Disturbo da Accumulo. Quando conservare diventa una malattia
Che differenza c’è tra una foto che ci ritrae in braccio ai nostri genitori quando avevamo un anno di età e una scatola di biscotti vuota? La maggior parte delle persone risponderebbe che la prima ha un valore affettivo e che quindi non se ne separerebbe mai, mentre la seconda è solo qualcosa da buttare. Per una persona affetta da disturbo da accumulo (DA) tutti gli oggetti hanno una loro ragione d’essere: perciò alla precedente domanda, l’accumulatore (hoarder) riuscirebbe a capire di certo la differenza affettiva tra la foto e la scatola, ma non si priverebbe di quest’ultima, trovandole un’altra utilità o conservandola su di uno scaffale. I pazienti con DA hanno con gli oggetti un rapporto non molto diverso da quello che ha la maggior parte delle persone: tutti siamo affezionati ai nostri ricordi e conserviamo oggetti senza valore intrinseco se non il significato psicologico e affettivo che gli diamo noi; così come spesso capita che la maggior parte di noi occupino inutilmente spazio dentro casa o in cantina con oggetti che non ci servono, ma che un giorno potrebbero tornarci nuovamente utili. Il problema è che i pazienti con DA hanno questo rapporto di forte legame affettivo con un numero esagerato di oggetti e vedono in ognuno di essi “opportunità future”, per cui diviene impossibile separarsene. Allo stesso tempo per gli accumulatori gli oggetti sembrano essere “pezzi di sé”, una parte integrante della propria identità e uno strumento per mantenere un legame con parti della propria vita e con il passato, per coltivare la memoria e continuità del sé.
Dal 2013 con la quinta edizione del DSM, il disturbo da accumulo patologico “Hoarding”, anche detto disposofobia o accaparramento compulsivo, acquisisce una propria identità diagnostica nel capitolo del disturbo ossessivo compulsivo e disturbi correlati (Obsessive-Compulsive and Related Disorders). Si tratta di un disturbo più diffuso di quanto si pensi e non riguarda assolutamente solo persone ai margini della società o avanti con l’età, come si pensava una volta, ma anche individui dotati di spiccata intelligenza, molto vivaci, di notevole creatività e alquanto interessati ai rapporti con gli altri. Una caratteristica comune delle persone con disposofobia è la capacità di ricordare tantissimi particolari degli oggetti che accumulano. Ogni cosa ha un motivo per essere conservata e una storia da raccontare ed è proprio la percepita unicità di ogni oggetto che ne rende così difficile il distacco o il buttarlo via. Allo stesso tempo se ogni singola cosa è unica diviene difficile da catalogare, per cui le persone affette dal disturbo da accumulo hanno grossi problemi con l’organizzazione e l’ordine degli oggetti. La difficoltà di individui con DA sta nell’avere una visione d’insieme e nella capacità di categorizzare gli oggetti, mentre nel ragionamento è possibile individuare una grande attenzione ai dettagli e al particolare.
Il disturbo da accumulo è spesso egosintonico (per un approfondimento sul tema si rimanda all’articolo “Egosintonia ed egodistonia. Di musica e psiche”, nella rivista del mese di gennaio), vissuto in segretezza, nascosto. Raramente le persone con DA chiedono aiuto, per cui il disturbo si cronicizza fino a raggiungere livelli di allarme, quando ormai chi ne soffre è già molto avanti con l’età ed è già stato globalmente compromesso nel funzionamento delle diverse aree di vita, sociale e relazionale soprattutto. I terapeuti, spesso, vengono a conoscenza dei comportamenti di accumulo come uno dei sintomi di pazienti affetti da disturbo ossessivo-compulsivo DOC (per approfondimenti si rimanda all’articolo “Disturbo ossessivo-compulsivo. Rituali consapevoli ma necessari” nella rivista del mese di marzo); questo ha contribuito a far percepire il DA come sostanzialmente sovrapponibile al DOC. L’origine della connessione tra i due disturbi risiede probabilmente nella descrizione che dà Freud della personalità anale: nonostante egli non parli mai esplicitamente di disturbo da accumulo, nel descrivere la personalità anale identifica comportamenti come rigidità, perfezionismo e attitudine alla “conservazione” riguardo ai beni materiali (per esempio, avarizia, collezionismo), dove il conservare sembra una generalizzazione dell’attitudine a ritenere le feci. Anche se le persone con DOC tendono anch’esse ad accumulare oggetti, le motivazioni alla base di questo comportamento possono variare, ma non c’è un attaccamento particolare agli oggetti, come si nota invece nel DA. Sebbene il disturbo da accumulo sia stato finalmente riconosciuto come un disturbo a sé, non sono ancora del tutto chiari né i meccanismi che sottendono ad esso, né le sue origini. Il fatto è che le persone con DA hanno un livello di consapevolezza e di critica in relazione al disturbo molto basse; percepiscono “il disordine” e “il problema di dover catalogare gli oggetti”, ma non il problema psicopatologico dell’accumulare. Questo fa sì che non molte persone affette da tale disturbo ricerchi spontaneamente la terapia e che la maggior parte delle volte il problema venga riportato al terapeuta dai familiari.
Dott. Andrea Rossetti
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Per approfondire:
American Psychiatric Association (2013) Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Five Edition: DSM-V. American Psychiatric Pub. (Tr. It. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali: DSM-V. Milano: Raffaello cortina ed.)
Freud S., (1975) Tre saggi sulla teoria sessuale. Torino: Bollati Boringhieri ed.
Perdighe C., Mancini F., (2015) Il disturbo da accumulo. Milano: Raffaello Cortina ed.