La paralisi del sonno
Un’interpretazione odierna
La paralisi del sonno è un disturbo nel quale il soggetto si presenta come cosciente ma non ha la possibilità di avere una buona presa sul proprio corpo che viene avvertito come immobile; tutto questo avviene nei momenti che precedono l’addormentamento o in quelli successivi al risveglio ed è spesso accompagnato a difficoltà respiratorie. Lo stato di angoscia che può percepire la persona coinvolta è correlata direttamente alla sensazione di impotenza. Da un punto di vista medico la Sleep paralysis è data dal malfunzionamento di un meccanismo biologico. Nella norma, quando ci addormentiamo ed in particolare nella fase REM, i nostri occhi si muovono ma il corpo resta immobile. Il punto è che, nel caso della sleep paralysis, il risveglio non coincide con la fase in cui i muscoli riprendono tono.
La condizione di chi è temporaneamente paralizzato ricorda quella del Locked-in, ovvero il soggetto è perfettamente lucido e cosciente ma un problema cerebrale rende il corpo insensibile.
La domanda che ci poniamo in questa sede è: la sleep paralysis può diventare la chiave di lettura e la metafora del nostro tempo?
Per poter rispondere a questa domanda bisognerebbe creare un paragone con il suo opposto, ovvero il sonnambulismo nel quale siamo addormentati ma in movimento. Quest’ultimo, facendo un percorso a ritrovo ed arrivando ai tempi di Freud, dà spazio alla paura di cadere preda delle nostre pulsioni represse. L’equazione logica che si viene così a creare è la seguente: il sonnambulismo come metafora sta all’epoca Freudiana così come la paralisi del sonno sta alla metafora della vita odierna, nella quale l’angoscia è data da un mancato controllo della realtà nonostante si abbia una coscienza di sé: siamo impotenti poiché svegli ma non liberi di procedere in prima persona.
Per essere più chiari, è come se ci trovassimo davanti ad un Binge Watching di noi stessi: guardare costantemente la nostra vita sentendoci paralizzati.
Nel frattempo abbiamo anche vissuto la pandemia che ha moltiplicato le solitudini e l’impotenza. Il lavoro psicologico porta, così, a dover lavorare su noi stessi per poter creare un’altra metafora in grado di scalzare quella della paralisi ed iniziare a Vivere nella normalità che avevamo duramente progettato e formato precedentemente.
Smettere di chiederci in modo demoralizzante “ma cosa ci posso fare io?” ed iniziare a domandarci “come posso agire?”
Dott.ssa Giulia Ingrosso
Per approfondire
“Le nuove melanconie. Destini del desiderio nel tempo ipermoderno”, Massimo Recalcati, Raffello Cortina Editore