplice e concisa” (Per un maggiore approfondimento si rimanda all’articolo La funzione psicologica della fiaba – Il regno del proprio inconscio).
Pollicino è una fiaba nata dalla penna dello scrittore francese Charles Perrault, pubblicata alla fine del 1600, nella quale vengono narrate le avventure e le disavventure del suo omonimo protagonista, Pollicino.
La miseria e la carestia regnavano nel paese. Un boscaiolo e sua moglie, non avendo più di che sfamare i loro sette figli, decidono di abbandonarli nel bosco. Il più piccolo dei fratelli, Pollicino, avendo udito per caso la conversazione dei genitori, si riempie le tasche di sassolini bianchi. Il giorno dopo, quando i genitori conducono i figli nella foresta con una scusa, Pollicino lascia cadere i sassolini dietro di sé; seguendo questa traccia riesce a riportare i fratelli a casa. Il giorno dopo la cosa si ripete, ma questa volta Pollicino ha a disposizione, per segnare il sentiero, solo briciole di pane, che vengono mangiate dagli uccelli. I sette fratellini, perduti nel bosco, chiedono ospitalità in uno stupendo palazzo. La padrona di casa decide di accoglierli ma li avverte che il marito è un Orco che mangia i bambini, e nasconde i sette fratelli con cura per proteggerli. Quando il marito rientra, però, sente odore di “carne fresca” e presto scopre gli intrusi, decidendo di mangiali il giorno dopo. Nottetempo Pollicino e i suoi fuggono. La mattina dopo, l’Orco, avendo scoperto la fuga, indossa gli stivali delle sette leghe per raggiungere i bambini in fuga. Anche questa volta Pollicino lo supera in furbizia; aspettando che l’Orco si addormenti, gli ruba gli stivali e si mette al servizio del Re, diventando il suo corriere. Guadagna tanto e torna con i suoi fratelli dal padre e dalla madre con denaro sufficiente a liberarli per sempre dalla fame.
Se è vero che le prime relazioni interpersonali sono improntate alla vicinanza, dovuta alla presenza fin dalla nascita di emozioni positive delegate alla costruzione del legame di attaccamento, è altrettanto osservabile come si scatenino emozioni che invece tendono all’allontanamento. Come istinti primordiali, le paure sono insite nell’uomo sin dalla nascita e la paura dell’abbandono è forse la prima cosa che impariamo nella vita. La storia di Pollicino è la storia di ognuno di noi. È un momento di passaggio cruciale verso la conquista di una prima emancipazione, un’autonomia verso la quale il bambino da una parte tende, dall’altra prova una profonda riluttanza. Nella fiaba questa dinamica è resa perfettamente: Pollicino vorrebbe restare a casa ma non ci sono le risorse, deve trovarle altrove contando sulle proprie forze; deve attuare un cambiamento interiore e comprendere quale siano le scelte migliori per poter superare le sue terribili condizioni. Per Jung l’individuazione è quello che ognuno di noi è chiamato a fare al fine di sviluppare la propria personalità individuale, e differenziarsi dagli altri, diventando unico. Il processo di individuazione è il fine stesso dell’esistenza. Si comincia a crescere quando si diventa responsabili e la difficoltà è una condizione necessaria, non è un ostacolo ma una occasione. La vita è un continuo processo di emancipazione a cui siamo costretti per necessità. L’avventura consiste nel confrontarsi con le proprie paure e trovare una via d’uscita. La ricchezza di Pollicino è simbolo della nuova consapevolezza raggiunta, il tesoro dell’Orco è il nutrimento della psiche. Solo ora, Pollicino può tornare a casa, dopo un’avventura che lo ha emancipato, reso libero, separato dai genitori, non più fuso con loro ma pronto a rincontrarli da un piano diverso e più maturo. Il piccolo bambino della storia di Perrault rappresenta il coraggio, l’indipendenza, l’uso dell’intelligenza, la capacità di lottare contro i nemici sempre più agguerriti, una lotta fondata sulla resilienza che consente di migliorare il proprio destino. La fiaba è una metafora dell’esperienza umana. Pollicino è una fiaba che parte dalla mancanza: la denutrizione dell’anima e l’abbandono, si prosegue con la minaccia, il divoramento da parte del Male travestito dal Bene e si finisce con la liberazione e l’autonomia del piccolo protagonista. Pollicino è un invito a diventare grandi senza paura, o meglio, a dar voce a quella paura sana in ogni distacco e necessaria a trovare la strada nei momenti in cui tutto sembra troppo difficile. E così imparare la fiducia di potercela fare.
Come nella vita, le fiabe raccontano un percorso di crescita, un processo di individuazione pieno di difficoltà. Per questo, al di là della magia di cui sono cariche, le fiabe indicano lo sviluppo della capacità di elaborare ipotesi e risolvere problemi, avendo una grande qualità di favorire il processo etico- valoriale.
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Per Approfondire:
Cambi F., Landi S., Rossi G., L’immagine della società nella fiaba. Armando Editore, Roma, 2008.
J. C. Jung, Tipi Psicologici. Bollati Boringhieri, 2011
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