Il complesso di Edipo secondo Laio. Il padre mutilante
Narra il mito greco di un Titano, Crono, che evirò e spodestò il padre Urano, sotto richiesta della madre Gea, divenendo a sua volta il Re dell’Olimpo. Nonostante avesse avuto come padre un modello fallimentare che rinchiudeva tutti i suoi figli nel profondo Tartaro, Crono preservava le stesse angosce del padre, ingoiando, di conseguenza, tutti i figli fatti con Rea, per il timore che qualcuno di questi potesse spodestarlo al trono.
Questo mito, come molti di altre religioni pagane e monoteiste, mette chiaramente in scena una dinamica inconscia vissuta nella relazione padre-figlio, ossia l’altra medaglia dell’Edipo (Per approfondimenti si rimanda all’articolo “Il complesso di Edipo – All’alba della legge del padre”): Il complesso di Laio (padre di Edipo).
Nelle dinamiche edipiche, il bambino crescendo, investe la proprio libido, indirizza, e riconferma, il proprio amore primario verso la madre, scovando inizialmente nel padre una figura con cui competere e da distruggere. Successivamente, per poter uscire dalla dinamica edipica, il bambino si identificherà col padre, accettando il suo amore con la madre e indirizzando la propria libido verso l’esterno, agevolando il passaggio da identità familiare di figlio a identità sociale di adulto. Il padre, oltre a nutrire sentimenti di amore verso il proprio figlio, può nutrire sentimenti di angoscia, nel timore che quest’ultimo possa spodestarlo dal ruolo di “capo famiglia”. Il padre sufficientemente buono dovrebbe guidare il proprio figlio affinché possa un giorno, quest’ultimo, ricevere l’eredità familiare, attraverso un passaggio del “potere” che il padre cede al figlio ormai adulto. Ma in tempi di crisi dei valori, il padre può non accettare più di effettuare tale passaggio, poiché significherebbe per lui perdere il potere della giovinezza e tollerare il passaggio verso l’anzianità, dovendo accettare lo scorrere del tempo (Crono).
Per evitare che il figlio possa spodestarlo, il padre Laio può mettere in atto una serie di comportamenti che portano il figlio a non crescere e non emanciparsi, essendo ad esempio eccessivamente critico e svalutante e scoraggiando ogni tentativo di emancipazione del figlio. Cerca con ogni mezzo di evitare la crescita e il progresso nel proprio nucleo familiare, cercando di mantenere lo stato delle cose nel modo da lui prestabilito. Ovviamente, il complesso di Laio è un passaggio che ogni padre dovrà effettuare, così come ogni figlio dovrà affrontare il complesso di Edipo ma, in entrambi i casi, una componente narcisistica patologica può ostacolare il processo di crescita, congelandone il passaggio. Ogni padre, a livello inconscio, si ritrova, nel confronto con il proprio figlio maschio, a rivivere dei sentimenti ambivalenti: da una parte l’amore e l’incoraggiamento per la crescita del proprio figlio, dall’altra sentimenti di esclusione nella diade madre-bambino e angoscia di essere spodestato e privato del suo potere (per approfondimenti si rimanda all’articolo “Legami di attaccamento – Oltre l’amore di un padre”). È per tale motivo che il padre impone la propria regola familiare, che il più delle volte, se il padre è sufficientemente sano, combacia con la regola sociale, effettuando una castrazione simbolica nel bambino onnipotente.
Ma come mai si utilizza il termine “castrazione” per indicare l’atto in cui il padre blocca l’istintualità del figlio?
Millenni fa, nelle tribù primitive il padre effettuava una vera e propria castrazione sui propri figli, nel timore che quest’ultimi potessero ucciderlo e prendere il suo posto da capo tribù e non avere più rapporti sessuali esclusivi con sorelle e figlie. La castrazione, per tutti o quasi i figli maschi, divenne un compromesso tra un precedente vero e proprio figlicidio, dove i sensi di colpa del padre venivano coperti con una devozione ed un presunto sacrificio ad un Dio (es. Abramo ed Isacco), e l’esigenza della famiglia di avere delle braccia forti per l’agricoltura. Con la crescita della civiltà nelle polis, anche la castrazione venne vietata e venne sublimata con la circoncisione, sempre per placare le angosce dei padri e imporre la supremazia del padre sul figlio.
“E voi circonciderete la carne del vostro prepuzio e ciò sarà per segno del patto fra me e voi.” (Genesi 17.11).
Ma la circoncisione, e le ulteriori soluzioni moderne per ovviare al complesso di Laio ( affidare il proprio figlio al fiume o alla balia, far vestire il proprio figlio preadolescente da donna come avveniva fino ai primi dell’Ottocento, etc) non sono riuscite a placare le angosce dei padri anche nei tempi moderni. Possiamo, infatti, ritrovare oggigiorno il complesso di Laio anche a livello sociale, dove ogni istituzione (ospedale, scuola, parlamento, etc.) è ancora popolato da una generazione che rifiuta di lasciare il passo alla successiva e impedisce su larga scala a quest’ultimi di crearsi un’identità stabile di adulti, definendoli “choosy”.
I padri, per affrontare le proprie angosce, dovrebbero ascoltare l’amore per i propri figli. Infatti, se Laio non avesse dato ascolto all’oracolo, secondo cui il proprio figlio l’avrebbe ucciso, non l’avrebbe mai abbandonato e, di conseguenza, Edipo non avrebbe mai commesso l’errore di uccidere uno sconosciuto-padre. L’angoscia di essere spodestati dai propri figli crea la violenza stessa dei figli nei confronti dei padri. Accettare, invece, che i figli seguendo le orme dei padri, possano poi fare un percorso diverso, tutela i padri da tali angosce e permette loro di amarli nel loro percorso di crescita ed emancipazione verso un’identità adulta e di padre.
Dott. Dario Maggipinto
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Per approfondire:
M. Recalcati, 2011, Cosa resta del Padre? La paternità nell’epoca ipermoderna
G. Gallino Tilde, 1977, Il complesso di Laio. I rapporti famigliari nei disegni dei ragazzi
S. Fredu, 1913, Totem e tabù