Nascere Genitori
“L’albero delle noci” di Brunori Sas
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16.02.2025 – Si è appena conclusa la 75° edizione del Festival di Sanremo. Come ogni anno, non mi attivano le polemiche da circo mediatico, ma i temi culturali, sociali e psicologici che su quel palco di consueto vengono raccontati – o intenzionalmente offuscati – nei discorsi e nelle canzoni. Mi scuote perlopiù la presenza o l’assenza della buona musica e delle parole necessarie.
Non volendo puntare il binocolone su ciò che questo Festival non è stato in termini di progresso e di inclusività (è un’amarezza da digerire), all’alba dell’ultimo sole della settimana santa sanremese, scelgo di raccontare un momento magico di questi giorni e necessario per me: sentire viva nella musica e nelle parole di un grande artista l’emozione di nascere genitore.
“L’albero delle noci” di Brunori Sas è una canzone dedicata a una figlia che sa raccontare la genitorialità come atto poetico di rinascita. Parla di come un* figli* stravolga gli equilibri emotivi di un essere umano; dalla paura di non essere all’altezza, di non riuscire a proteggere l’altr* dalle ombre del mondo, al coraggio di vivere un’esperienza trasformativa, alla felicità incontenibile di un amore nuovo. In un continuo salto tra passato e futuro, tra ricordi e speranze, immagini evocative e contrastanti, descrive la decisione di diventare genitori e l’esigenza di seguire una “nuova stella polare” per il cuore.
Sappiamo sin dalla nascita come l’amore per un* figli* debba essere incondizionato, incontenibile ed eterno e abbandonarsi a questa opportunità di felicità può essere spaventoso perché, come esseri umani, abbiamo paura dei cambiamenti e del per sempre. Il non sentirsi pront* a trasformare la propria esistenza, a vivere con il terrore – anzi, la certezza – di commettere errori, di fare troppo o troppo poco, di assumere un ruolo per cui inevitabilmente si è impreparat* …rappresentano esperienze emotive che condizionano la decisione soggettiva di diventare genitori. Bronori Sas suggerisce che il coraggio di stravolgere la propria esistenza si trovi proprio nell’amore, quell’amore per un* figli* che dissolve gradualmente ogni dubbio o paura di affrontare una trasformazione.
“L’albero delle noci” legittima le paure e le resistenze al cambiamento ne* giovani adult* e descrive il sentimento di solitudine (“la distanza siderale”) come una normale fase del processo di consapevolezza e di scelta per nascere genitori. Ci si sente sol* prima e anche dopo la nascita di un* figli* e non c’è niente di problematico in questo – l’auspicabile vicinanza di un partner non ci protegge in toto dal sentimento di solitidune implicito proprio nell’esperienza trasformativa individuale, non spaventiamoci.
Nascere Genitori: tra riflessi dell’inconscio e metamorfosi identitarie
Diventare genitori è un processo di rinascita interiore che ridefinisce chi siamo. La genitorialità non è un ruolo che si accende all’improvviso con la nascita di un figli*, ma un processo complesso che germoglia ben prima del concepimento, passando attraverso processi decisonali individuali e condivisi in coppia, coinvolgendo dimensioni psichiche e relazionali.
Per accedere al mondo emotivo di un neonat*, occorre esplorare le rappresentazioni che i genitori custodiscono – quelle immagini mentali plasmate da ricordi, desideri e fantasie, spesso invisibili alla coscienza. Sono schemi che nei genitori agiscono come lenti deformanti, colorando ogni gesto, pianto o sorriso del bambino o della bambina con sfumature personali di significato.
Ma dove si creano queste lenti? Crescendo, ognuno di noi seppellisce nell’inconscio un archivio di immagini mentali: sé stesso come figli*, i propri genitori come figure valide, mitizzate o come ombre da cui allontanarsi.
Con la genitorialità, questo museo interiore riapre le porte e subisce una ristrutturazione. Le vecchie identificazioni – in chi ci riconoscevamo in relazione a chi ci ha cresciut* – si risvegliano nella necessità di fare un “lutto” metaforico. Con la nascita di un genitore e di un neonat*, si assiste alla morte simbolica nel genitore della rappresentazione del “figli* ideale”, che lascia spazio al “bambin* reale”, portatore di bisogni imprevedibili e di una identità autonoma. Il genitore, inoltre, non è più solo figli* e così, in un processo di identificazione con i propri genitori, rivisita e rimodella su di sé il ruolo di padre o di madre.
Il neonat* dunque acquisisce la funzione di uno specchio triplo: riflette se stesso, ma anche il bambin* che i genitori avrebbero voluto essere e i genitori che avrebbero voluto avere. Un gioco di echi dove passato, presente e futuro danzano (“canguro tra passato e futuro”), a volte in sincronia, a volte in collisione. È in questo teatro di proiezioni incrociate – tra bisogni, aspettative e cicatrici da sanare o ferite rimarginate – che si forgiano i primi legami di accudimento e si attiva il processo di sviluppo psicoaffettivo del bambin*.
La genitorialità è dunque un’alchimia tra ciò che eravamo, ciò che sogniamo e ciò che osiamo diventare nel rispetto dell’individualità emotiva e di azione di un altro essere vivente.
Nota in conclusione
È importante specificare che la genitorialità non si esaurisce negli atti tangibili di cura verso un bambin*, né si riduce a un copione sociale o culturale tradizionale. Affonda le sue radici in una dimensione simbolica e interiore, plasmata sulle esperienze vissute come figli*. Siamo genitori ogni volta che ci prendiamo cura di qualcun* e il modo in cui lo facciamo rivela come il nostro essere genitori sia, in fondo, un riflesso trasformativo dell’essere stati figli*. La genitorialità trascende il legame biologico: non richiede necessariamente un concepimento, ma sgorga dall’universale esperienza umana di aver ricevuto — o non aver ricevuto abbastanza— cure, attenzioni e confini e saperlo trasmettere.
Dott.ssa Emanuela Gamba
Psicologa Psicoterapeuta – Riceve a Roma (zona Prati)
tel. 389.2404480 – mail. emanuela.gamba@libero.it
Per Approfondire
Donald W. Winnicott – “I bambini e le loro madri”
Esther Perel – “La famiglia che vorrei”
Alberto Pellai – “Nascere genitori”
Bruno Bettelheim – “Un genitore quasi perfetto”
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