Giorno: 10 Dicembre 2014

Dipendenza da Serie TV
Le emozioni tele-amiche

2015. Sabato sera a casa di amici.

Ragazza allo specchio – Picasso

Tavola imbandita, amatriciana, buon vino e chiacchiere generali su un pettegolezzo di quartiere.

Seduti vicini, A. ed M. si estraniano dalla conversazione di gruppo, iniziando a parlottare fra loro di un qualcosa che alle mie orecchie sembra molto interessante.

Incuriosita li osservo e ascolto la conversazione che diventa sempre più a toni coloriti.

“BIV” dice A. offrendo ad M. un bicchiere di vino bianco.

“…STA SENZA PENSIER”  risponde M. con tono rassicurante, ma duro.

Segue la risata spassionata dei due che si guardano con la complicità di chi condivide un qualcosa di intenso. Mi guardo intorno e mi accorgo che quel “teatrino” smuove pian piano l’attenzione di tutti presenti. Ecco che d’un tratto crescono le risate generali e il parlottio di sottofondo rende i miei pensieri confusi.

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Funzione riflessiva e Sviluppo del Sé

Heavenly Fruits
Hand with Reflecting Sphere – Escher

Percorrendo l’abituale tragitto di un’abituale mattina di diversi anni fa, mi imbattei in un’esperienza di per sé banale, ma che rese quel tragitto e quella mattina degni di essere ancora ricordati, di conservare un posto nella memoria. L’evento di per sé non ebbe nulla di particolare, ma mi permise di comprendere meglio qualcosa che avevo letto in qualche libro in uno dei tanti pomeriggi di studio. Attraverso un’esperienza inaspettata e casuale riuscii probabilmente a realizzare un’immagine interna di un concetto appreso e per questo a comprenderne non solo il significato, ma un senso più intimo e complesso. Precisamente mentre camminavo un po’ sovrappensiero e probabilmente con le cuffie nelle orecchie, mi passò davanti un autobus. Ero sul ciglio del marciapiede, aspettando il mio turno da pedone nella bolgia del traffico mattutino. L’autobus mi passò davanti esponendomi la sua lunga facciata laterale. Permettendomi quindi di vedere la mia immagine riflessa nei suoi ampi vetri. Questo provocò in me una reazione di sorpresa, non tanto per il normale evento di un’immagine riflessa in uno specchio, ma per l’alternanza tra due situazioni: autobus e immagine riflessa, niente autobus e niente immagine riflessa. 

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AUTISMO. Il mondo degli Opossum

Era una giornata come le altre, arrivata a lavoro ho salutato Luca, lui ha salutato me toccandomi le mani  e abbiamo iniziato a lavorare.

Luca era più euforico del solito, saltava da una parte all’altra della stanza, ripeteva in continuazione il dialogo di un cartone animato, batteva a terra i suoi piedini e riusciva contemporaneamente con la mano destra a scrocchiare le dita e con quella sinistra a toccarsi i capelli.

I suoi occhi erano rivolti altrove, guardava tutto, ma non guardava niente. E  sicuramente non guardava me. 

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Scegliere di andare dallo psicologo. Siamo tutti pazzi!

Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non ha sentito il luogo comune che dallo psicologo ci vanno i pazzi! Sarei curioso di chiedere a coloro che la pensano così come si immaginano chi pratica questo “strano” mestiere. Forse se lo raffigurano come una Chimera dalle mille forme, un po’ indovino, un po’ cartomante…o forse come un essere che scava nel nostro cervello, strappandoci pensieri o ricordi che volevamo rimanessero nascosti? Per noi è facile, al giorno d’oggi dire che non è così, ma proviamo ad immaginare cosa penserebbe la generazione dei nostri nonni e in parte anche quella dei nostri genitori.

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L’alessitimia. Quando il corpo mette in scena l’emozione

Devo confessarvelo. La prima volta che mi accostai, quasi affascinata, al “mondo alessitimico” fu per ragioni del tutto personali. Private.  Sino a quel momento, questo mondo, lo avevo solo osservato attraverso i miei amati libri, ma, di certo, non potevo ancora sapere che di lì a poco la mia vita ne sarebbe diventata un piccolo contenitore. Si, ho avuto modo d’interfacciarmi spesso con persone alessitimiche, la maggior parte delle quali, osservavo, era di sesso maschile. Provate a immaginare di essere gli osservatori partecipi di una situazione – tipo estremamente intensa sul piano emotivo, una di quelle in cui ci si attende una risposta emotiva altrettanto “forte”. Una di quelle in cui spesso si è trovata coinvolta la sottoscritta.

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Sai interpretare i sogni? Secondo me significa soldi!

Una delle più frequenti domande che vengono poste agli studenti di psicologia o a psicologi veri e propri è: “Sai interpretare i sogni?”. Molto comunemente il contesto in cui viene posta la domanda è tutt’altro che intimo come, ad esempio, nel bel mezzo di un aperitivo o durante il cenone di natale, con zii, prozii e cugini alla lontana.

Lo psicologo inizia a sudare freddo, si volta intorno, cercando una via di fuga, ma ormai tutta la famiglia allargata l’ha circondato. In una spinosa situazione come questa, le possibili risposte sono due:  stroncare sul nascere la conversazione senza troppe spiegazioni, “No, mi spiace..non ne sono capace”; oppure tentare di spiegare che il contesto non è dei più adeguati, poiché dal sogno potrebbero emergere contenuti personali, a volte anche troppo imbarazzanti.

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La Resilienza. I veri Eroi sono quelli che resistono

Smoking coal miner, Pol-e-Khomri, Afghanistan, 2002.

Steve McCurry

Dall’ampia manica del maglione della barista intravedo una scritta tatuata sul braccio.

I tatuaggi scritti sono fatti apposta per incuriosire, attirano magneticamente l’attenzione dell’osservatore e fanno sentire la necessità di finir di leggere ciò che c’è scritto, anche se la persona tatuata è uno sconosciuto. Come la mia barista.

Seguendo con lo sguardo i suoi movimenti sciolti ed eleganti nel preparare orzi in tazza piccola, caffè doppi, marocchini e cappuccini, cerco di scoprire una dopo  l’altra le piccole lettere incise sulla sua pelle. E scorgo: “Be resilient”.

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La Dislessia
Gli struzzi non mettono la testa sotto la sabbia

Qualche giorno fa ero dal medico poiché, in seguito all’influenza, desideravo farmi visitare. 

Mi trovavo in sala di attesa  e, mentre il mio animo ipocondriaco contemplava la possibilità di aver contratto il virus dell’Ebola ed immaginava tutte le possibili soluzioni per scampare alla morte, attaccò bottone una signora di circa 60 anni. Parlammo del più e del meno (ovviamente anche dell’Ebola e delle nostre preoccupazioni), era visibilmente molto stanca e affaticata nell’eloquio. Dopo essersi interrotta nella comunicazione varie volte ed aver fatto fatica a trovare le parole giuste da dirmi, affermò con distrazione:

“Mi scusi, oggi sono proprio dislessica non riesco a parlare”.

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