Fare vuoto per pensare. La meditazione

Se tengo una penna a un centimetro dai miei occhi, ciò che questi vedranno sarà una macchia informe del colore della stessa. Non appena l’allontanerò a una distanza oculista-friendly riuscirò senza alcuno sforzo ad avere una visione d’insieme dell’oggetto.

Questo è il medesimo meccanismo per il quale quando mi trovo dentro una situazione è come se avessi una penna troppo vicina agli occhi da risultare una macchia informe, mentre se nella medesima situazione fosse coinvolto qualcuno di mia conoscenza, riuscirei ad avere una chiara visione d’insieme.

Ciò significa forse che non posso in alcun modo vedere una situazione che mi coinvolge personalmente in maniera chiara? Tutt’altro. È possibile allontanare la penna dagli occhi anche quando quello è il suo posto, ma è necessario un costante esercizio per allenare questa abilità.

Vi è mai capitato di avere un’intuizione sulla vostra vita nella fase di dormiveglia?

Vi è mai capitato durante un viaggio in aereo in treno o in autobus o in blablacar di osservare il panorama fuori dal finestrino scorrere veloce, e di avere la stessa sensazione con la vostra vita?

Di avere, in momenti inaspettati, un’intuizione sulla direzione della nostra vita, sulle sue dinamiche, chiarezza su una relazione nella quale siete coinvolti, su una decisione che da tempo dovevate prendere?

Certamente la nevrotica frenesia della nostra società occidentale, il consumismo, l’efficienza, la necessità di dover riempire ogni momento, ogni spazio vuoto della nostra giornata e più in generale della nostra vita, ostacolano l’osservazione distaccata dello scorrere della nostra vita dal finestrino.

Eppure quel momento in cui molliamo il controllo è quello che permette al panorama di riorganizzarsi, di prendere una nuova forma, dal disordine all’ordine (per un approfondimento, si rimanda all’articolo della rivista “L’insight – Di come il caos diventa ordine”), dal caos alla creatività (Per un approfondimento, si rimanda all’articolo della rivista “Imprescindibilità del caos – Elogio delle trasformazioni”), cosicchè poi io possa osservare il mio film scorrere insieme al panorama. 

I monaci buddhisti raggiungono questo stato di allontanamento dalle cose del quotidiano, di “svuotamento” della mente, attraverso una disciplinata costante e metodica pratica di meditazione.

Se la società occidentale ha una visione del tempo lineare ed è continuamente proiettata verso l’estremo destro di questa linea del tempo, verso il futuro, la società orientale invece ha una visione circolare del tempo, che quindi porta l’essere umano a non vivere nella costante pressione verso un avanzamento, quanto in una comprensione del percorso che tenderà a ripetersi ricorsivamente, che è possibile soltanto avendo una chiara visione del momento presente. 

Questa visione del mondo si sviluppa in un ampio territorio compreso tra la Cina e la Grecia, in un periodo compreso tra 2800 e 2200 anni fa. In quest’epoca  il monoteismo di Zarathustra in Persia, il Giainismo di Mahavira e Parshva e il Buddhismo in India, il Confucianesimo e il Taoismo in Cina, gli insegnamenti dei profeti ebraici in Palestina e la filosofia greca sono tutte tradizioni che hanno contribuito a fodnare i capisaldi del pensiero orientale. Tra questi,la dottrina e la pratica meditativa buddista costituiscono probabilmente la tradizione che più di tutte incarna ed esplicita il tema della consapevolezza.

La meditazione cerca, attraverso un allontanamento del superfluo, una consapevolezza del momento presente, del “qui ed ora”. Meditare è fondamentale per imparare a vivere intenzionalmente. Secondo gli studi di Daniel Gilbert, ricercatore di Harvard specializzato nella “felicità”, una mente che divaga è una delle principali cause di infelicità. Le sue ricerche hanno mostrato che in media spendiamo il 46,9 per cento del nostro tempo svegli in pensieri sconnessi dall’attività a cui ci stiamo dedicando. Praticamente, prestiamo più attenzione a quello che avviene fuori di noi che a noi stessi e questo ci fa vivere male. Viviamo cioè per qualcosa che è fuori di noi, non dentro.

La psicologia riprende questo concetto della filosofia orientale e lo riporta nella pratica clinica, con il nome di “mindfulness”. Mindfulness significa portare attenzione al momento presente in modo curioso e non giudicante. Kabat-Zinn, un biologo e professore della School of Medicine dell’Università del Massachussets, a partire dagli anni ’80 ha tentato introdurre la meditazione di consapevolezza come intervento nei contesti clinici. L’intenzione era quella di trasformare in modo duraturo l’esperienza di stress e di profonda sofferenza dell’individuo occidentale attraverso una strategia orientale, centrata sull’essere prima che sul fare.

Il bianconiglio di Alice dice “ho fretta ho fretta ho fretta”, “è tardi è tardi è tardi” e con questo esprime il vissuto dell’occidente, oggi. In questo scenario una pratica rivoluzionaria e “slow” come la mindfulness ha avuto un grande successo, legittimando la donna e l’uomo occidentali a concedersi il lusso di scendere dalla giostra, e fermarsi.

“La via del fare è l’essere”

Lao Tzu

Dott.ssa Giulia Radi

Riceve su appuntamento a Perugia 

+39 3495887485

giulia.radi@hotmail.it

Per Approfondire

Winnicott D.J. (1965) Sviluppo affettivo e ambiente

Germer C.K., Siegel R.D., Fulton P.R. (2018) Le psicoterapie orientate alla mindfulness. Edra Editore

 

Per Approfondire:

Ferrari A.B., “Relazione analitica: sistema o processo” Rivista di psicoanalisi, XXIX, 4, 470-490.

Ferrari A.B., L’eclissi del corpo. Una ipotesi psicoanalitica, ed. Borla, Roma 1992.

Ferrari A.B., Stella A. L’alba del pensiero. Ed. Borla, Roma 1998

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