Giorno: 10 Luglio 2015

Le possibili conseguenze di un abuso. Mi fido di te?

Roma – 29 giugno. Un uomo fingendosi un poliziotto si avvicina a tre ragazze ed intima ad una di queste di seguirlo con i propri documenti. Lei lo segue, d’altronde si tratta di un uomo delle forze dell’ordine. Percorrono una strada in fondo alla quale c’è una caserma dei carabinieri. Ma prima di giungere a questa, l’uomo tira per il braccio la ragazzina e la porta in uno spiazzo ben isolato e nascosto. Qui consuma lo stupro. Successivamente la riporta dalle amiche dicendole che avrebbe dovuto raccontare di aver ricevuto una multa e che non avrebbe dovuto riferire nient’altro dell’accaduto. La ragazzina non grida, non si ribella, non perché consenziente ma perché capisce che sarebbe stato l’unico modo per tornare dalle amiche e poter raccontare tutto. Per fortuna quando tornano da loro, ad aspettarli c’è anche la madre di una di queste. L’uomo la vede, si spaventa e inizia a correre, smascherandosi. É stato arrestato e sarà processato.

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L’invecchiamento. Il tempo che passa

Gli stadi evolutivi che una persona attraversa durante la vita sono numerosi: si passa dall’infanzia alla prima fanciullezza, per arrivare all’adolescenza e proseguire con la giovinezza sino all’età adulta, che sfocerà poi nell’età senile. Ogni stadio di sviluppo comprende dei compiti ben precisi che devono essere superati  e risolti  per poter passare alla fase successiva; anche le relazioni dipendono dalle fasi dello sviluppo: è così che nell’infanzia per esempio, la relazione principale è quella che si instaura tra madre e bambino, nell’adolescenza quella tra coetanei, nell’età senile invece le relazioni dovrebbero ricomprendere una moltitudine di persone, famigliari, amici di vecchia data, ex colleghi, compagni di gioco. Vorrei centrare la mia attenzione proprio su quest’ultima fase della vita, cioè l’età senile, quella che molti chiamano la fase dell’invecchiamento. 

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Disturbo da Accumulo. Quando conservare diventa una malattia

Che differenza c’è tra una foto che ci ritrae in braccio ai nostri genitori quando avevamo un anno di età e una scatola di biscotti vuota? La maggior parte delle persone risponderebbe che la prima ha un valore affettivo e che quindi non se ne separerebbe mai, mentre la seconda è solo qualcosa da buttare. Per una persona affetta da disturbo da accumulo (DA) tutti gli oggetti hanno una loro ragione d’essere: perciò alla precedente domanda, l’accumulatore (hoarder) riuscirebbe a capire di certo la differenza affettiva tra la foto e la scatola, ma non si priverebbe di quest’ultima, trovandole un’altra utilità o conservandola su di uno scaffale. I pazienti con DA hanno con gli oggetti un rapporto non molto diverso da quello che ha la maggior parte delle persone: tutti siamo affezionati ai nostri ricordi e conserviamo oggetti senza valore intrinseco se non il significato psicologico e affettivo che gli diamo noi; così come spesso capita che la maggior parte di noi occupino inutilmente spazio dentro casa o in cantina con oggetti che non ci servono, ma che un giorno potrebbero tornarci nuovamente utili. Il problema è che i pazienti con DA hanno questo rapporto di forte legame affettivo con un numero esagerato di oggetti e vedono in ognuno di essi “opportunità future”, per cui diviene impossibile separarsene. Allo stesso tempo per gli accumulatori gli oggetti sembrano essere “pezzi di sé”, una parte integrante della propria identità e uno strumento per mantenere un legame con parti della propria vita e con il passato, per coltivare la memoria e continuità del sé.

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Il Complesso di Edipo. All’alba della legge del padre

C’era una volta un re, Edipo, sovrano della città di Tebe; questi, inconsapevole del legame parentale con lei, aveva preso in sposa la moglie-madre Giocasta, vedova del primo marito Laio, ucciso proprio per mano dell’ignaro figlio Edipo; dall’ unione fra lui e la “scomoda” consorte, nasceranno ben quattro figli. In un simile scenario, apparentemente senz’ombra alcuna e che vuole i suoi principali protagonisti all’oscuro della più atroce verità, si cela, di contro, l’emblema dei rapporti incestuosi. Quella stessa verità, una volta svelatasi in tutta la sua crudezza, porterà Edipo, inorridito dagli atti compiuti suo malgrado – cui farà seguito l’impiccagione di Giocasta –  ad accecarsi. Un po’ come se, dopo quell’abominio involontariamente perpetrato, come estrema punizione, nulla avrebbe più potuto sottoporsi alla sua visione. Concluderà i suoi giorni esiliato, dimenticato da Tebe e dalla sua gente, allontanato dagli dei. Ed è proprio dalla celebre tragedia greca di Sofocle, l’Edipo re, che Freud trae diretto spunto per dar vita ad una delle nozioni più affascinanti, dibattute e controverse che la storia della psicoanalisi abbia mai conosciuto: il “Complesso di Edipo”, dalla cui modalità di superamento discenderà la futura scelta oggettuale dell’individuo. Esso racchiude in sè l’insieme dei sentimenti e dei desideri di natura sessuale espressi in tutta la loro ambivalenza e provati dal bambino verso i propri genitori: il complesso raggiunge la sua massima espressione fra i 3-5 anni, tempo che coincide con il cosiddetto “stadio fallico”, in cui secondo Freud tutti gli interessi del bambino sembrerebbero ora convogliati, appunto, verso il fallo (presente nel maschio/assente nella femmina.

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Sogni Tipici. L’umanità che sogna

La funzione del sogno, nell’arco della storia, ha subito un notevole cambiamento. Nell’antichità, infatti, all’interno delle culture tribali, il sogno, fatto e raccontato dallo sciamano, rappresentava il campo emotivo comune dell’intera tribù: condividere tali sogni con l’intera comunità permetteva la conoscenza stessa di tale campo, allo scopo di rafforzare i legami tra i membri, garantendo la sopravvivenza del singolo e del gruppo, poiché la sintonia era l’elemento fondamentale per poter cacciare e lottare in “sicurezza”.

Con l’emergere di civiltà più evolute, come l’antica Grecia e l’Impero Romano,  il sogno perderà la sua funzione sociale diventando la rappresentazione di un’oscurità psichica personale o di un presagio divinatorio.

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