Social Dreaming. Il Collettivo sognante
“Il sogno è la via regia dell’inconscio”.
Da questa affermazione, ormai divenuta una delle frasi più celebri di Freud, la psicoanalisi svilupperà una visione intrapsichica della mente e del sogno.
La riscoperta del sogno sociale e condiviso ha permesso la creazione di nuove tecniche di lavoro interpsichiche che agevolano la trasformazione del pensiero verso altri più evoluti. Naturalmente la riscoperta del sogno comune e sociale può avvenire soltanto in un contesto dove si possa creare un campo emotivo comune: il gruppo.
Parlando del gruppo non possiamo che imbatterci nel pensiero illuminante di vari autori e studiosi, come Lewin, Bion e Foulkes, e del pensiero della psicoanalisi francese, soprattutto nell’ascolto polifonico di Kaes e nella pelle psichica di Anzieu.
Il gruppo, dunque, rappresenta il luogo più idoneo per la trasformazione dei contenuti onirici dei sogni in temi sociali e collettivi. Ciò è possibile grazie ad una interdipendenza della psiche dei membri e alla perdita dei confini individuali, a favore di un confine comune e gruppale. I sogni, pertanto, legandosi in una catena associativa, formano una trama narrativa ed onirica, pregna di immagini, metafore e similitudini, che permettono al gruppo, come istanza, di sognare. È proprio in questa trama narrativa ed onirica che il gruppo potrà scorgere i temi condivisi dal proprio contesto sociale e gli elementi più arcaici comuni a tutta l’umanità, facendo emergere il Mito d’origine e il Mito del cambiamento. Tali Miti si celano nel sogno e, viceversa, il contenuto onirico del sogno si struttura in base alla formazione del Mito.
Per poter comprendere a pieno i percorsi associativi dobbiamo fare riferimento al pensiero Bioniano e al suo concepire la realtà ultima come ignota e infinita, O; proprio in tale O si cela l’inconscio sociale e il campo collettivo che si relazionano costantemente con l’inconscio intrapsichico classico.
Lewin, con la teoria del campo, evidenzierà come il comportamento dell’individuo sia costantemente connesso con il proprio campo d’appartenenza e alla propria personalità. Ciò si ricollega al concetto di rete sociale e plexus di S. Foulkes. Quest’ultimo afferma che l’individuo sia costantemente relazionato con varie reti sociali (collegate fra loro) e al proprio plexus d’appartenenza (la famiglia), che gli fornisce una matrice per relazionarsi nei vari gruppi. Infine Bion individuerà nel gruppo diversi stati mentali, ossia il gruppo in assunto di base e il gruppo di lavoro, individuando per la prima volta una sorta di apparato psichico per il gruppo.
Kaes (1994) individua un apparato psichico gruppale, che si costituisce nel gruppo mediante l’assemblaggio dei gruppi intrapsichici di ogni membro e che permette la trasformazione da una realtà individuale ad una comune, consentendo al gruppo di avvicinarsi ad una realtà condivisa, potendo esaminare elementi culturali e collettivi, che sono potuti emergere unicamente grazie all’apparato psichico gruppale.
Una volta costituitosi uno spazio comune, il sogno, il sintomo o una storia portati nel gruppo perdono la loro peculiare soggettività e saranno funzione dei legami del gruppo. In tal senso un membro del gruppo non sogna solo per sé stesso, ma può sognare anche per altri membri o per il gruppo intero.
Il gruppo è in grado di sognare mediante la creazione di catene di sequenze narrative del sogno. Può farlo perché poggia le sue basi su un campo emotivo, ossia l’inconscio gruppale: da esso contenuti rimossi nel gruppo riemergono per associazione alle catene, andando ad unirsi alla sequenza onirica in progetto nel gruppo. Il sogno, perciò, da contenitore di contenuti emotivi, diventa, nel gruppo, contenuto emotivo all’interno di un contenitore comune.
All’interno dell’apparato psichico gruppale, la componente culturale, sociale e arcaica si possono fondare nel Mito, unendosi a componenti individuali e comuni del sogno.
Tutto ciò avviene poiché la creazione di un campo comune e condiviso nel gruppo, crea uno spazio onirico comune, che spinge i sognatori a ritrovare uno spazio comune più primitivo: una matrice comune della vita psichica. Attraverso il gruppo e la sua attività onirica, l’individuo può accedere nuovamente alla sua culla psichica per estrapolarne le componenti transgenerazionali, arcaiche e collettive che influiscono sul campo psichico: si accede, pertanto, ad uno spazio onirico originario
Pertanto, attraverso il sogno vi è un riconoscimento di parti comuni e condivise della psiche onirica: il “guardare comune” del sogno, permette a quest’ultimo di acquisire un potere di transitività dei vissuti e degli oggetti interni dei membri. Focalizzando la propria attenzione su un determinato prodotto psichico (il sogno), ogni membro ne acquisisce il linguaggio simbolico, costituendo anche il fulcro di una rete da cui si depositano e proiettano contenuti emotivi comuni. Utilizzando il sogno, emerge in anticipo il contenuto emotivo presente nell’inconscio comune, potendo così avviare un idoneo processo analitico del gruppo.
Da quanto detto finora, si evince come il gruppo sia uno stimolatore dell’attività onirica e, viceversa, il sogno mobilita dei processi psichici gruppali.
All’interno del gruppo non si dovrà, quindi, focalizzare la propria attenzione sul singolo sogno e sognatore, ma sulla catena associativa onirica che costituisce una determinata costellazione onirica.
La creazione di una catena onirica è possibile effettuarla solo se ogni membro entra in risonanza col contenuto emotivo di ogni elemento portato nel gruppo, permettendo una mutazione del racconto in un contenuto comune e condiviso.
Come nel gruppo la presenza del sogno è essenziale per una facilitazione e comprensione del campo emotivo comune, così nel sogno possiamo ritrovare la presenza di una gruppalità.
Esiste una specifica tecnica di lavoro che permette di trasformare il pensiero mediante la condivisione dei sogni: Il Social Dreaming.
G. Lawrence, ideatore del SD, sostiene che prendendo in considerazione soltanto il sogno, come mezzo di condivisione di pensieri comuni, e tralasciando il sognatore e la sua storia personale, sia possibile far emergere all’interno della Matrice del Social Dreaming quei temi comuni e condivisi dai partecipanti: emerge l’influenza che un dato contesto sociale o esperienza di vita comune (es. crollo delle torri gemelle o terremoto) ha sull’individuo e sulla comunità. Attraverso la matrice, i partecipanti possono partorire delle nuove idee; essa rappresenta quello spazio sufficientemente fertile per creare e, dunque, dar vita a nuovi pensieri, nuove immagini, nuovi sogni. Proprio nella creatività si cela l’infinito (G. Lawrence lo individua nell’inconscio sociale), ossia il non conosciuto e il dubbio, il ritorno della O bioniana. Avendo a che fare con il dubbio e il non conosciuto è evidente che nel SD, per partorire un’idea nuova, bisogna permanere in capacità negativa, ossia accettare il dubbio presente nell’infinito, per poter, in tal modo, estrapolare un “pezzo di infinito” e collocarlo nella matrice in termini finiti (ma non saturi). Di conseguenza, se nell’intrapsichico vi è un passaggio tra conscio e inconscio, nella “psiche sociale” possiamo assistere ad un cambio di vertice in finito e infinito.
All’interno del campo comune, il sogno perde la sua individualità, andandosi ad associare al pensiero e al sogno altrui, creando una catena onirica e, dunque, un sogno comune.
Avendo avuto modo di perdere i propri confini personali, lo spazio comune agevola, dunque, la trasformazione dei contenuti onirici in temi sociali e collettivi.
In conclusione, attraverso lo studio dei gruppi e in particolare mediante la Matrice di Social Dreaming, si eliminano tutte quelle barriere che impedivano al sogno di esprimersi in tutte le sue infinite possibilità.
Per Approfondire:
Lawrence, W. G., 1998, Social Dreaming at Work. London, Karnak Book
Lawrence, W. G., 2007, Social Dreaming: offrire un ambiente alla creatività emergente nei sistemi, webmagazine sulla formazione Anno VII, Formazione e cambiamento, Num. 46
Lawrence, W. G., 2007, Infinite possibilities of social dreaming. London, Karnak Book
Lawrence, W. G. ,2010, The creativity of social dreaming. London, Karnak Book