L’inconscio sociale. L’Io e il Noi
Oltre che essere umani siamo anche esseri culturali. Ciò vuol dire che la nostra identità è anche culturale ovvero contenente elementi fondamentali quali l’etnia ed essa è influenzata dalla classe sociale, dall’età, dalla religione, dal genere, dall’orientamento sessuale e dalle dinamiche familiari.
Questi elementi si combinano per fornirci una necessità psicologica di base, vivere un senso di appartenenza e definiscono il nostro posto nella comunità in cui viviamo.
L’Inconscio Sociale ci dà l’opportunità di comprendere come certe forze sociali e relazioni di potere influenzino la nostra capacità di diventare pienamente consapevoli. Dunque ciò che accade all’esterno e che sembra essere condiviso influenza le nostre azioni e il nostro inconscio. Spesso mettiamo in atto comportamenti che non hanno a fare solo con la nostra individualità o comunque non esclusivamente con il nostro inconscio individuale perché spinti dalle idee sociali radicate nel tempo e dettate dalla situazione attuale condivisa.
Come disse Carl Gustav Jung: “tutto ciò che è all’esterno è anche all’interno”.
Jung ci dice che la struttura della psiche non è unipolare e che la vita proteiforme della psiche è una verità più grande, ma anche più scomoda della rigida certezza monoculare.
Perché l’identità stessa è multipla e multiculturale.
Da qui il concetto di Io molteplice il quale si basa sull’idea di identità come fenomeno in continua evoluzione per adattarsi all’ambiente circostante e per far sì che le esperienze che accadono possano essere motivo di apprendimento e che possano legarsi alle parti più profonde dell’individuo che è in continuo cambiamento rimanendo sempre unico. Se siamo in grado di accettare tale evoluzione e tollerare l’incertezza dei cambiamenti sia esperienziali quindi di noi stessi, abbiamo le abilità sociali di entrare in contatto con le diverse parti di noi e le parti dell’altro diverse da noi, abbiamo la possibilità non solo di creare una rete di comunicazione ma anche le abilità ad abbracciare culture diverse e saper dialogare con loro, accettando non solo ma anche apprezzando la diversità e le peculiarità insite in ognuna di esse.
È importante conoscersi per conoscere l’altro e potersi relazionare con l’altro diverso da noi.
“Ho creato in me diverse personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno è immediatamente, al suo apparire, sognato, incarnato, in un’altra persona che passa a sognarlo, mentre io non lo faccio più”.
(F. Pessoa, 1982)
Le nostre culture contribuiscono alla formazione della nostra identità e portano elementi inconsci che possono prevenire il nostro relazionarci con altri diversi da noi.
L’uomo vive costantemente in una vita di gruppo che ha un impatto fondamentale sulla sua esistenza. Si crea una “sociologia interiore” per cui il collettivo influenza l’individuo come l’individuo influenza il collettivo. Dunque esiste un apriori collettivo al di sotto della psiche umana che Jung chiama “inconscio collettivo”: la psiche è un sistema aperto al mondo e alla relazione con gli inconsci degli altri e l’inconscio collettivo rappresenta un contenitore per l’intera eredità dell’evoluzione dell’umanità, rinata nella struttura cerebrale di tutti gli individui e un’area sconosciuta che può essere determinata soltanto attraverso vie indirette: ad esempio la condivisione dei sogni all’interno di un gruppo psicoanalitico ove i partecipanti riportano elementi in comune dessi, per il fatto di appartenente ad una stessa dimensione gruppale oltre che a condividere i vissuti personali e più profondi.
L’inconscio collettivo ci fa ragionare sulle connessioni e interconnessioni esistenti tra gli individui in condivisione, individui entrati in connessione perché appartenenti ad una stessa dimensione i cui inconsci si incontrano su vie che i nostri occhi non possono vedere e il nostro corpo non può percorrere fisicamente.
Dunque l’individuo complesso è inserito in un complesso culturale che porta a pensieri in risonanza con le emozioni di tutta una collettività o gruppo in condivisione che spesso porta a bloccare la capacità di riflettere su modi diversi di pensare o sentire se non dimentichiamo di essere individui in una collettività e siamo costantemente in una posizione di ascolto dell’altro e di ciò che il mondo e gli altri risuonano in noi, al fine di entrare nell’ottica che siamo più simili agli altri che diversi per i vissuti in comune che abbiamo in un determinato contesto di vita e fasi evolutive della nostra esistenza sociale.
Pensiamo al momento attuale che stiamo vivendo e a quanto ciò che ci succede a livello personale sia influenzato dalla condizione condivisa e dai vissuti in comune con gli altri i quali, se li scopriamo ed identifichiamo, non solo abbiamo la possibilità di aprire i nostri occhi verso l’altro quindi la nostra anima può mettersi in connessione emotiva con quella dell’altro, ma anche porre un pensiero su quello che stiamo vivendo come individui appartenenti ad un gruppo sociale, per scoprire più punti in comune che sono in interconnessione che differenze. Così, nella nostra più o meno consapevole paura di essere infettati o di perdere i nostri cari, possiamo riflettere su quanto questa paura condivisa e conosciuta possa nascondere una più profonda paura di continuare a vivere e di ricominciare quando la diffusione del virus andrà a rallentare. Per ora, abbiamo solo dimenticato quanto siamo vivi, adagiandosi in una situazione in cui dire che si sta male, tutti, sarebbe una grande conquista condivisa.
E a volte, per capire ciò che accade dentro di noi si può guardare fuori da noi e capire, dalla relazione con l’altro, il periodo storico che stiamo vivendo, cosa accade nel mondo e quanto ciò che ci circonda influenza il nostro stato d’animo e il nostro inconscio.
Spesso siamo come dei personaggi in cerca d’autore che aspettano soltanto che qualcuno che raggruppi e riporti gli inconsci, uniti da un fil rouge narrativo, al determinato riferimento sociale per capire cosa accade dentro e fuori da noi.
“Ciascuno di noi si crede uno ma non è vero: è tanti, signore, è tanti, secondo tutte le possibilità d’essere che sono in noi: uno con questo, uno con quellio diversissimi! E con l’illusione, intanto, d’esser sempre uno per tutti, e sempre quest’uno che ci crediamo, in ogni nostro atto. Non è vero!”
(L. Pirandello)
Dott.ssa Ilaria Pellegrini
Psicologa psicoterapeuta a Roma
Per Approfondire:
- L’inconscio sociale di Jame Ondarza Linares
- L’Intercultura di Pinto Minerva
- Gli archetipi dell’inconscio collettivo di Carl Gustav Jung