L’amico Immaginario
e la fantasia che aiuta a crescere
Da bambini avevate un amico immaginario?
Durante l’infanzia possiamo attivare una modalità ideativa, ludica e creativa capace di “dare vita” ad una presenza fantastica, perlopiù buona e affettuosa, con cui affrontare la vita.
Avere un amico immaginario è un’esperienza indimenticabile e molto più comune di come immaginiamo. Secondo una recente ricerca dell’università di Washington e Oregon, quasi i due terzi della popolazione di bambini ha un amico immaginario con cui parla, gioca, discute, va a dormire, prende decisioni importanti… quotidianamente.
Può essere un peluche, una bambola di pezza, un giocattolo animato a cui vengono attribuiti pensieri, azioni, parole.. oppure essere invisibile ed assumere l’aspetto che il bambino sceglie ad hoc per lui.
È una manifestazione di ciò che Winnicott definisce “oggetto transizionale”, ovvero quel qualcosa “altro da sé” con cui il bambino si relaziona (un giocattolo, un pezzo di stoffa, un oggettino..), che sceglie, porta sempre con sé, a cui si affeziona e che simboleggia il legame con la figura di accudimento primario (per un maggiore approfondimento si rimanda all’articolo “l’oggetto transazionale- Linus non aveva tutti i torti”). È il primo diamante che il bambino possiede e di cui si serve per affrontare il mondo da solo. Quel qualcosa può magicamente diventare animato, trasformarsi in un “qualcuno” (l’amico immaginario) e permettere al bambino di sperimentarsi anche in una relazione.
L’amico immaginario compare comunemente fra la fine dei 2 anni, fase in cui il bambino non ha ancora appreso la capacità di distinguere fra i sogni e la realtà, e scompare verso gli 8, quando non si sente più bisogno di lui, all’improvviso. Può essere presente anche durante la pre-adolescenza, non sono rari i riferimenti nei diari dei ragazzi a consiglieri immaginari, ma dopo i 10 anni, solitamente lascia spazio alla creazione di “storie fantastiche immaginarie” , una modalità più matura di sperimentare il proprio potere attraverso la fantasia.
La creazione di un amico immaginario, dunque appartiene ad una normale tappa di sviluppo del bambino: non va demonizzata, non va derisa, ma neanche enfatizzata ed assecondata rinforzando nel bambino la confusione tra realtà e immaginario.
Noi adulti, con i nostri occhi molto meno immaginativi, osservando dei comportamenti bizzarri (come il parlare da solo, il versare in una tazza del tè inesistente, aggiungere un posto a tavola con dei piatti invisibili) possiamo preoccuparci e credere che il bambino si stia rifugiando nelle sue fantasie e non stia più vivendo nella realtà-reale.
Potremmo a lungo discutere le differenze effimere fra ciò che è reale realmente e ciò che crediamo sia, in una qualche misura, reale e che viviamo come tale. Ma ciò che sembra centrale affermare in questa sede è che, nonostante il bambino creda fermamente che il suo amico sia vivo ed esista, sa anche con estrema razionalità che non è reale: sa che il suo amico non appartiene ad una realtà reale, ma alla realtà alternativa che onnipotentemente ha creato, sicuramente speciale, dove possono incontrarsi solo loro due. Sa che può vederlo, può parlarci, può giocarci.. solo lui. Il bambino, dunque, sperimenta di poter vivere contestualmente in una realtà-reale e in un mondo, quello della fantasia, appartenente ad una realtà diversa, ma altrettanto viva dentro di lui.
Gli amici immaginari fanno da ponte fra mondo esterno e il mondo interno, fra la realtà e la fantasia, permettono al bambino di esprimere emozioni, pensieri, desideri, paure.. proiettandoli fuori da sé e rendendoli, quindi, meno spaventosi. Hanno la stessa potenzialità dei personaggi delle fiabe (per un maggiore approfondimento si rimanda all’articolo “la funzione psicologica della fiaba- il regno del proprio inconscio), dei cartoni animati, dei film, delle serie tv e dei giochi (per un maggiore approfondimento si rimanda all’articolo “il ruolo del gioco nello sviluppo- da 0 a 99 anni”): permettono di vivere attraverso l’Altro da sé, sperimentandosi senza mettersi in pericolo.
Il bambino, così, nel rapporto con un amico immaginario impara a rafforzare le immagini di sé, impara a conoscersi, ad affrontare i propri impulsi negativi (odio, gelosia, paura..) e sperimenta la coscienziosità, costruendo e rispettando nella relazione con l’Altro regole sociali e morali.
Da adulti, abbiamo il compito di non spaventarci alla “presenza” di un amico immaginario , di mostrare interesse facendo semplici domande, di rimanere nella nostra realtà e di osservare quanto il bambino sia immerso nella realtà alternativa: se mantiene rapporti con i suoi coetanei, allora non vi è alcun motivo di preoccuparsi, se il gioco con l’amico immaginario è l’unica modalità di socializzazione, è invece opportuno riconoscerne il vissuto osservando le emozioni nell’interazione fantastica e creare nuove occasioni sociali.
La creazione di una realtà alternativa nell’infanzia, non è in alcun modo sinonimo di patologie o difficoltà nella crescita, anzi, può spesso rappresentare una funzionale strategia di adattamento che il bambino attiva come difesa, compensando un difficile momento di cambiamento. L’amico immaginario frequentemente si presenta quando il contesto intorno al bambino subisce un importante cambiamento (la nascita di un fratellino, un genitore che cambia orari sul lavoro o si allontana, un trasferimento in una nuova casa o scuola, la separazioni dei genitori, la perdita di un nonno…).
Creatività e vissuto personale del bambino determinano le caratteristiche del compagno immaginario: l’amico può avere tratti simili al bambino o, spesso, avere delle qualità che rispecchiano delle mancanze, come peculiarità di persone amate e ormai assenti o poteri superiori (il dono dell’invisibilità, il saper volare, il poter parlare dell’amico immaginario di un bambino muto…). Qualunque siano le sue caratteristiche, il bambino conferisce all’ amico immaginario sempre una personalità autonoma e separata da sé.
L’amico immaginario, dunque, ha un ruolo centrale nel percorso di crescita del bambino, nella costruzione dell’identità e nella comprensione del mondo esterno. Il piccolo uomo lo costruisce giorno per giorno “a sua immagine e somiglianza” o nel migliore dei modi possibili, tenendolo “in vita” fin quando desidera attraverso la potenza di un sentimento fortissimo.
“Finché Max crede in me, io esisto.
Certe persone dicono che è questo che mi rende immaginario. Invece non è vero. Io avrò anche bisogno dell’immaginazione di Max per esistere, però ho i miei pensieri, la mia vita al di fuori di lui. (…) Ho bisogno che Max continui a pensare a me, che continui a credere in me. Non voglio finire “lontano dagli occhi lontano dal cuore”.
(L’amico Immaginario- M. Dicks)
L’amico immaginario di Max, protagonista dell’omonimo romanzo, possiede una personalità autonoma, ma esiste solo per via di un sentimento del suo bambino che lo tiene “in vita”: la fiducia. Se Max non credesse in lui, sparirebbe per sempre.
Un bambino, dunque, identificandosi con il suo amico immaginario, può sperimentarsi contemporaneamente dipendente e indipendente da un Altro da sé e fare esperienza di un sentimento molto forte.
Troppo spesso, da adulti, viviamo nell’illusione di bastare a noi stessi, un’illusione che crolla nel momento in cui qualcuno mostra di credere al nostro essere speciali..
Quante volte ci siamo sentiti di esistere grazie alla fiducia di un genitore, di un figlio, di un paziente, di un analista, di un capo, di un bambino…?
La fiducia ci conferisce un’identità, la rafforza, ci fa sentire vivi e meno soli.. Siamo esseri sociali e, come tali, dipenderemo per sempre da qualcun altro che possederà alcune delle nostre chiavi, consapevolmente o inconsapevolmente.
I bambini e i loro amici immaginari ci insegnano come sia grande il potere di credere in qualcuno, come sperimentarlo sia sinonimo di crescita e come non sia scontata, ma possibile, una vita accettando la dipendenza dall’altro, senza sottomettersi all’altrui volere, e lottando per una propria autonomia.
Dott. ssa Emanuela Gamba
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Per Approfondire
Ferro A., La tecnica della psicoanalisi infantile- il bambino e l’analista: dalla relazione al campo emotivo. Raffaello Cortina Editore, 1992
D. Winnicott, Gioco e realtà, Armando Ed., 1974
Dicks M., L’amico Immaginario. Giunti Editore. 2014
“Chocholat”, film di Lasse Hallström del 2000
“Vi presento Christopher Robin”, film di Simon Curtis del 2017
“Inside Out”, film d’animazione di Pete Docter del 2015
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