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LA DOPPIA DETENZIONE: problematiche correnti e potenziali sfide per il futuro delle persone transgender in istituti penitenziari.


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PREMESSA:

Immaginatevi di partire per un viaggio e di avere con voi uno zaino; in questo zaino, oltre i vostri oggetti personali, vengono inserite due grosse pietre la cui funzione è solo quella di rendere il vostro cammino più faticoso e il vostro passo meno agile possibile, probabilmente facendovi annaspare anche nei sentieri più rettilinei.

Questa è la fatica a cui associo il viversi nella condizione di essere trangender, con tutti i condizionamenti sociali e quindi le condizioni che questa comporta, in un contesto come quello carcerario, che sicuramente amplifica le sfide già di per sé ardue di vivere in questa condizione.

ESSERE TRANSGENDER IN CARCERE: questioni PREMINENTI

Le persone transgender, tendono a esperire già in condizione normali una condizione di maggiore stress (minority stress) legato ad alcuni fattori insiti alla loro condizione; questi ovviamente tendono a essere amplificati in una condizione ambientale peculiare quale quella degli Istituti Penitenziari. Infatti, in tale contesto, le persone transgender sono portate a sperimentare evidentemente una serie di problematiche di natura qualitativamente e quantitativamente diversa rispetto ai detenuti considerati CISGENDER. Di seguito saranno esposte quelle che secondo la letteratura appaiono come le questioni più impattanti rispetto al ritrovarsi situati in questa esperienza.

Traumi e disfunzioni sessuali:

Le persone transgender in carcere possono vivere situazioni di discriminazione, violenza fisica e psicologica, abusi sessuali, e condizioni di vita precarie che possono influire negativamente sulla loro salute sessuale. Questi traumi, così come l’ansia e la depressione derivanti dalla reclusione, sono legati al presentarsi di disfunzioni sessuali come l’impotenza, la diminuzione del desiderio sessuale, o difficoltà nel raggiungimento del piacere (Engelberg et al., 2023)

Disconnessione tra identità di genere e corpo:

Molte persone transgender affrontano una dissonanza tra il loro corpo e la loro identità di genere. Infatti, è stato riscontrato che la maggior parte della popolazione transgender relegata in contesti carcerari riscontri maggiori difficoltà nell’espressione identitaria e questo sembra coinvolgere maggiormente le donne transgender. Queste, infatti fanno fatica ad esprimersi nell’abbigliamento, nell’acconciatura e nel make up. (Brömdal A., et al. 2019; Kilty JM., 2021)

In un ambiente carcerario, la mancanza di accesso a trattamenti medici (come ormoni o interventi chirurgici) per la transizione può esacerbare questa disconnessione, aumentando un senso di frustrazione e disagio legato alla sessualità e la disforia per alcune parti del proprio corpo che si stava tentando di eliminare ma che la temporanea sospensione del trattamento ormonale può far riaffiorare.

Mancanza di privacy:

Gli istituti penitenziari, in particolare quelli con politiche poco inclusive, spesso non forniscono spazi adeguati o opportunità per esplorare e vivere la propria sessualità in modo sicuro e rispettoso, a causa della separazione rigida tra prigionieri di sesso biologico maschile e femminile.

Violenza e discriminazione:

Le persone transgender possono essere vulnerabili a violenze fisiche e verbali da parte di altri detenuti e anche dal personale carcerario; infatti, come si evince da una rassegna sul tema (Brömdal A., et al., 2019), la popolazione transgender in contesti carcerari, infatti, è maggiormente esposta ad abusi sessuali e per questo a pratiche sessuali che comportano un rischio maggiore di contrazione di malattie sessualmente trasmissibili come HIV.

Inoltre, vi è una maggiore esposizione a violenza fisica, verbale e a comportamenti discriminatori da parte sia del personale che dagli altri incarcerati (Drakeford L., 2018, Reisner SL. et al., 2014). Oltretutto, avere una relazione con un altro detenuto/a, pare aumentare tre volte la probabilità di subire violenza fisica e abuso sessuale da parte delle persone transgender.(Sexton L., 2010; Sumner J. et al.,2016; Reisner SL. et al., 2014)

Rispetto a questo, le situazioni caratterizzate da atteggiamenti discriminatori basate sulla tipizzazione sessuale inoltre, pare che aumentino il rischio di suicidio tra la popolazione del carcere (Drakeford L., 2018)

In questo quadro bisogna anche considerare che l’isolamento forzato e la segregazione in aree separate o in celle di sicurezza possono diventare misure discriminatorie che limitano l’interazione sociale e accrescono il rischio di sofferenza psicologica.

Accesso ai trattamenti medici:

Molti istituti penitenziari non forniscono un adeguato accesso a cure mediche per le persone transgender, come terapie ormonali o interventi chirurgici.

Questo non solo limita la loro capacità di esprimere pienamente la propria identità di genere, ma può anche causare stress fisico e psicologico; infatti, è stato riscontrato che questo aspetto è legato ad una maggiore sintomatologia legata allo spettro ansioso, depressivo e ad un maggiore abuso di alcol e droghe rispetto ai detenuti CISGENDER (Kilty JM., 2021; Sexton L., 2010)

In particolar modo le terapie per la riaffermazione di genere fra cui appunto le terapie ormonali non sono adeguatamente somministrate (Drakeford L., 2018 Kilty JM, 2021 et al., 2021;Sanders T.et al. 2022; Brown GR., 2014;) frequentemente, infatti, la terapia non viene ricalibrata in base ai cambiamenti o viene somministrata in quantità inferiore rispetto a quella prevista.

Inoltre, risultano piuttosto carenti le pratiche chirurgiche prospettate; questo è particolarmente legato al fenomeno dell’ “autocastrazione o autopenectomia”, in generale della rimozione autonoma di caratteri sessuali non desiderati, comportando evidentemente numerosi rischi per la salute fisica.

INADEGUATA PREPARAZIONE DEL PERSONALE SANITARIO.

Inadeguatezza delle politiche penitenziarie:

Le politiche carcerarie spesso non sono aggiornate o inclusive nei confronti delle persone transgender. La mancata comprensione delle esigenze specifiche legate all’identità di genere può portare a misure di custodia e trattamento che non rispondono adeguatamente ai bisogni di queste persone.

In particolar modo, il personale sanitario impiegato negli istituti penitenziari non risulta essere particolarmente preparato ad affrontare questioni specifiche inerenti a questa fascia di popolazione.

Uno studio (Clark KA., 2017) ha messo in evidenza, specificatamente tre tipi di ostacoli che si possono delineare nell’erogazione di cure da parte del personale: barriere di natura strutturale (mancanza di training e formazione specifica, messo in relazione con fondi monetari deficitari preposti per questo), barriere di natura interpersonale (ovvero a pregiudizi di natura sociale e culturale) e infine barriera di natura personale (ovvero mancanza di conoscenze specifiche sulla materia).

Assenza di supporto psicologico:

Le persone transgender in carcere sono maggiormente esposte a problematiche inerenti la salute mentale; la patologie che frequentemente vengono riscontrate sono depressione, ansia e disturbi post-traumatici da stress (PTSD). Questo è evidentemente legato agli aspetti relativi all’accesso alle cure mediche, alla maggiore esposizione ad abusi e a dinamiche discriminatorie citati precedentemente.

Tuttavia, l’accesso a supporto psicologico adeguato spesso non è garantito e risulta piuttosto carente. Questo determina un impatto negativo sulla loro salute mentale.

Identità di genere e separazione in base al sesso:

Una delle sfide principali riguarda la separazione tra uomini e donne nelle carceri, ovvero l’assegnazione nei reparti per le persone transgender; infatti normalmente i detenuti sono dislocati sulla base di un’interpretazione binaria di genere (Sanders T., et al. 2022, Brown GR., 2014; Brown GR., 2009) .Quindi, a partire da questo vi sono tre principali possibilità imposte di assegnazione per le persone transgender; la prima è quella di essere assegnati in Istituti che rispecchiano la loro tipizzazione sessuale assegnata dalla nascita oppure di essere inseriti in strutture restrittive ( come una sorta di segregazione amministrativa o in cella singola). Infine, potrebbero essere assegnati in unità speciali per persone LGBTQ+.La riflessione che ne scaturisce riguarda il tema dell’identità personale che per l’ennesima volta sembra debba ricadere in un sistema fatto di assi cartesiani precostituiti e orientati in un’ottica semplicisticamente binaria; inoltre pensiamo a tutta la serie di conseguenze che questo comporta, inclusa l’esposizione a rischio di abusi o maltrattamenti.

CONCLUSIONI E SFIDE PER IL FUTURO

Le persone transgender in carcere affrontano una serie di difficoltà che comprendono non solo disfunzioni sessuali, ma anche gravi sfide legate alla violenza, alla discriminazione, all’accesso limitato alle cure mediche e alla mancanza di un adeguato supporto psicologico.

Questi aspetti sembrano intrecciarsi gli uni con gli altri in un apparente groviglio labirintico di problematiche; infatti le strutture carcerarie esacerbano quelle condizioni proprie dell’esperienza di essere transgender che la caratterizzano anche nella vita “civile”. Queste riguardano inevitabilmente questioni legate al vivere ed esperire la propria corporalità che evidentemente è negoziata e spesso costantemente ridefinita in un processo dinamico.

Dunque si potrebbe dire, che le sfide, in un’ottica migliorativa del vissuto di un’identità transgender in carcere, sono due.

Una ha a che vedere con un risvolto meramente pratico e attuativo; ovvero si tratta di un’implementazione delle politiche inerenti la faccenda; in particolar modo, rispetto ai due macroaspetti preminenti, ovvero corpo e salute mentale, intimamente connessi. Infatti, l’implementazione della legislazione dovrebbe riguardare sia un aumento della sua applicabilità, sia una maggiore uniformazione degli aspetti procedurali.

Ad esempio una maggiore estensione e accesso alle terapie mediche per le persone transgender; questo è fondamentale se, come è stato detto, si pensa alla transizione come ad un processo ed ogni tassello è fondamentale per evitare i dolorosi effetti relativi ad accentuazione degli aspetti disforici che sono costantemente dietro l’angolo.

L’implementazione dell’aspetto legale e giuridico dovrebbe ricadere su pratiche impattanti la salute mentale; in questo senso, la crescita potrebbe risiedere in una maggiore sensibilizzazione del personale carcerario sul tema, che abbiamo visto essere un fattore chiave legato a tutta la faccenda e sulla facilitazione nell’accesso a servizi di supporto psicologico.

L’altra sfida è il vero “match point”; una partita che non si può giocare in minuti, ore o giorni ma è anche essa un processo in cui siamo tutti coinvolti. Si gioca infatti sul campo ideologico di una coscienza collettiva che si deve costantemente allenare a mettere in discussione la logica di un sistema fondato un’ideologia intrisa di binarismo; la vera sfida sta appunto nella decostruzione di questa architettura costruita con un solido cemento armato e una buona dose di patriarcato.

BIBLIOGRAFIA

Brömdal A, Clark KA, Hughto JMW, et al. Whole-incar ceration-setting approaches to supporting and upholding the rights and health of incarcerated transgender people. Int J Transgend. 2019;20(4):341–50. https://doi.org/10. 1080/15532739.2019.1651684.

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Engelberg, R., Hood, Q., Shah, K., Parent, B., Martin, J., Turpin, R., … & Vieira, D. (2023). Challenges unique to transgender persons in US correctional settings: a scoping review. Journal of urban health100(6), 1170-1189.

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Sumner J, Sexton L. Lost in translation: looking for transgen der identity in women’s prisons and locating aggressors in prisoner culture. Crit Criminol. 2015;23(1):1–20. https://doi. org/10.1007/s10612-014-9243-6

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