Non riuscire ad addormentarsi. Sai stare ad occhi chiusi?

Ci sono quelle notti dove con gli occhi spalancati, non ci si riesce ad addormentare in nessun modo. Eppure è tardi, si ha la consapevolezza di doversi alzare la mattina dopo. C’è qualcosa nella notte che ci sveglia, soprattutto nel momento di dormire e sembra così assurdo visto che ci si è sentiti stanchi per tutta la giornata. Sarà il richiamo della luna a renderci elettrici? In realtà, siamo in pigiama supini sul letto con l’acqua sul comodino, sembra esserci davvero tutto per affrontare la grande avventura del sonno. Ma continua ad esserci un’assenza. Cosa ci tiene in allerta?

Ci sono quelle notti dove il corpo è rigido, non si distende, non riesce a lasciarsi andare. Eppure non c’è niente di particolare che ci ha turbato negli ultimi giorni, la vita sembra essere quella di sempre. A partire dal collo, non aiuta il cuscino nuovo, c’è quel punto a destra vicino alla spalla che è dolorante e l’attenzione viene catturata da ogni dolore intercostale, da ogni tensione della mandibola. Si dice che ognuno di noi ha un lato più oscuro nel senso che è buio e quindi meno conosciuto e quindi potenzialmente spaventoso. Non sarà che il buio della notte richiama il buio interiore? Buio con buio crea un’immersione nel nostro Sé più inesplorato. Certo è che questo silenzio e questo buio che dovrebbero rilassarci ci mettono in contatto col vuoto.

Si prova paura la notte. I bambini ci insegnano che il buio potrebbe nascondere “strane sorprese”, i mostri potrebbero infatti presentarsi da un momento all’altro e ci si potrebbe ritrovare sprovvisti di armi per affrontarli per bene. Come usare il nostro vecchio caro scudo protettivo al buio? Non si saprebbe certo da che lato direzionarlo. I bambini raccontano storie di paura molto interessanti legate alla notte e con questi racconti ci regalano generosamente delle parti intime delle loro esperienze affettive, a volte travagliate. La capacità di affrontare la notte sta nella possibilità di credere che è possibile lasciarsi andare perché si è in una rete sociale stabile e funzionale (…che a volte coincide con la famiglia) e che quindi c’è “qualcosa” che ci saprà proteggere perché è sempre stato così. Nei casi di sicurezza dell’attaccamento come questi, dove in base a delle esperienze di accudimento efficaci si sviluppano queste mappe del mondo automatiche nella mente, mettersi a letto può trasformarsi in possibili sensazioni di una paura gestibile che si sa trosformare anche in vissuti positivi come il sentirsi avvolti nella coperta morbida che scalda e proiettati nel mondo del sogno che può acquisire un valore creativo.

Durante la notte l’adulto si dimentica che è stato bambino ma è costretto a ricordare, nel silenzio, che ha un lato più oscuro. Di certo è più difficile raccontarsi bugie emotive nell’immobilismo fisico dello stare a letto dove non ci sono distrattori esterni e la macchina della quotidianità è spenta. Arriva per tutti il momento di spegnere la lucetta artificiale e stare cuore a cuore nel nero. Un giovane uomo mi raccontava che quando chiude gli occhi vede delle ombre che lo disturbano  tenendolo in allerta. Alla domanda se ha dei pensieri o se prova delle emozioni che lo ostacolano a dormire la risposta è semplice e meccanica: “non posso dormire perché si dorme con gli occhi chiusi e ad occhi chiusi vedo delle sfumature sullo sfondo nero che mi disturbano”. Dopo diverso tempo ha associato a questo suo essere attento ad ogni sfumatura delle cose un atteggiamento che aveva da bambino, che non ricordava più, nei confronti dell’imprevedibile padre aggressivo.

Lasciarsi andare sembra essere apparentemente un momento positivo, qualcosa di liberatorio e facile da fare. Eppure può rappresentare per qualcuno una sfida più grande di riuscire a svolgere una mansione lavorativa nuovissima e difficilissima sulla carta. In fondo per lasciarsi andare non c’è un libretto delle istruzioni che se ti studi con impegno sei in grado di comprendere, se non hai avuto la fortuna di sentirti sorretto da bambino, da un adulto che ha rappresentato un porto sicuro, è difficile averne in testa un modello per poterlo replicare. Oggi si parla tanto di mentalizzazione degli stati interni, ma anche di meditazione e di esercizi di visualizzazione mentale: laddove non ho avuto questo tipo di esperienza protettiva provo ad essere io stesso l’adulto che fa sentire all’io bambino che è sostenuto in modo da potersi abbandonare al riposo. Penso che questo passaggio sia rappresentativo dello svincolo di un giovane adulto che esce da casa oppure dell’entrata all’età adulta in generale. Non ci sarà più la mamma che mi capisce e mi aiuta a capirmi ma ci sarò io capace di attivare le risorse necessarie interne ed esterne per poter riflettere sui miei stati, gestirli e con un po’ di fortuna… abbracciarmi. Questo è ancora più faticoso quando questo modello di esperienze di accudimento non è stato ricevuto e va costruito da zero o comunque da pochi riferimenti passati a cui attingere nelle mente. Un atteggiamento rilassato si può raggiungere quando ci si sente sufficientemente al sicuro e con degli strumenti per confrontarsi con l’oscurità qualunque essa sia.  In questo contesto risulta fondamentale la presenza nella mente di rappresentazioni relazionali affettive passate (se ricevute) o presenti (nuove, co-costruite) che restituiscono una sensazione di appartenenza e quindi… di libertà di concedersi un bel sonno.

Dott.ssa Clarissa Cavallina

Riceve su appuntamento a  Roma

cell. 3332492898

email: clarissa.cavallina@gmail.com

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