Il senso di colpa. Schiacciati da se stessi
Il possedere o ricercare una colpa, ossia una causa del male, è caratteristico del genere umano. Nelle antiche tribù, ad esempio, il concetto di morte naturale non esisteva ma si supponeva che quella determinata persona moriva per una colpa che aveva commesso dinanzi agli spiriti della natura oppure era vittima di un sortilegio nemico. Con l’avvento della religione cristiana il sentimento di colpa si insidia ancora di più nella società occidentale. Si crea una netta scissione tra pulsioni, desideri e istinti, che vengono relegati nell’inconscio malefico, personificati nel serpente satanico e, sull’altro fronte, la ragione e la coscienziosità che combattono e mettono a tacere le proprie pulsioni, rappresentati dal divino o, in una famosa opera, da San Michele che sconfigge il Drago. Questa impostazione cristiana fonda sul senso di colpa la propria fede, sul pentimento come redenzione, ed ammette la possibilità di cadere nelle proprie pulsionalità, unicamente se subito dopo ci si pente e si chiede perdono. È da questa tipologia culturale che nel 1800 si è sviluppata in tutta europa l’isteria (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “L’isteria – Psicopatologia dei sessi” ), una patologia mentale dove i propri desideri e le proprie pulsioni non potevano essere espresse, se non con il corpo. Il sentimento di colpa nelle donne era predominante e derivava dalle regole ferree della società patriarcale. Con il passare degli anni, il senso di colpa si è sempre di più strutturato intorno a delle regole interne, e non più unicamente esterne.