Dopo aver visto lo spettacolo “Storia di Barbablù” della compagnia teatrale “Teatrabile” a L’Aquila e aver osservato le reazioni dei bambini e dei genitori nella platea rispetto alle tematiche che emergono dalla fiaba, mi sono interrogato su cos’è che questa fiaba ci induce a elaborare di noi, nei grandi e nei piccini.
Di tutte le fiabe incentrate sulla tematica dello sposo, Barbablù è sicuramente il più mostruoso e bestiale dei mariti. Ciò che differisce dalle altre fiabe, è l’assenza della magia come elemento edulcorante e salvifico, dinanzi alle tematiche della violenza.
Con un gran frullo d’ali dal campo, spaventati, i passerotti in frotta al nido son rivolati.
Raccontano ora al nonno la terribile avventura: “C’era un uomo! Ci ha fatto una bella paura.
Peccato per quei chicchi sepolti appena ieri. Ma con quell’uomo… Ah, nonno, scappavi anche tu, se c’eri.
Grande grande, grosso grosso, un cappellaccio in testa, stava li certamente per farci la festa…”. “E che faceva?”. “Niente. Che mai doveva fare? Con quelle braccia larghe era brutto da guardare!”.
“Non lavorava?”. “O via, te l’abbiamo già detto. Stava ritto tra i solchi con aria di dispetto…”.
“Uno spaventapasseri, ecco cos’era, allora! Non sapevate che non è un uomo chi non lavora?”.
“Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l’aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l’aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro.
Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro. Trascorsero gli anni, e l’aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d’aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita: “Chi è quello?”, chiese. “E’ l’aquila, il re degli uccelli” rispose il suo vicino. “Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli.”
“Un uomo burbero e dalla lunga barba color blu cerca moglie. Decide di corteggiare tre sorelle: due lo rifiutano per via del suo aspetto fisico, mentre la terza, nonostante sia diffidente, si lascia convincere dalle ricchezze e dall’apparente gentilezza dell’uomo. Accetta dunque di sposarlo diventando padrona del suo immenso castello e dei suoi tesori.
Prima di partire per un viaggio, Barbablù lascia alla moglie un enorme mazzo di chiavi esortandola a godere di tutte le bellezze presenti nel castello di cui lei è regina. Le dice che può visitare ogni stanza della casa tranne una, dalla quale deve tenersi lontana e dove non può assolutamente entrare. La moglie, dopo aver invitato le sorelle, incuriosita dal divieto posto dal marito, decide di mettersi alla ricerca della stanza proibita e di aprirla. Al suo interno trova le precedenti mogli di Barbablù morte. Come lei avevano disubbidito all’ordine del marito e per questo erano state uccise.Le tre sorelle richiudono immediatamente la porta cercando di mantenere il segreto ma, in quel momento, la chiave che era servita ad aprire la stanza, inizia a sanguinare senza smettere. Al suo ritorno, Barbablù scopre subito l’accaduto e si prepara a uccidere la giovane moglie disubbidiente. Ella, però, riesce a prendere tempo con la scusa di un’ultima preghiera durante la quale, telepaticamente, fa accorrere i fratelli. Una volta arrivati riescono a salvare la sorella uccidendo Barbablù.”
“Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda.” La rana gli rispose “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!” “E per quale motivo dovrei farlo?” incalzò lo scorpione “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!” La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’ospite il perché del gesto. “Perché sono uno scorpione…” rispose lui “E’ la mia natura!”
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