La musica e la psiche

Risonanze

Foto di StockSnap da Pixabay

“Quando mi sento così depressa vorrei solo sparire. L’unica cosa che mi fa sentire meglio è ascoltare For today I am a boy. (degli Anohni and the Johnsons) Allora mi sembra che il dolore che ho nel petto diventi più leggero.”

Con queste parole una giovane in attesa di realizzare la sua transizione di genere mi descriveva la sua depressione durante una seduta di psicoterapia. In questo caso il testo della canzone, un brano sull’attesa di poter diventare ciò che si è sempre sentito di essere, accettando quel tempo, descriveva e accompagnava esattamente il vissuto di quella giovane. Ma non serve che una canzone parli della nostra situazione perché abbia effetti benefici su di noi. Non servono neanche le parole, in effetti.

Secondo molti studi la musica è in grado di attivare il cosiddetto cervello limbico, quella parte evolutivamente più antica del cervello umano, demandata alla “gestione” delle risposte emotive. Nello specifico il circuito dopaminergico, che collega l’amigdala con il talamo, è ricco di neuroni dopaminergici (che producono e secernono dopamina, un neurotrasmettitore che ha una funzione di controllo, tra le altre cose, sul piacere e la ricompensa). Ciò vuol dire che ascoltando un brano che apprezziamo il circuito dopaminergico del nostro cervello produce dopamina e noi ci sentiamo bene.

Ma questo non è l’unico effetto della musica sul nostro cervello. Difatti, attraverso la stimolazione del talamo, che trasmette le informazioni sensoriali dal cervello al corpo, partecipa al controllo del movimento e partecipa al processamento della memoria e ala regolazione emotiva, la musica ci stimola ricordi e suscita emozioni, di varia natura. Nel tempo sono stati sviluppate diverse teorie che suggeriscono di utilizzare la musica mentre si studia per “colorare” emotivamente quel ricordo e aiutare il meccanismo di richiamo dei ricordi associati. Anche l’ipotalamo è implicato nell’ascolto della musica, svolgendo un ruolo chiave nella regolazione del sistema nervoso autonomo e nell’espressione degli stati emotivi, in particolare interagendo con l’Ipofisi, la ghiandola che con la propria produzione ormonale influenza l’attività di ghiandole come la tiroide, le gonadi e le ghiandole surrenali. Basta questo breve excursus per avere un’idea di come effettivamente la musica possa generare delle reazioni psicofisiche in un essere umano.

La musica viene utilizzata anche come strumento terapeutico in diversi ambiti, dalla percezione del dolore alla terapia con bambini affetti da disturbo dello spettro autistico. Nel primo caso la capacità della musica di regolare il sistema nervoso parasimpatico, deputato al controllo del battito cardiaco e della respirazione avrebbe la possibilità di regolare anche gli stati infiammatori del corpo e regolare il livello di attivazione dell’arousal. Nel secondo caso la musica ha la capacità di stimolare entrambi gli emisferi del cervello, rilasciando come abbiamo visto dopamina, fungendo quindi da rinforzo positivo durante la terapia.

Ci sono molti musicisti celebri che realizzando la propria musica hanno cercato di autocurare i propri stati emotivi e mentali, primo tra tutti Schumann, il quale era probabilmente affetto da una forma di psicosi con allucinazioni uditive molto vivide. Il celebre compositore affermava di sentire un “La” nella mente che lo spingeva a comporre e, l’ascolto della musica alleviava i suoi disturbi, almeno temporaneamente.

Articolo a cura della dottoressa Valeria Colasanti, psicologa e psicoterapeuta.

Per approfondire:

Vuust, P., Heggli, O.A., Friston, K.J. et al. Music in the brain. Nat Rev Neurosci 23, 287–305 (2022). https://doi.org/10.1038/s41583-022-00578-5

benessere, musica e psiche, psicologia

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